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APPELLO. Ciò che temiamo è, da un lato, il prolungamento della detenzione di Assange le cui conseguenze potrebbero rivelarsi fatali per l'imputato e, dall'altro, un ammonimento rivolto alla stampa affinché si astenga dal raccogliere e divulgare informazioni anche se diffuse nell'interesse pubblico

Assange, sentenza contro diritti umani e democrazia

Gentile Ministro Patel,

Noi sottoscritti uomini e donne del mondo della politica, del giornalismo, dell’accademia ci rivolgiamo a lei in vista della cruciale decisione che è chiamata a prendere rispetto alla richiesta di estradizione dell’editore e giornalista Julian Assange, esortandola a non accogliere tale richiesta. Riteniamo che la decisione segnerà una pagina fondamentale del diritto alla conoscenza, oltre che della vita dell’imputato e della condizione dello Stato di Diritto.

Da tre anni Julian Assange si trova in detenzione preventiva in un carcere di massima sicurezza senza che nessun tribunale abbia pronunciato alcuna sentenza definitiva nei suoi confronti. Ad essi se ne devono aggiungere altri nove: era il 7 dicembre 2010 quando, spontaneamente, si presentò a Scotland Yard a seguito di un mandato europeo, spiccato dalla magistratura svedese, risoltosi con la sua archiviazione. Da allora, Assange ha continuato a subire ininterrotte forme di detenzione.

Il fondatore di Wikileaks ha contribuito alla comprensione delle ragioni per cui una democrazia non può e non deve essere all’origine di gravi violazioni dei diritti umani a danno di centinaia di migliaia di civili già oppressi dalla prepotenza di despoti e dall’assenza di diritti fondamentali.

Le principali istituzioni e organizzazioni internazionali dedicate alla difesa e promozione dei diritti umani si sono espresse a favore della liberazione di Julian Assange. Si tratta delle stesse istituzioni democratiche, fondate a seguito della devastazione della Seconda Guerra Mondiale, a cui guardiamo con fiducia e che presentano da tempo una richiesta a cui ci uniamo e che le rinnoviamo: la fine della detenzione di Julian Assange.

Il 4 dicembre 2015, il Gruppo di esperti Onu sulla detenzione arbitraria ha affermato che “il rimedio adeguato sarebbe quello di garantire il diritto alla libera circolazione del sig. Assange e di riconoscergli il diritto esecutivo al risarcimento, in conformità con l’articolo 9(5) del Patto internazionale sui diritti civili e politici.”

Il 21 dicembre 2018, lo stesso Gruppo ha precisato che “agli Stati che si basano e promuovono lo stato di diritto non piace confrontarsi con le proprie violazioni della legge. Questo è comprensibile. Ma quando riconoscono con onestà queste violazioni, onorano lo spirito stesso dello stato di diritto, guadagnano un maggiore rispetto e costituiscono un esempio lodevole in tutto il mondo”.

Il 5 aprile 2019, il Relatore Speciale ONU sulla tortura, Nils Melzer, si è detto allarmato per la possibile estradizione in quanto l’imputato rischierebbe di subire gravi violazioni dei suoi diritti umani, trattamenti o punizioni crudeli, disumani o degradanti, perdita della libertà di espressione e privazione del diritto a un equo processo. Il 9 maggio dello stesso anno, Melzer ha visitato Assange e ha riscontrato sintomi di “esposizione prolungata alla tortura psicologica”.

L’11 aprile 2019, la Relatrice Speciale ONU sulle esecuzioni extragiudiziali, Agnes Callamard, ha dichiarato che il Regno Unito ha arrestato arbitrariamente il controverso editore “probabilmente mettendo in pericolo la sua vita”. Questa dichiarazione è condivisa dal Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani, Michel Forst.

Il 20 febbraio 2020, il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, ha dichiarato: “la potenziale estradizione di Julian Assange ha implicazioni sui diritti umani che vanno ben oltre il suo caso individuale. L’atto d’accusa solleva importanti interrogativi sulla protezione di coloro che pubblicano informazioni riservate nell’interesse pubblico, comprese quelle che espongono violazioni dei diritti umani. (…) qualsiasi estradizione in cui la persona coinvolta è a rischio reale di tortura o trattamento inumano o degradante è contrario all’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”.

Il 10 dicembre 2021, infine, il Segretario generale di Reporter Without Borders, Christophe Deloire, ha dichiarato: “Crediamo fermamente che Julian Assange sia stato preso di mira per i suoi contributi al giornalismo e difendiamo questo caso a causa delle sue pericolose implicazioni per il futuro del giornalismo e della libertà di stampa nel mondo.”

Ciò che temiamo è, da un lato, il prolungamento della detenzione di Assange le cui conseguenze potrebbero rivelarsi fatali per l’imputato e, dall’altro, un ammonimento rivolto alla stampa affinché si astenga dal raccogliere e divulgare informazioni anche se diffuse nell’interesse pubblico. Siamo convinti che sia possibile consentire all’opinione pubblica di conoscere le ragioni alla base di cruciali decisioni politico-militari senza che questo confligga con le esigenze di sicurezza dei cittadini.

Per questi motivi ci appelliamo a lei, sig.ra Ministro, affinché non dia il via libera all’estradizione di Julian Assange.

Primi firmatari

  1. Gianni Marilotti, senatore
  2. Andrea Marcucci, senatore
  3. Riccardo Nencini, senatore
  4. Roberto Rampi, senatore
  5. Elvira Evangelista, senatrice
  6. Luciano D’Alfonso, senatore
  7. Tatiana Rojc, senatrice
  8. Sandro Ruotolo, senatore
  9. Maurizio Buccarella, senatore
  10. Luisa Angrisani, senatrice
  11. Danila De Lucia, senatrice
  12. Francesco Verducci, senatore
  13. Mino Taricco, senatore
  14. Monica Cirinnà, senatrice
  15. Nicola Morra, senatore
  16. Paola Boldrini, senatrice
  17. Primo Di Nicola, senatore
  18. Silvana Giannuzzi, senatrice
  19. Sabrina Pignedoli, deputata europea
  20. Vincenzo Vita, già parlamentare ed ex Sottosegretario
  21. Alberto Maritati, già senatore ed ex Sottosegretario
  22. Gian Giacomo Migone, già senatore
  23. Luciana Castellina, già deputata
  24. Aldo Tortorella, già deputato
  25. Alfonso Gianni, già deputato
  26. Beppe Giulietti, presidente FNSI
  27. Tommaso Di Francesco, condirettore Il Manifesto
  28. Giovanni Terzi, giornalista
  29. Elisa Marincola, portavoce Articolo 21
  30. Stefania Maurizi, giornalista
  31. Pier Virgilio Dastoli, docente di diritto dell’UE
  32. Marino Bisso, giornalista, Rete NoBavaglio
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Gentile direttore,

la guerra è un’inutile strage. Sempre. Ma non per tutti. Verosimilmente, nel momento dell’invasione russa, qualcuno, come durante il terremoto, avrà riso e si sarà sfregato le mani, pensando al proprio c/c corrente. Pur non arrivando a tali scelleratezze, se oggi stesso, si arrivasse all’armistizio, chi ci avrebbe guadagnato? A chi giova questa guerra? Ovviamente, ai produttori e ai commercianti d’armi, ma anche al settore dei carburanti fossili: gas, petrolio e perfino il carbone. Forse anche il nucleare anche se ha appena dimostrato il difetto di essere un obiettivo militare. Alla Russia che manterrà l’accesso al mar Nero e con esso al Mediterraneo. Alla Nato che sta ottenendo impegni di maggiori finanziamenti (2% dei bilanci degli aderenti) anche da Paesi finora riottosi. Ai produttori di grano e cereali ogm, che potranno sperare in allentamenti nella finora rigida legislazione europea. Alle locali imprese edili che saranno incaricate della ricostruzione. Il protocollo di Kjoto, la demonizzazione della plastica e dei gas serra sembrano dimenticati. La subsidenza in Adriatico e l’innalzamento dei mari non interessano più. La Pandemia, la vaccinazione del Terzo Mondo e il triplo vaccino a tutti, sono già passati in second’ordine.

Chi ci perde? Senz’altro tutta la povera gente (non solo ucraina o russa). Anche quella italiana. Infatti, i nostri governanti hanno deciso che si dovrà pagare di più in armi, anziché per la sanità, le pensioni, l’educazione, l’aiuto allo sviluppo e le manutenzioni dei ponti e viadotti.

Davide Patuelli
Faenza
27.03.2022

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Al presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico

Caro Presidente,

in occasione della prossima diretta televisiva con Montecitorio del presidente dell’Ucraina Zelenski, ti prego di prendere atto che se egli inviterà l’Italia alla guerra mediante la richiesta di armi, l’appello alla no fly zone, l’evocazione dell’8 settembre o in qualsiasi altro modo, per la disciplina e l’onore a cui sono stato tenuto come deputato e senatore della Repubblica, non venuti meno per effetto della cessazione del mandato, ti partecipo la mia obiezione di coscienza a questo atto della Camera, come feci nel 1991 come membro della Commissione Difesa in opposizione alla partecipazione dell’Italia alla guerra contro l’Iraq.

Mi permetto anche, in forza dell’art. 50 della Costituzione,di esporti la necessità di disinnescare il meccanismo propulsivo in direzione della terza guerra mondiale introdotto dal presidente Zelenski nel discorso alla Knesset con l’assimilazione della guerra in corso e solo di questa allo sterminio nazista del Novecento. Dato il ricorso all’esondazione televisiva della guerra attuale,perché essa non precipiti in un evento totale occorre che le sia messo termine con la stessa persuasività nello stesso modo. Pertanto, potresti avvalertidella presente occasione come presidente della Camera per suggerire alla Russia che unilateralmente proclami e immediatamente attui il “cessiamo il fuoco” ponendo così termine al massacro proprio della guerra e, come in un “fermo immagine” attendendosi che siano adempiute le condizioni di sicurezza e di stabilità che essa stessa aveva indicato come motivi della guerra.

Ti ringrazio e auguro buon lavoro

Ex deputato e senatore Raniero La Valle

21 marzo 2022

 

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il proscenio restaurato

L’architetto Giorgio Guadini e l’architetto Marco Tassinari non seguono più i lavori per il recupero dell’Arena Borghesi. I due progettisti da mesi sono usciti dal progetto per differenza di vedute nella ristrutturazione dell’ex officina e nell’ampliamento del supermercato. La notizia da tempo circolava, ma non era mai stata ufficialmente comunicata. Gli stessi cartelli sul cantiere avevano già cambiato il nome indicato nella direzione dei lavori. Oggi sono stati i due stessi architetti a sottolineare come il divorzio si sia consumato il 20 ottobre scorso:
“Abbiamo rinunciato all’incarico di progettazione e direzione dei lavori a noi assegnato da CIA-CONAD. A quella data era stato quasi ultimato il restauro del proscenio che ha visto riaffiorare le iscrizioni e i dipinti eseguiti nel 1927. Causa l’emergere di diversità di vedute su possibili varianti alla ristrutturazione dell’ex officina e del supermercato non ce la siamo sentita di proseguire la prestazione professionale” spiegano i due architetti. “Si è così giunti alla firma di una ‘Risoluzione consensuale del contratto’. Il passaggio delle consegne ai subentranti tecnici dello Studio Andrini di Faenza è avvenuto il 28 ottobre 2021. Da questa data ogni eventuale variazione apportata all’originario progetto non è più di nostra competenza”.

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Come avevamo dato notizia, un gruppo di associazioni e singoli avevano inviato agli Amministratori locali una lettera sull'emergenza profughi al confine tra Polonia e Bielorussia

http://www.qualcosadisinistra.info/la-parola-a/4248-l-appello-di-overall-ospitiamo-nei-nostri-comuni-i-profughi-imprigionati-fra-polonia-e-biellorussia

Il Sindaco di Ravenna ha inviato la sua lettera di risposta:

Da: Gabinetto del Sindaco <Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.>

Data: 7 dicembre 2021 17:38:14 CET
 
Oggetto: Re: Appello
Gentilissimi,

 

in primo luogo vogliamo esprimere un profondo e sentito apprezzamento per la sensibilità e l’attenzione, che in questa come in altre circostanze, il mondo dell’associazionismo ravennate ha espresso in riferimento a circostanze che non possono lasciare indifferenti.

Ciò a cui assistiamo al confine tra Polonia e Bielorussia, per quanto lontano geograficamente, impone a tutte le persone di buona volontà, ognuna secondo il proprio ruolo e le proprie competenze, di farsi carico di una situazione intollerabile da qualsiasi punto di vista la si osservi. Siamo consapevoli che su quel confine e sulla vita di quelle persone si stia giocando una partita geopolitica ben più grande di noi.

Questa Amministrazione, confermando la sensibilità sempre mostrata, così come successo recentemente sulla questione della rotta balcanica, intende mettere in campo il massimo impegno, attraverso gli opportuni canali, affinché ogni istituzione venga coinvolta.

Fermo restando che un intervento corale in primo luogo dell’Unione Europea, ma anche dell’intera Comunità Internazionale sia la migliore risposta auspicabile, non verrà meno la volontà di assumersi la responsabilità come Comune attraverso il doveroso coinvolgimento di ANCI, affinché ci si adoperi per salvaguardare queste persone da strumentalizzazioni e si lavori per l’istituzione di corridoi umanitari.

Con la certezza che la nostra comunità e la nostra Amministrazione sono pronte a fare la propria parte nella costruzione di una rete e di progetti di accoglienza confermando il profondo legame che da sempre la nostra città ha coltivato con quell’area geografica

Michele de Pascale

Sindaco del Comune di Ravenna

 

 

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