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Deluso il Coordinamento Free: "Senza sostanziali modifiche al decreto, meglio fermarsi in attesa del nuovo esecutivo".

 

14 settembre, il tanto atteso Fer2, il provvedimento che contiene gli incentivi alle fonti rinnovabili meno competitive come  eolico offshore, biomasse/biogas, solare termodinamico, e geotermia, sarà esaminato dalla Conferenza Stato-Regioni, dopo che ad agosto era arrivato il parere dell’Arera.

Come avevamo riportato, stando alla bozza del decreto, i contingenti di potenza disponibili per le diverse tecnologie nel periodo 2022-2026 ammontano a un totale di 4.000 MW.

Il grosso della potenza da assegnare è per gli impianti eolici offshore galleggianti (3.500 MW), mentre la geotermia in totale può contare su 290 MW tra impianti tradizionali con innovazioni (150 MW per rifacimenti e 100 MW per nuove realizzazioni) e 40 MW per nuovi impianti a emissioni nulle.

Altri 150 MW vanno complessivamente al settore biogas e biomasse, rispettivamente per nuovi impianti fino a 300 kW e fino a 1 MW.

Il solare termodinamico di piccola taglia (fino a 300 kW) ha il contingente più piccolo (5 MW), che sale a 75 MW per i nuovi impianti di media e grande taglia da 300 kW a 15 MW.

Nel settore delle rinnovabili si respira però aria di delusione. Dopo le critiche arrivate dal Cib, il Consorzi italiano bogas perché, anche dal Coordinamento Free arriva un commento duro: “nessuna delle proposte migliorative è stata presa in considerazione”.

Il Coordinamento, spiega una nota stampa, aveva già evidenziato una serie di “enormi criticità” il mese scorso quando uscì la versione licenziata dal MiTE e dal MiPAFF, che già aveva completamente deluso le aspettative degli operatori di tutti i settori delle rinnovabili coinvolti.

Secondo Francesco Ferrante, vice-presidente del Coordinamento Free, aver respinto tutte le richieste di modifica “significa perseverare in un atteggiamento di chiusura, già testimoniato dalla totale assenza di confronti preliminari con le categorie interessate”. Un atteggiamento che il vice-presidente Free ha definito “inspiegabile in un contesto come quello attuale, che richiederebbe di massimizzare ogni possibile contributo alla produzione di energia da fonti rinnovabili”.

“Senza sostanziali modifiche al decreto, sarebbe preferibile – conclude Ferrante – che la Conferenza unificata desse parere negativo e che la prosecuzione dell’iter di emanazione fosse sospesa in attesa del nuovo esecutivo.”

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SPESA MILITARE. Gli affari correnti del ministro Guerini riguardano cacciamine, elicotteri, carri armati e missili

I programmi di riarmo arrivano in Commissione. No  dei 5 stelle Il ministro della difesa Lorenzo Guerini - Lapresse

La commissione difesa del Senato si è espressa ieri sui programmi di riarmo presentati dal ministro Lorenzo Guerini. Si tratta di decreti attuativi che dispongono sulle spese militari per i prossimi anni: ieri le voci di spesa riguardavano sei miliardi. Tutte somme già messe a bilancio dal ministero della difesa che vengono messe a disposizione dell’acquisto di nuove armi e che impegnano il lavoro della prossima legislatura.

Si sono schierati contro l’acquisto di cacciamine, elicotteri, carri armati e missili soltanto i quattro membri del Movimento 5 Stelle. «La potente lobby del complesso militare-industriale con la complicità dei partiti vecchi e nuovi, ha messo in atto un colpo di mano di fine legislatura in periodo di gestione dei soli affari correnti, sommergendo la commissione di decine di programmi di riarmo che richiedono attenzione e approfondita analisi» denunciano i senatori M5S Giorgio Fede, Giuseppe Auddino, Gianmarco Corbetta e Francesco Castiello.

I decreti dovrebbero arrivare all’esame della commissione difesa di Montecitorio tra oggi e domani. I 5 Stelle promettono ulteriori proteste. Di fronte alle quali il sottosegretario Giorgio Mulé fa Muro: «I programmi nulla hanno a che vedere con il riarmo – è la sua versione – Riguardano protezione civile, sicurezza, vigilanza pesca. Vanno nella direzione di sostenere l’uso civile dei mezzi militari».
«L’impegno finanziario pluriennale complessivo dei sei programmi di riarmo approvati oggi è di circa 6 miliardi con un onore finanziario complessivo di 10 miliardi – spiegano i 5S respingendo al mittente le critiche di incoerenza – Una cosa è la creazione di fondi pluriennali per l’ammodernamento della difesa, che il M5S ha sostenuto. Altro è decidere quando e come spendere questi soldi. Tanto più se questa decisione esecutiva cade in un periodo di drammatica emergenza economica e sociale come quella che stiamo attraversando ora, che ha ben altre urgenze».

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COLOSSI DELL'ENERGIA. Dopo l'esposto di Verdi e Sinistra Italiana si muove la magistratura sul mancato pagamento del 25%
 

àNicola Fratoianni e Angelo Bonelli all’uscita dell’incontro con il Pd foto LaPresseNicola Fratoianni e Angelo Bonelli all’uscita dell’incontro con il Pd foto LaPresse

Evasione fiscale e frode. Perpetrati dai colossi energetici sul pagamento della tassa sugli extraprofitti nonostante incassi miliardari con picchi addirittura del +3.800%. L’esposto contro le aziende che eludono il pagamento della blanda tassazione al 25% degli extraprofitti deciso dal governo Draghi era stato presentato il 24 agosto da Verdi e Sinistra italiana – e in seguito dal Codacons. Ieri la Procura di Roma ha deciso finalmente di aprire un fascicolo incaricando la Guardia di Finanza di redigere un’informativa che possa far luce sulla questione. Il procedimento, per il momento, è ancora senza indagati o ipotesi di reato. Nell’esposto si fa riferimento alla «crisi internazionale come conseguenza della guerra avviata dalla Russia in Ucraina» che ha provocato «aumenti stratosferici» ai prezzi dell’energia portando a «rincari delle bollette del gas e dell’energia elettrica di almeno 5 volte rispetto alla situazione pre-crisi».

«Questi aumenti – scrivono i denuncianti, Angelo Bonelli, Eleonora Evi e Nicola Fratoianni – sono del tutto ingiustificati e generati anche dalla forte speculazione, in quanto molte aziende energetiche italiane, che acquistano, distribuiscono e vendono il gas in Italia lo fanno per almeno i due terzi del gas venduto nel nostro paese con contratti pluriennali sottoscritti con Gazprom a prezzi fissati pre-guerra». Secondo quanto scritto nell’esposto «Eni nell’ultimo trimestre 2021, rispetto al periodo precedente, ha conseguito un utile del +3.870% pari a 2 miliardi di euro, sempre Eni nel primo trimestre del 2022 ha conseguito un utile del +670% per 7 miliardi di euro». «Il governo italiano – continua – ha calcolato che in sei mesi, tra il settembre 2021 e il 30 marzo 2022, sono stati realizzati 40 miliardi di euro di extra-profitti da parte delle società energetiche». La norma che prevede una tassazione del 25% sugli extra utili nel primo decreto Aiuti è stata scritta male e molte delle aziende hanno fatto ricorso al Tar.

Ora, si spera, dovranno fare i conti con altri giudici.

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È scomparso a 91 anni un regista immenso, seminale, l'ultimo gigante della settima arte. Inventore della Nouvelle Vague. All'autore di "Fino all'ultimo respiro" e "Bande à part" tutti noi dobbiamo moltissimo. Lo ricordiamo con un montaggio dei suoi film più belli

 

https://www.collettiva.it/copertine/culture/2022/09/13/video/addio_a_jean-luc_godard_la_fine_del_cinema-2342944/

1.513 foto e immagini di Jean Luc Godard - Getty Images

 

È scomparso a 91 anni Jean-Luc Godard. Regista immenso, seminale, l'ultimo gigante della settima arte. Fu inventore della Nouvelle Vague insieme a Francois Truffaut. "Fin de cinema", si legge in chiusura di Weekend, splendido film del 1967: e la sua morte è anche un po' la fine del cinema, almeno come si intendeva nel Novecento. 

È stato innovatore di ogni linguaggio, dalle prime mosse fino agli ultimi anni: in pieno lockdown partecipò a una diretta su Instagram in cui dialogava con cinefili e appassionati. Il suo ultimo film è Le livre d'image del 2018, che si può vedere qui su Raiplay. Il libro dell'immagine, appunto: Godard lo ha sfogliato tutto e oggi lo chiude, ma per noi resta aperto. All'autore di Fino all'ultimo respiro Bande à part tutti noi dobbiamo moltissimo. Lo ricordiamo con un montaggio dei suoi film più belli. 

 

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MIGRANTI. Tutti siriani, partiti dalla Turchia il 30 agosto. Ammatuna, sindaco di Pozzallo: «I sopravvissuti sembravano usciti da un lager nazista». Sos di Alarm Phone per un barcone stracarico: «A bordo una bimba morta di stenti»

Tre bambini e tre adulti morti di sete nel Mediterraneo Migranti in difficoltà nel mar Mediterraneo (foto d'archivio) - Santi Palacios/Ap

«Sembravano sopravvissuti ai lager nazisti», ha sbottato il sindaco di Pozzallo Roberto Ammatuna dopo lo sbarco nel porto siciliano di 26 migranti, disidratati e ustionati, soccorsi dal mercantile Arizona e poi trasbordati su una motovedetta della guardia costiera. È andata peggio ai sei che non ce l’hanno fatta: due bambini di uno e due anni, un 12enne e tre adulti, tra cui la madre e la nonna di alcuni dei piccoli sopravvissuti. Le vittime sono tutte siriane.

La strage è stata ricostruita dall’Unhcr raccogliendo le testimonianze all’arrivo sul molo. I corpi privi di vita sarebbero stati gettati in mare. Lo spazio era ridotto e non c’era riparo dal sole. L’equipaggio della nave battente bandiera liberiana non li ha trovati né a bordo, né in acqua.

IL BARCHINO su cui viaggiavano siriani e afghani, comunica l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), era partito il 30 agosto dalla Turchia. Ha finito il carburante ed è andato alla deriva, in direzione delle coste della Libia orientale. Decine di miglia lontano dalla rotta che avrebbe dovuto seguire per raggiungere l’Italia. A bordo c’era anche una bambina evacuata d’urgenza domenica, insieme alla madre, con un elicottero maltese. Era in stato di grave disidratazione.

La guardia costiera italiana ha diffuso nel tardo pomeriggio di ieri un brevissimo comunicato in cui fa sapere che nei giorni scorsi la piccola imbarcazione in difficoltà era stata avvistata da un assetto aereo. La centrale operativa di Roma ha dirottato l’Arizona, che navigava nelle vicinanze, e un mercantile italiano. La prima nave ha salvato le 28 persone presenti a bordo. Nel comunicato ufficiale mancano informazioni importanti per chiarire la vicenda. La richiesta di maggiori dettagli avanzata dal manifesto non ha avuto risposta.

NON È specificato quando e dove è avvenuto il soccorso. Dalla ricostruzione dei tracciati dell’Arizona sembrerebbe che l’operazione si sia svolta intorno alle 23 di sabato scorso in acque internazionali, una cinquantina di miglia nautiche a nord-ovest delle coste libiche.

Inusuale il coordinamento italiano dell’operazione, che si è svolta nell’area di ricerca e soccorso (Sar) libica. Negli ultimi anni Roma tende a non intervenire in quella vasta porzione di mare, nonostante le note problematicità: scarsa capacità operativa di Tripoli e mancanza di un porto sicuro di sbarco. La decisione potrebbe dipendere dall’aereo che ha segnalato l’imbarcazione, ma sono ipotesi: nel comunicato non è nominato. Lungo la rotta del Mediterraneo centrale sono attivi i droni di Frontex ma anche i velivoli dell’operazione Irini-EunavforMed. Il comandante è il contrammiraglio della marina italiana Stefano Turchetto e il quartier generale è la base militare di Centocelle, a Roma.

LA RAPPRESENTANTE Unhcr Chiara Cardoletti e il portavoce Oim Flavio Di Giacomo hanno definito «inaccettabile» questa nuova tragedia e sono tornati a ribadire l’urgenza di «ripristinare un meccanismo di ricerca e soccorso tempestivo ed efficiente, guidato dagli stati nel Mediterraneo». Ieri il centralino Alarm Phone, che raccoglie e diffonde le richieste d’aiuto dei migranti, ha lanciato un altro allarme per un barcone con 250 persone partito una settimana prima dal Libano. «Chi ha chiamato ha detto che sua figlia di tre mesi è morta di sete», twitta Ap. L’imbarcazione avrebbe terminato benzina, cibo e acqua. La nave umanitaria Sos Humanity ha cambiato rotta nel pomeriggio per tentare di raggiungerla, perché le autorità non avrebbero risposto all’Sos. Al momento della segnalazione i migranti erano nell’area Sar maltese ma più vicini alle coste greche. L’ultima posizione li dà alla deriva verso sud.

La situazione è simile a quella del barcone partito il 29 agosto dal Libano con 57 persone. Avrebbero iniziato a chiedere aiuto il 31 agosto nella Sar greca. Quattro giorni dopo, ormai nell’area di ricerca e soccorso maltese, hanno finito cibo e acqua. Sono stati soccorsi da un mercantile solo il 6 settembre. Una bambina di quattro anni, Loujin, è morta di sete. Due ragazzi risultano dispersi.

INTANTO SI È allungata la lista dei morti nel naufragio di venerdì scorso al largo della Tunisia: le autorità hanno comunicato il ritrovamento di altri sei cadaveri, che portano a 14 le vittime confermate. Altri nove restano dispersi ma non ci sono speranze di trovarli in vita. Nel 2022 il Mediterraneo centrale ha inghiottito 1.280 persone. Molte altre mancano all’appello.

@GiansandroMerli

 

Il comunicato della guardia costiera

28 migranti sono stati tratti in salvo nei giorni scorsi ad opera di un mercantile battente bandiera liberiana a largo delle coste orientali libiche. La nave, che si trovava in navigazione in prossimità della piccola imbarcazione alla deriva, procedeva al recupero di tutte le persone presenti a bordo.

La nave liberiana, a seguito di un avvistamento aereo dell’unità in difficoltà, era stata appositamente dirottata in zona, per prestare assistenza, dalla Centrale Operativa della Guardia Costiera italiana, unitamente ad un altro mercantile di bandiera italiana.

Dalla nave, diretta verso nord, nella giornata di ieri veniva evacuata per motivi sanitari, una bambina in grave stato di disidratazione, e trasportata urgentemente, insieme alla madre, a La Valletta tramite un elicottero maltese.

I restanti naufraghi – a circa 80 miglia a largo di Siracusa – venivano trasbordati sulla motovedetta CP 325 della Guardia Costiera italiana e condotti in salvo a Pozzallo.

Il Comando di bordo della nave liberiana riferiva di non aver rinvenuto corpi privi di vita né a bordo né in mare in prossimità dell’imbarcazione.

 

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MERCANTI NEL TEMPIO. Assemblea annuale di Confindustria ospitata in Vaticano. Il capo degli industriali parla di «nuovo umanesimo». Francesco: troppo divario nei salari

Bonomi cerca l’indulgenza del papa. Che lo catechizza: «Più valore al lavoro» Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi - Foto Ansa

La mossa mediatica poteva sembrare geniale. L’assemblea annuale di Confindustria che si tiene in Vaticano: quasi 5 mila fra industriali e loro famiglie a sfruttare il palcoscenico dell’udienza del papa. L’esito però per Carlo Bonomi è un vero boomerang a giudicare dal dialogo fra il presidente di Confindustria e Francesco. Nonostante lo sforzo di farsi portatore addirittura di un «nuovo umanesimo industriale», Bonomi ha dimostrato di parlare una lingua lontanissima e in gran parte opposta a quella dell’attuale pontefice.

Prova lampante arriva già nel chiamarsi fuori di Bonomi e Confindustria dal tema caro a Francesco della dignità del lavoro. Bonomi si impegna «a offrire il nostro contributo centrato sulla definizione condivisa di un “lavoro degno”», ma in realtà è una classica e palese excusatio non petita: «Il criterio per definire un lavoro degno – specifica subito dopo il capo di Confindustria – non è solo quello monetario. Nel nostro paese in troppi settori l’offerta di lavoro continua a essere caratterizzata da infime retribuzioni. Questo, desidero ripeterlo, non riguarda in alcun modo l’industria. Quelli non siamo noi!», alza la voce Bonomi. E spiega dove voleva arrivare a parare: «Ecco perché il tema dell’intervento per legge sul Salario minimo non ci tocca. A essersi opposti sono altri settori, sui quali bisognerebbe, invece, avere il coraggio di intervenire», senza naturalmente nominarli.

Nella sua replica Francesco lo ha bacchettato, ma sempre con il sorriso. «È vero che nelle imprese esiste la gerarchia, è vero che esistono funzioni e salari diversi, ma i salari non devono essere troppo diversi. Oggi la quota di valore che va al lavoro è troppo piccola, soprattutto se la confrontiamo con quella che va alle rendite finanziarie e agli stipendi dei top manager. Se la forbice tra gli stipendi più alti e quelli più bassi diventa troppo larga, si ammala la comunità aziendale, e presto si ammala la società».

E ancora, a chi – come Bonomi – continua a chiedere soldi allo stato, Francesco spiega la giustizia fiscale citando la Costituzione: «Il patto fiscale è il cuore del patto sociale. Le tasse sono anche una forma di condivisione della ricchezza, così che essa diventa beni comuni, beni pubblici: scuola, sanità, diritti, cura, scienza, cultura, patrimonio». Le tasse «devono essere giuste, eque, fissate in base alla capacità contributiva di ciascuno, come recita la Costituzione».

Fingendo di aver compreso e condiviso le parole di Francesco, Bonomi ha finito la sua giornata di vana gloria con una conferenza stampa fatta sempre in Vaticano. Si parte dalla smentita del feeling con Giorgia Meloni e le voci che lo vorrebbero ministro con lei a capo del governo: «Sono presidente di Confindustria fino al 2024». Nel merito però le vicinanze con Meloni ci sono eccome, per esempio sul Pnrr: «Quel piano è stato pensato prima di un terremoto economico, è evidente che non è possibile andare avanti in quella direzione. Vanno fatte delle correzioni».

Allo stesso modo Bonomi se la prende anche con la Bce: «Con un’inflazione europea tra l’8 e il 9% un rialzo a 0,75 % dei tassi non so quanto sia lo strumento che consenta di tenere sotto controllo inflazione. Credo che si dovrebbe procedere su altre strade», anche qui senza citare quali.

La prima preoccupazione delle imprese è il costo dell’energia: «Non dobbiamo farci trovare impreparati se ci fosse una decisione unilaterale» da parte della Russia con un stop totale alla fornitura di gas. «È fondamentale fare un piano di razionamento e farlo al meglio», ribadisce, annunciando: «Ne stiamo parlando con il ministro Cingolani».

L’ultima cicca riguarda il tema delle delocalizzazioni e l’emendamento annunciato da tutte le forze politiche per inasprire le multe alle aziende come Wartsila. «Si continua a penare a interventi normativi ma non è con una legge che si può pensare di risolvere il problema di Wartsila. Lo stato finlandese ha deciso di rendere attrattiva la produzione nel il proprio paese: noi invece pensiamo di bloccarlo e sanzionarlo. È evidente che il paradigma con cui approcciamo il tema è completamente sbagliato», conclude Bonomi la sua giornata in Vaticano.

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