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Il focus delle misure è sul contenimento dei consumi per il riscaldamento residenziale e sui cambiamenti comportamentali a costo zero. Le opinioni di alcuni esperti.

 

Funzionerà il piano del governo per contenere i consumi di gas il prossimo inverno?

Il piano, pubblicato ieri (martedì 6 settembre), contiene una serie di misure che complessivamente hanno un potenziale di risparmio stimato in 8,2 miliardi di metri cubi per il periodo agosto 2022-marzo 2023, come riassume la tabella sotto.

Come si vede, le due singole voci più importanti (ciascuna ha un potenziale di risparmio pari a 2,7 miliardi di mc), sono le misure di contenimento del riscaldamento invernale nel settore residenziale e le misure comportamentali a costo zero.

In tema di riscaldamento, il provvedimento riduce di 15 giorni il periodo di accensione degli impianti, posticipando di 8 giorni la data di inizio e anticipando di 7 giorni la data di fine esercizio; inoltre, diminuisce di 1 ora la durata giornaliera di accensione.

È poi previsto un abbassamento di 1 °C delle temperature interne (art. 3, comma 1, del DPR n. 74/2013):

a) 17 °C con una tolleranza di 2 °C per gli edifici industriali, artigianali e assimilabili;
b) 19 °C con una tolleranza di 2 °C per tutti gli altri edifici.

“È un piano ambizioso”, commenta a QualEnergia.it GB Zorzoli, tra i maggiori esperti italiani sui temi energetici, “che però avrebbe dovuto essere accompagnato da tempo da una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica”.

Il punto, sottolineato da Zorzoli, è che il piano rischia di avere un effetto ridotto perché finora è mancata una comunicazione adeguata da parte delle istituzioni. I cittadini invece dovrebbero essere informati in modo capillare su diversi aspetti: quanto potrebbero risparmiare in bolletta con la riduzione dei consumi, in quali rischi potrebbe incorrere il Paese se non ci sarà un rispetto collettivo delle nuove regole, perché è importante modificare le proprie abitudini.

Una possibile criticità è come verificare il rispetto delle indicazioni su accensioni e temperature negli edifici con impianti autonomi, sottolinea Zorzoli; ma secondo Ilaria Bertini, direttrice del Dipartimento Unità per l’Efficienza Energetica dell’Enea, sentita da QualEnergia.it, sono proprio le persone che utilizzano impianti di riscaldamento autonomi a essere più consapevoli di quanto consumano in tempo reale e di quanto possono risparmiare se adottano comportamenti più virtuosi.

Negli edifici condominiali, infatti, è più difficile avere un controllo diretto sulla regolazione delle temperature nei singoli appartamenti; è anche più difficile avere una percezione tempestiva su quanto si sta consumando e spendendo per il riscaldamento.

Bertini evidenzia poi che questo piano di risparmio di gas “può diventare strutturale” pensando agli obiettivi climatici per la decarbonizzazione del mix energetico.

In questo scenario, i cambiamenti comportamentali a costo zero (che non richiedono investimenti iniziali ma solo una modifica delle proprie abitudini) assumono una notevole importanza.

Il piano, in particolare, intende promuovere (neretti nostri nelle citazioni) “comportamenti consapevoli e intelligenti nel consumo digas e di energia elettrica, che incidano non solo sul contenimento della domanda di gas e sugli stessi costi in bolletta degli utenti, ma anche sulle politiche di decarbonizzazione”.

Si parla soprattutto di:

  • ridurre durata e temperatura delle docce;
  • utilizzare anche per il riscaldamento invernale le pompe di calore elettriche usate per il condizionamento estivo;
  • abbassare il fuoco dopo l’ebollizione e ridurre il tempo di accensione del forno;
  • utilizzare lavastoviglie e lavatrice a pieno carico;
  • non lasciare in stand-by apparecchi elettrici quando non in funzione;
  • ridurre le ore di accensione delle lampadine.

Bertini ha anticipato a QualEnergia.it che il 29 settembre sarà lanciato un programma nazionale di informazione e formazione sull’efficienza energetica; la sfida quindi è trasformare delle misure di emergenza, predisposte per rispondere a una crisi energetica, in misure di medio-lungo periodo che consentano di ridurre progressivamente la dipendenza dai combustibili fossili.

La gente quindi farà quello che è scritto nel piano?

Molto dipenderà dalla capacità delle istituzioni di dare il buon esempio (pensiamo innanzi tutto alla pubblica amministrazione) e di sviluppare nei cittadini una “solidarietà civile” come avvenuto durante il lockdown della pandemia, afferma Dario Di Santo, direttore della Fire, la Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia.

Di Santo spiega che è necessario “motivare il cittadino a puntare in modo deciso su un uso più intelligente dell’energia” e questo deve diventare una priorità, non solo per tagliare le bollette, ma anche per raggiungere i traguardi climatici e decarbonizzare le nostre economie.

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IL VERTICE STRAORDINARIO. I ministri Ue valutano un tetto «provvisorio» al prezzo del gas per tutti i Paesi fornitori e non solo per la Russia.
Energia, a Bruxelles primi passi verso un possibile accordo Summit dei ministri Ue sull'energia - Ap

È un accordo per ora solo di principio, per fare qualcosa «con la speranza di concludere a fine mese». Il Consiglio Energia straordinario a Bruxelles ha esaminato ieri l’ipotesi di un «tetto provvisorio al prezzo del gas», che per alcuni dovrebbe essere su tutte le importazioni nella Ue, non solo del gas russo.

C’è fretta, l’inverno si avvicina, i prezzi sono impazziti, le proteste minacciano, l’Europa teme di essere travolta dai gilet gialli dappertutto (ci sono manifestazioni, movimenti di boicottaggio del pagamento delle bollette). Prima delle fine di settembre ci sarà un altro Consiglio Energia, ma già martedì dovrebbe arrivare la nuova versione del «pacchetto energia» della Commissione e mercoledì la presidente, Ursula von der Leyen, darà delle precisazioni nel discorso sullo Stato dell’Unione.

La presidenza ceca del Consiglio, in carica fino a fine anno, ha precisato alla conclusione dell’incontro che c’è un accordo su «4 piste». Per il ministro Jozef Sikela, «adesso sappiamo esattamente quale direzione dobbiamo prendere». E ha aggiunto: «siamo in guerra, non giochiamo con le parole, siamo in guerra energetica con la Russia, Putin manipolando i prezzi del gas cerca di spezzare la pace sociale nei nostri paesi, di colpire il nostro modo di vita e anche di attaccare la nostra economia, dobbiamo inviare un segnale chiaro e forte».

I ministri chiedono alla Commissione di studiare un «intervento temporaneo d’emergenza» sul mercato del gas, il Belgio e l’Italia vorrebbero un tetto sul prezzo per tutte le importazioni: ormai, la dipendenza globale dei 27 dalla Russia è scesa per il gas dal 40% di prima della guerra al 9%, quindi bisogna intervenire anche sugli altri. Ma la commissaria all’Energia, Kadri Simson, è contraria. Il tetto dovrebbe essere «dinamico», il Belgio insiste sul fatto che deve esserci una conformità con i prezzi pagati in Asia, molto più bassi.

A favore del price cap si sono schierati 15 paesi, possibilisti anche i più legati all’ortodossia del libero scambio, come Olanda e Irlanda. La Germania resta “prudente”, ha fatto sapere da Berlino Olaf Scholz. «L’interferenza viene dalla Russia – ha spiegato il ministro irlandese dell’Ambiente, Eamon Ryan – non possiamo essere solo dei dogmatici e dire che non interferiamo sul mercato, le misure proposte faranno diminuire i prezzi e ci permetteranno di continuare a investire nelle rinnovabili».

I ministri danno inoltre dato mandato alla Commissione per studiare un tetto massimo ai super-profitti realizzati dai produttori di energia che non dipendono dal gas, ma che ne approfittano (la Commissione ha avanzato l’idea di un tetto a 200 euro il MWH, ma al Parlamento europeo in molti lo trovano troppo elevato). Accordo anche sul «contributo di solidarietà» delle società di energia fossile, i ministri non parlano di «tassa» non solo per la reticenza persistente di alcuni stati, ma anche perché sulle questioni fiscali ci vuole il voto all’unanimità e ci possono essere veti. Accordo anche, ma era più scontato, sugli aiuti ai distributori di energia, che hanno seri problemi di liquidità, al punto che nei giorni scorsi si è parlato di un rischio «Lehman Brothers» sui mercati.

I ministri invitano anche a un «coordinamento» per la riduzione dei consumi, ma difficilmente passerà l’obbligatorietà, come aveva proposto mercoledì la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen (la presidenza ceca lo esclude, per la ministra polacca, Anna Moskwa, «la Commissione non ha l’autorità per imporlo»). C’è stato a fine luglio un accordo dei 27 per impegnarsi a diminuire i consumi del 15%, ma la Commissione ora vorrebbe un obbligo per un calo del 5% nelle ore di punta (che è uno degli elementi che fanno alzare i prezzi).

Finlandia, Svezia e Danimarca hanno inviato ieri una lettera a Bruxelles di appoggio delle 5 proposte della Commissione (obiettivo obbligatorio di diminuzione dei consumi; tetto ai redditi per i produttori di energia a basso costo; contributi solidali dai produttori di energie fossili; aiuti ai fornitori di energia, con problemi di liquidità; tetto al prezzo del gas russo). L’Austria teme rischi di penuria. La Grecia resta contro. La Francia ha insistito anche sulla necessità di una riforma del mercato dell’energia che «rifletta la realtà dei prezzi di costo del mix energetico», cioè a favore del decoupling tra il prezzo del gas e quello dell’elettricità. Il price cap non deve apparire come una nuova sanzione alla Russia, perché questo richiede un voto all’unanimità e ci sono possibilità di veto (Ungheria in testa).

Ieri, i ministri delle Finanze di Francia, Italia, Germania, Olanda e Spagna, in un testo comune, si sono impegnati a favore di una tassa minima (del 15%) sui grandi gruppi dal 2023, «per alleviare l’impatto della crisi globale», un progetto Ocse che l’Ungheria ha finora bloccato nella Ue.

 
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L'ALLARME DEL COPERNICUS CLIMATE CHANGE SERVICE. Le temperature potrebbero essere la causa di decessi registrati in Italia nel mese di luglio

Clima, è l’estate più calda degli ultimi trenta anni 

La temperatura media in Europa tra giugno e agosto 2022 è stata di 1,34°C superiore a quella media stagionale nel periodo 1991-2020: in pratica, quella che sta finendo è l’estate più calda in Europa negli ultimi trent’anni. Il record precedente era stato stabilito solo lo scorso anno: nel 2021, però, la temperatura media era stata inferiore di 0,4°C. L’estate del 2003, forse il momento in cui abbiamo fatto per la prima volta i conti con gli effetti dei cambiamenti climatici, era stata più fresca di 0,6°C.

I dati sono stati diffusi dal Copernicus Climate Change Service (C3S), il servizio del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea e finanziato dall’Unione europea. In agosto le temperature europee sono state superiori alla media in particolare nella parte orientale del continente, ma fin da giugno e luglio erano al di sopra della media nell’area Sud-occidentale, dove si sono concentrate le ondate di calore. L’agosto 2022 è stato anche molto più secco rispetto alla media in gran parte dell’Europa occidentale e in alcune aree dell’Europa orientale, mentre è stato più umido in Scandinavia e in alcune aree dell’Europa meridionale e sud-orientale.

Secondo Freja Vamborg, ricercatore del Copernicus Climate Change Service, «un’intensa serie di ondate di calore in tutta Europa, combinate con condizioni di insolita siccità, hanno portato a un’estate estrema, che ha battuto tutti i record in termini di temperatura, siccità e attività degli incendi in un alto numero di regioni europee». Le ondate di calore oltre all’Europa hanno coinvolto la Cina centrale e orientale per tutti e tre i mesi estivi. Anche il Nord America, il Nord-ovest dell’Africa, il Giappone e la Russia orientale hanno vissuto una delle estati più calde della storia. In Europa nel mese di agosto le temperature medie hanno registrato un +1,72°C rispetto alla media 1991-2020, ben 0,8°C in più rispetto al precedente record del 2018 e 0,9°C rispetto al 2003, al 2010 e al 2015.

Gli effetti di queste temperature straordinarie sarebbero alla base, secondo l’Istituto nazionale di statistica, dell’eccesso di decessi registrati in Italia nel mese di luglio di quest’anno. In un mese, infatti, sono morte 62mila persone, un numero superiore di circa il 20% rispetto a quello degli anni precedenti, anche agli anni 2020 e 2021 caratterizzati dagli effetti della pandemia da Covid-19. «L’incremento dei decessi del mese di luglio del 2022 potrebbe essere in buona parte dovuto all’eccezionale e persistente ondata di caldo che sta caratterizzando l’estate nel nostro Paese e in molti altri paesi dell’Europa dove si osserva, infatti, un fenomeno analogo» scrive l’Istat in una nota diffusa alla fine di agosto. «Un livello simile – ricorda – ci fu nel 2015 per effetti climatici, con incrementi dei decessi molto accentuati nei mesi freddi e caldi dell’anno».

In Italia, secondo i dati diffusi dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, la temperatura media nell’estate del 2022 è stata di oltre 2 gradi superiore rispetto alla media registrata tra il 1991 e il 2020. A meno di una riduzione delle emissioni, i rischi saranno sempre più alti: «La serie di ondate di calore europee di quest’estate è stata causata da particolari modelli meteorologici, ma le temperature registrate sono state più calde di quanto sarebbero state a causa dei cambiamenti climatici» afferma Samantha Burgess, vicedirettore del Copernicus Climate Change Service (C3S). «Con il riscaldamento del clima, l’Europa sperimenterà ondate di calore più frequenti e più intense». Siamo allo stesso tempo causa e vittime dei cambiamenti climatici.

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25 SETTEMBRE. Intervista a Giuseppe Conte: «La destra sbaglia ma non va demonizzata. Bisogna capire la sofferenza che esprime una parte del paese»

«L’agenda Draghi affossa il Pd. In Europa  siamo vicini ai Verdi» Giuseppe Conte - Ansa

Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, parlando col manifesto, risponde così al segretario del Partito democratico Enrico Letta, che ha messo in dubbio le sue credenziali progressiste e rilanciato il suo appello al cosiddetto «voto utile». «Parlano i fatti – dice Conte – È progressista chi agisce in modo progressista, non chi si affanna a definirsi tale e poi sposa l’agenda Draghi, imbarcando Di Maio e Tabacci e facendo la corte a Calenda, Renzi, Carfagna e Gelmini». L’ex presidente de consiglio ci tiene a ribadire la sua distanza dagli ex alleati del Pd ponendo la figura di Mario Draghi come punto di discrimine: «Il M5S non dà patenti di legittimità politica a nessuno, però ha un’idea di paese fondata non sull’agenda Draghi, ma su ambiente, lavoro dignitoso e sanità pubblica, un paese dove ci siano inclusione e giustizia sociale».

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C’è un tornado sulla copertina dell’annuale rapporto Coop sui consumi e gli stili di vita degli italiani. Lascia prefigurare un futuro imminente tempestoso, a dispetto dei dati sul Prodotto interno […]

Il caro bollette "accende" i profitti dei big energetici ...

C’è un tornado sulla copertina dell’annuale rapporto Coop sui consumi e gli stili di vita degli italiani. Lascia prefigurare un futuro imminente tempestoso, a dispetto dei dati sul Prodotto interno lordo che fanno registrare un aumento della ricchezza prodotta nel nostro paese. E allo stesso tempo lascia intendere che i cambiamenti climatici sono la maggiore preoccupazione a lungo termine, nonostante i venti di guerra e l’inflazione che non smette di crescere. «Dopo trent’anni è tornato il carovita, con un’inflazione che non si vedeva dagli anni ’80, e per molti è una situazione del tutto sconosciuta», dice il presidente di Coop Italia Marco Pedroni.

Secondo il dossier, quasi un terzo degli italiani si troverà in difficoltà a pagare le bollette di luce e gas da qui alla fine dell’anno. Le spese per la casa incidono per il 38 per cento sul totale di quelle delle famiglie (nel 2020 erano il 32 per cento). La spesa media delle famiglie per le bollette è passata da 560 a 1100 euro per le utenze elettriche e da 990 a 1700 per quelle del gas.

Come si comporteranno gli italiani di fronte alla scelta su cosa pagare?

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MENO DUE SETTIMANE. Pubblicate le ultime rilevazioni prima dello stop, le terze e quarte forze non calano ma al contrario aumentano. Un trend che smentisce la campagna di Letta sul voto utile e anche la tendenza tradizionale degli ultimi giorni di campagna

I sondaggi non premiano il frontismo del Pd LaPresse

Strategia che non funziona, non si cambia. Anche ieri Enrico Letta ha cominciato e finito la giornata con l’appello al voto utile: «Calenda e Conte hanno scelto di non combattere, solo il Pd può battere le destre, siamo gli unici che hanno chance nei collegi uninominali». Non restano molti giorni in questa campagna elettorale acceleratissima. Da domani siamo già allo sprint e infatti da stasera a mezzanotte non sarà più possibile pubblicare sondaggi con le intenzioni di voto. Gli ultimi confermano che l’impostazione che il Pd ha voluto dare alla sua campagna non sta funzionando.

Più si allarga la distanza che gli elettori percepiscono tra il centrodestra e la coalizione tra Pd, Sinistra-Verdi e +Europa, meno efficacia ha l’appello alla rimonta nei collegi uninominali. Appello che da principio è apparso poco credibile visto che il Pd ha accolto come un destino ineluttabile la mancata alleanza con i 5 Stelle: il frontismo a parole ma non nei fatti non funziona. Alla fine anche il discorso di Letta ai candidati del Pd nel quale ha spiegato che bisogna limitare i danni, non potendo più vincere, basta a chiudere il discorso sulla rimonta nei collegi.

L’errore strategico di Letta si riflette puntualmente nei sondaggi. Con un’avvertenza: il margine di errore dichiarato in queste rilevazioni è talmente ampio, più o meno 3% (ma potrebbe essere anche di più non trattandosi di campioni probabilistici, il sondaggio viene fatto prevalentemente con le email ), e soprattutto la quota di indecisi/ non rispondono è talmente alta che bisogna leggerli con prudenza. Sulle tendenze di fondo però si può essere più confidenti e queste dicono, sempre, che il passare dei giorni e delle settimane sta rafforzando e non indebolendo le terze e quarte forze. Salgono sia il Movimento 5 Stelle che Azione-Italia viva, le liste che seguendo il ragionamento di Letta dovrebbero scendere perché tagliate fuori dalla sfida negli uninominali. La tendenza peraltro contraddice quella classica che vuole che con l’avvicinarsi del giorno del voto i due poli principali raccolgano la maggior parte di quelli che fino all’ultimo sono stati indecisi. Vedremo: è possibile che questa campagna elettorale così veloce acceleri anche i processi tradizionali e tutto accadrà nelle ultime ore (senza che sia possibile raccontarlo, peraltro, visto il divieto di pubblicazione dei sondaggi).

Intanto ieri un sondaggio Euromedia per Porta a Porta non si è discostato troppo dai precedenti, tranne appunto per il consolidamento di M5S (13%) e Azione (7,8%), per il resto confermando l’enorme distacco, 17 punti percentuali, tra la coalizione del Pd (dato come lista al 21,8%) e quella di Fd’I (dato come lista al 24,7%). Un altro sondaggio invece, del Centro italiano di studi elettorali (Cise) ha dato risultati assai diversi da quelli visti negli ultimi giorni. Il distacco tra Pd e Fd’I è ridotto (Pd 21,4%; Fd’I 23%), la Lega scende a una cifra (9,6%), la distanza tra centrodestra e coalizione Pd è ai minimi (9 punti) ma soprattutto il M5S è di gran lunga la terza forza al 16,6% e quasi insidia il Pd. Ma si tratta, come spiega bene la premessa di metodo, di un sondaggio particolare, interessato soprattutto ai temi della campagna elettorale: le intenzioni di voto potrebbero essere state così distorte. Oppure no

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