COMMENTI. L’Europa tace su pace e giustizia globale, come l’Onu impotente, tra l’enorme contraddizione fra l’universalismo dei principi e il particolarismo nazionale dei decisori politici
Una famiglia palestinese dopo un attacco israeliano a Khan Younis - foto Ansa
È veramente in agonia il diritto internazionale? È un petrarchismo da legulei o un astrazione da cattedratici sostenere che debbano esserci leggi universali e intangibili? Possiamo continuare a distogliere lo sguardo dalle gigantesche violazioni che ne stanno promuovendo gli Usa, la cosiddetta sola democrazia del Medio Oriente, e al loro seguito l’Unione europea, mentre sbandierano i valori dell’Occidente? L’agonia del diritto internazionale è un fatto che ognuno di noi dovrebbe esercitarsi a riconoscere fin nei dettagli minimi, come suggerisce Domenico Quirico (La Stampa 3 gennaio 2024). Perché chiamare «uccisioni» – come fanno i telegiornali – e non assassinii le cosiddette esecuzioni extra-giudiziarie che «accompagnano tutta la storia dello stato ebraico» (è ancora Quirico a ricordarcelo, sullo stesso giornale il giorno dopo), esultando per di più di questi «bestiali atavismi» con la Bibbia in mano, indipendentemente da che si tratti di terroristi conclamati, giornalisti, operatori sanitari, artisti, o altre vittime «collaterali»? Perché concedere onori da capo di stato a un assassino che ha fatto squartare un uomo (Jamal Khashoggi) e denunciarne un altro alla Corte Penale Internazionale, a seconda delle alleanze o delle guerre che sono in corso? Perché non chiamare genocidio quello in corso a Gaza, anche dopo che gli esperti hanno spiegato, se proprio occorreva, che ventiduemila morti la maggior parte civili e due milioni di «sfollati interni» bastano e avanzano a chiamarlo così?
Di fronte a quest’agonia, il silenzio dell’Unione europea è come la lama del coltello che senza
Commenta (0 Commenti)In tre ore di show Meloni bastona i suoi, sospende il pistolero Pozzolo, difende Salvini su Anas, rivendica l’occupazione della Rai, rifiuta le accuse di familismo, evoca ricatti, annuncia austerity e privatizzazioni
IN SCENA. La giovane leader «senza padroni e che non guarda in faccia a nessuno», allergica fino a ieri all’ipocrisia del politichese, ha dimostrato che per restare al centro della scena è pronta a imparare a menadito anche le regole più usurate del gioco
Si narra che Giorgia Meloni, ripresasi dal fastidioso malessere fisico che l’ha colpita sotto le feste, abbia trascorso gli ultimi giorni in una full immersion con i suoi collaboratori per arrivare il più preparata possibile alla conferenza stampa di fine anno, slittata all’inizio di quello nuovo non per sua volontà. E bisogna ammettere che, sebbene a causa di questo slittamento si siano aggiunte alla mole già imponente di argomenti sul tappeto altre spinosissime questioni come il caso Pozzolo e il richiamo di Mattarella sulle direttive Ue in tema di concorrenza, il risultato è stato piuttosto brillante.
È vero, l’esordio della premier è apparso un po’ zoppicante, si è lasciata subito andare alla sua irrefrenabile tentazione di attaccare a freddo l’opposizione (in particolare chi aveva dubitato dei suoi malanni) quando avrebbe potuto elegantemente sorvolare. Ma poi l’underdog dell’estrema destra cresciuta ai bordi di periferia (periferia politica), la giovane leader «senza padroni e che non guarda in faccia a nessuno», allergica fino a ieri all’ipocrisia del politichese, ha dimostrato che per restare al centro della scena è pronta a imparare a menadito anche le regole più usurate del gioco.
Ha risposto alla maggior parte delle domande con affermazioni tanto perentorie quanto vaghe (ad esempio sulla
Leggi tutto: I vestiti nuovi dell’imperatrice - di Micaela Bongi
Commenta (0 Commenti)Il sangue ora scorre in Iran: attentato al cimitero di Kerman, oltre 100 morti tra la folla che ricordava il generale pasdaran Soleimani. Nessuna rivendicazione, ma Teheran guarda già a Tel Aviv. Dal Libano, Hezbollah prova a frenare la corsa alla guerra regionale
LIBANO/GAZA. Il leader sciita Nasrallah elogia Saleh Aruri assassinato a Beirut da un drone israeliano, ma prova a non ampiare il conflitto. Sciopero generale nei Territori palestinesi occupati
Gaza. Bambino recuperato dalle macerie a Nusseirat - Ap
È andata come previsto alla vigilia. Commentando ieri dal suo bunker in Libano l’assassinio attribuito a un drone israeliano del numero due di Hamas, Saleh Aruri, avvenuto a Dahayeh martedì sera alla periferia meridionale di Beirut, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah nel suo atteso discorso di ieri non ha deviato dalla linea adottata negli ultimi tre mesi di evitare una guerra aperta con Israele. Rivolgendosi a una folla di sostenitori riuniti per l’anniversario dell’omicidio (compiuto dagli Usa) del generale iraniano Qassem Soleimani della Forza Quds, Nasrallah a un certo punto ha spiegato che, quando Hezbollah ha aperto «il fronte in Libano, lo ha fatto a sostegno del popolo oppresso a Gaza».
Questa azione, ha proseguito, «ha tenuto in considerazione la nostra visione strategica, la necessità di sostenere Gaza e le difficoltà in Libano». In sostanza Hezbollah è pronto alla guerra, se Israele attaccherà si troverà di fronte una forza formidabile ma non intende portare il Libano in una guerra che avrebbe conseguenze incalcolabili. «Le nostre battaglie non avranno limiti né controllo», ha affermato il leader del movimento sciita che poi ha aggirato la questione che si era aperta martedì sera di un attacco israeliano che ha violato la sovranità del Libano e avvenuto in un’area di Beirut dove Hezbollah mantiene le sue strutture civili (quelle militari in gran parte sono a sud).
Piuttosto Nasrallah, che ha elogiato la figura di Saleh Aruri, un suo interlocutore abituale, si è dilungato sui successi che avrebbe raggiunto la «resistenza» a sostegno della causa
Commenta (0 Commenti)MEDIO ORIENTE. Saleh Aruri era il riferimento delle Brigate Qassam. Tel Aviv vieta ai ministri di parlarne
Rafah, famiglie in fila per la vaccinazione dei bambini - Ap/Fatima Shbair
Di fronte all’assassinio ieri a Dahiyeh, alla periferia di Beirut, di uno dei massimi leader di Hamas, Saleh Aruri, e di altre cinque persone tra cui due comandanti militari del movimento islamico palestinese, qualcuno ora sospetta che il ritiro, cominciato nei giorni scorsi, di una parte dei reparti corazzati israeliani da Gaza, descritto come un cambio di strategia militare, sia avvenuto in vista di una possibile escalation al nord con Hezbollah.
TRUPPE TIRATE fuori da Gaza per un prossimo impiego contro il Libano. Si capirà nelle prossime ore se davvero ci sarà un conflitto vero e non più solo di attrito al confine tra Israele e Hezbollah come quello abbiamo visto da quando è cominciata l’offensiva a Gaza. Ieri sera si è riunito il gabinetto di guerra guidato da Benyamin Netanyahu e in Galilea è stato proclamato lo stato di massima allerta. Da Beirut sono giunte voci di una presunta intenzione di Hezbollah di lanciare razzi su Tel Aviv. In passato il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva avvertito: «Se attacchi Dahiyeh, bombarderemo Tel Aviv».
Oggi parla Nasrallah, il Libano trattiere il respiro
Si vedrà. Quello che è certo è che ieri Israele non ha ucciso un leader qualsiasi di Hamas. Aruri, 58 anni, non era solo il numero 2 del movimento islamico all’estero e
Leggi tutto: Israele arriva a Beirut, assassinato il n. 2 di Hamas - di Michele Giorgio, GERUSALEMME
Commenta (0 Commenti)IL CASO. Parte l’«assegno di inclusione» che sostituisce il «reddito di cittadinanza»: taglio di 1 miliardo mentre la povertà continua a crescere. Il Workfare di Meloni: tagliare il sussidio e spingere a un lavoro che non c’è. La denuncia dell'Inca e della Cgil Firenze: "Senza sussidio per formazione e lavoro da 3 mesi. Il governo fa cassa sui più vulnerabili"
Manifestazione per un reddito minimo garantito - LaPresse
L’inizio del nuovo anno ha segnato un’altra tappa della guerra ai poveri di chi già nel 2021 ha definito il «reddito di cittadinanza» come un «metadone di stato». Ieri è ufficialmente partita la terza «riforma» delle politiche di contrasto della povertà in pochi anni. Dopo il «Rei» del 2017 e il «reddito» del 2019, l’«assegno di inclusione» appena entrato in vigore ha irrigidito i criteri workfaristi già contenuti nel precedente «reddito di cittadinanza», peggiorandoli. Quest’ultima transizione è avvenuta in due tempi. Il primo è iniziato a settembre 2023, quando è stato istituito un sussidio per un’altra categoria di poveri: gli «occupabili». È il «supporto per la formazione e il lavoro». Almeno 240 mila ex beneficiari del «reddito di cittadinanza» definiti «occupabili» hanno perso il sussidio. E sono stati costretti a cercarsi un corso di formazione in cambio di 350 euro (200 in meno rispetto alla media del «reddito»). Non è però detto che ci siano riusciti, come sta emergendo da molte testimonianze.
SECONDO I PRIMI DATI sull’assegno di inclusione, dal 18 dicembre in totale avrebbero aderito 145 mila persone: 65 mila sono riuscite a presentare domanda online, 80 mila tramite i patronati. Quanto agli «occupabili», prima di Natale risultavano 114 mila domande per il «Supporto formazione lavoro», solo 70 mila ricevevano prima il «reddito di cittadinanza». Alla domanda dove siano finiti gli altri 170 mila ai quali è stato tolto il sussidio la ministra del lavoro Calderone ha sostenuto che
Leggi tutto: Reddito a ostacoli, la nuova guerra ai poveri - di Roberto Ciccarelli
Commenta (0 Commenti)Gaza senza tregua, sale il conto delle vittime civili sotto i bombardamenti. A rifornire gli arsenali israeliani ci pensa Biden, che bypassa il Congresso inviando altre armi e munizioni. 100 i reporter uccisi dal 7 ottobre
GAZA SOTTO ATTACCO. Nuovo pacchetto di armi in arrivo dalla Casa Bianca che scavalca il Congresso. Raid anche in Siria e Libano, guerra sempre più larga
Il 2023 si chiude con l’invasione israeliana di Gaza che ha fatto 21.672 morti, 165 dei quali tra venerdì e sabato, e 56.165 feriti, oltre ai circa 1.400 israeliani, tra civili e militari, rimasti uccisi il 7 ottobre nell’attacco di Hamas e nei mesi successivi. Il 2024 che comincia domani potrebbe portare all’escalation della guerra in Medio oriente. La Siria ieri ha accusato Israele di aver attaccato l’aeroporto militare di Nairab, vicino ad Aleppo. E la tv Al Mayadeen ha aggiunto che i raid aerei sono stati quattro.
L’aviazione israeliana, che giorni fa aveva ucciso a Damasco, Ravi Mousavi, uno dei comandanti più importanti della Guardia rivoluzionaria iraniana, ormai attacca ovunque, dal Libano alla Siria, obiettivi e milizie affiliate a Teheran. Venerdì sera, jet non identificati (ma tutti sanno che erano israeliani) hanno colpito un convoglio di otto camion, distruggendone quattro, e tre edifici usati da gruppi sostenuti dall’Iran nella città siriana di Albukamal lungo un valico di frontiera strategico con l’Iraq. Un comandante locale delle Forze di mobilitazione popolare irachene (Hashd Shaabi) ha riferito che quattro persone sono state uccise.
Al confine tra Libano e Israele non si può più parlare di guerra a bassa intensità. Le forze israeliane martellano il sud del Libano. Ieri in particolare il
Leggi tutto: Israele colpisce ovunque, le bombe le fornisce Biden - di Michele Giorgio, GERUSALEMME
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