«Non ha vinto nessuno». Con una lettera ai francesi Macron chiama a raccolta il centro e sbarra la strada al Nuovo fronte popolare: solo «l’insieme delle forze repubblicane» ha la maggioranza per formare il governo. Mélenchon: «Non riconosce il risultato del voto»
BISOGNA SAPER VINCERE. In una lettera ai francesi il presidente chiede la formazione di un esecutivo composto «dall’insieme delle forze repubblicane»
Ci sono voluti tre giorni, ma alla fine Emmanuel Macron si è deciso a dire la sua. «Nessuno ha vinto» le elezioni legislative, ha scritto il presidente della Repubblica in una «lettera ai francesi» pubblicata dalla stampa regionale ieri, 96 ore dopo la vittoria del Nuovo Fronte Popolare, che ha conquistato la maggioranza relativa dei seggi.
Un’evidenza di fronte alla quale l’inquilino dell’Eliseo ribatte che «solo l’insieme delle forze repubblicane» sono in grado di rivendicare una maggioranza assoluta. Per questa ragione, Macron invita «l’insieme» dell’arco repubblicano a «costruire una maggioranza solida». Poi, il presidente deciderà «la nomina del primo ministro, cosa che presuppone di lasciare un po’ di tempo alle forze politiche per costruire dei compromessi». Intanto secondo Politico Macron si preparerebbe ad accettare le dimissioni del primo ministro Gabriel Attal il 17 luglio prossimo. Dure le prime reazioni alla proposta del presidente. E se i socialisti lo invitano a scegliere il nuovo premier nel Nuovo fronte popolare, Jean-Luc Mélenchon usa toni più duri: «Un caso unico nel mondo democratico: il presidente si rifiuta di riconoscere il risultato delle urne, è il ritorno del veto del Re sul suffragio universale», ha scritto su X il leader di Lfi, mentre Marine Le Pen in serata ha parlato di «circo indegno».
LA FORMULA ricorda quanto detto poche ore prima dal ministro degli Interni Gérald Darmanin, intervenuto in mattinata su Europe1, la radio del gruppo di media ultra-conservatori del magnate Vincent Bolloré. Bisogna «prendere un po’ di tempo per evitare il dramma del Fronte Popolare», ha detto Darmanin, dando il tono della strategia della macronie per evitare che
Leggi tutto: «Non ha vinto nessuno». Macron prende tempo e prova a fermare Nfp - di Filippo Ortona
Commenta (0 Commenti)È iniziato a Washington il summit della Nato «globale», con al centro la guerra che l’Ucraina non deve perdere, le tensioni in aumento nell’Indo-Pacifico e la corsa al riarmo degli alleati. Ma occhi puntati sulle condizioni di Joe Biden, comandante in capo mai così in bilico
VERTICE A WASHINGTON. Zelensky invitato speciale, a caccia di F16. Per il presidente Usa quasi un test attitudinale. Spagna e Italia osservate speciale, tra i Paesi Ue sono le sole a non spendere il 2% del Pil in armamenti
Washington, Joe Biden nella Cross Hall della Casa Bianca - Jacquelyn Martin/Ap
Si è aperta ieri a Washington la riunione dei rappresentanti dei membri della Nato che durerà fino all’11 luglio. Il summit ha una forte valenza simbolica, in quanto commemora i 75 anni dell’Alleanza atlantica, e si tiene in un momento molto delicato per gli equilibri geopolitici globali.
Al centro dei dibattiti ci sarà ovviamente l’Ucraina, con Zelensky come invitato speciale, ma sono molti i dossier aperti. Dall’aumento delle spese militari dei Paesi dell’Ue, che secondo gli impegni dovrebbero superare almeno la soglia del 2%, a Taiwan, passando per l’Africa, su cui il governo italiano vorrebbe portare il focus, e il Medioriente.
I RIFLETTORI SARANNO PUNTATI costantemente su Joe Biden che non potrà permettersi nessun
Leggi tutto: Riflettori puntati su Biden al summit della Nato «globale» - di Sabato Angieri
Commenta (0 Commenti)FRANCIA. Olimpiadi imminenti: il presidente rifiuta le dimissioni di Attal. I capi del Nuovo fronte popolare in conclave per trovare un nome
Il primo ministro Gabriel Attal ha presentato le dimissioni. Emmanuel Macron le ha respinte «per la stabilità del paese» e permettere al governo di continuare a gestire gli affari correnti, almeno durante il periodo delle imminenti Olimpiadi di Parigi. Dopo il grande sollievo di domenica sera, il successo del “fronte repubblicano”, dei “castori” che hanno costruito uno sbarramento abbastanza alto per impedire l’arrivo al potere del Rassemblement National, finito in terza posizione, la Francia si conferma divisa in tre blocchi di dimensioni non molto diverse: 182 seggi per la sinistra, 168 per il centro di Ensemble, 143 per l’estrema destra. Dietro il Nuovo Fronte Popolare, in testa, seguito dai macronisti, il mondo politico non può dimenticare che l’estrema destra cresce enormemente. Il Rn aveva 17 deputati nel 2017 all’inizio della presidenza Macron e oggi lo hanno votato 10 milioni di persone. Si apre un periodo di forte instabilità nel paese. La V Repubblica non è un regime basato sulle coalizioni, ma il nuovo panorama del paese spinge a un cambiamento di approccio, più simile ai paesi limitrofi della Ue. La verticalità dell’Eliseo perde terreno e il centro del potere passa al Parlamento.
NEL NUOVO Fronte Popolare già domenica notte sono iniziati i negoziati tra i partiti alleati, ripresi ieri sera, per indicare il nome di un primo ministro. Potrebbe essere reso noto «in settimana» precisano Verdi e Ps. Può essere anche una personalità della società civile, già Raphaël Glucksmann (Place Publique-Ps) aveva evocato Laurent Berger, ex segretario della Confédération française démocratique du travail (Cfdt), che non aveva però risposto.
Macron deve ammettere la sconfitta, il primo ministro deve andarsene, nessun sotterfugio: il Nfp applicherà il suo programma e nient’altro
INTANTO MACRON ha deciso di prendere tempo, «aspetteremo la strutturazione dell’Assemblée Nationale», ha affermato, cioè il 18 luglio, il giorno della prima
ELEZIONI. Il Nuovo Fronte Popolare sbarra la strada al Rassemblement national. Macron ha vinto la sua scommessa, anche se il suo campo ne esce parecchio ammaccato
Marine Le Pen - Louise Delmotte/AP
Risultato straordinario, la Francia respinge l’estrema destra. Il Nuovo Fronte Popolare ha sbarrato la strada al Rassemblement national. Il Nfp è arrivato primo, avrà tra 172 e 180 deputati, i conteggi sono in corso. Ensemble, l’area Macron, arriva al secondo posto e l’estrema destra è al terzo posto, sconfitta (134-150 seggi), mentre già da giorni lo staff di Marine Le Pen e Jordan Bardella si comportava da vincitore e cominciava a dettare la “linea” anche in politica estera, a cominciare dalla compiacenza con la Russia di Putin.
C’è stata una grande mobilitazione, che ha portato a una forte affluenza alle urne e a un chiaro rifiuto del progetto sovranista, di ripiego su di sé, della “preferenza nazionale” contro tutto cio’ che è considerato “altro” – stranieri, immigrati, binazionali – che il Rassemblement National aveva presentato come la “vera” Francia.
Adesso, il dato importante è il successo dello sbarramento: la Francia dice “no” all’estrema destra. Emmanuel Macron ha fatto una scommessa azzardata, l’ha vinta nel senso che ha messo all’angolo l’estrema destra, anche se il suo campo ne esce parecchio ammaccato (ma comunque inaspettatamente davanti all’estrema destra). Il presidente aveva puntato sul “chiarimento” politico: dopo i risultati è subito ripresa la polemica – normale in democrazia – ma c’è la chiarezza della messa all’angolo dell’estrema destra, quella della chiusura, dell’odio generalizzato verso l’altro da sé.
La Francia cambia, con questo voto. Il potere si sposta finalmente dall’Eliseo all’Assemblée Nationale, il parlamento sarà al centro, avvicinandosi così al funzionamento delle altre democrazie europee. La Francia, al di là di quello che succederà all’interno per la formazione del prossimo governo – di governabilità si comincerà a parlare da domani, oggi la notizia è
Leggi tutto: La Francia respinge l’estrema destra - di Anna Maria Merlo, PARIGI
Commenta (0 Commenti)La Francia si gioca tutto nel secondo turno delle elezioni politiche. La destra di Le Pen e Bardella punta al governo. Può fermarla il barrage repubblicano voluto soprattutto dalla sinistra. La chiamata in campo è per gli elettori di centro, malgrado Macron
TRA PARIGI E ROMA. Preso in mezzo tra le feste nazionali di Stati uniti e Francia, questo 7 luglio condizionerà il destino delle democrazie occidentali. Sulla soglia del governo di Parigi c’è un partito […]
Giorgia Meloni in campagna elettorale - LaPresse
Preso in mezzo tra le feste nazionali di Stati uniti e Francia, questo 7 luglio condizionerà il destino delle democrazie occidentali.
Sulla soglia del governo di Parigi c’è un partito di originaria ispirazione fascista – i successivi camuffamenti non hanno toccato la fiamma, mutuata dall’Italia dove arde già a palazzo Chigi.
Negli Usa l’aspirante dittatore, parole sue, avrà la sua chance tra quattro mesi e i “democratici” stanno facendo di tutto per dargli una mano (più o meno come hanno fatto Macron in Francia e il centrosinistra qui da noi).
Il suffragio universale, per il lungo dopoguerra considerato come sostanziale sinonimo della democrazia e come tale ancora spacciato dagli eredi degli sconfitti – «potere al popolo, non ai giochi di palazzo», ripete Meloni che sogna l’investitura diretta – apre le porte al suo svuotamento.
Ne ha parlato qualche giorno fa il presidente Mattarella in un discorso importante, preoccupato e consapevole del passaggio storico.
La democrazia, ha detto, è la realizzazione concreta dei diritti nella vita delle persone. «Non si esaurisce nelle sue norme di funzionamento» e non si «consuma» esprimendo il voto nelle urne «nelle occasioni elettorali». Come vorrebbero al contrario tutti quelli che da anni hanno aperto la caccia alle libertà di associazione e manifestazione, ai partiti e ai sindacati, alla libertà di stampa. Pensatori “liberali” prima che governanti di destra.
Ma il presidente Mattarella ha detto anche di più. Ha aggiunto che a smentire la coincidenza tra suffragio universale e democrazia piena concorrono anche «marchingegni che alterano la rappresentatività e la volontà degli
Leggi tutto: Democrazia e marchingegni elettorali - di Andrea Fabozzi
Commenta (0 Commenti)La disfatta Tory consegna il governo del Regno unito ai laburisti. I 412 seggi vinti da Starmer, il più grande “swing” del partito, non corrispondono però a una valanga di voti, complice l’astensione. L’ombra nera di Farage: entra a Westminster con quattro deputati
HO FATTO CENTRO. La squadra di Downing Street. Lodi a Rishi Sunak, primo leader di origine asiatica, discorso sul ritorno del governo al servizio dei cittadini
La cronaca della vittoria annunciata del Labour di nuovo al potere è proseguita ieri mattina senza soluzione di continuità per Starmer e i suoi dopo una notte febbrile trascorsa davanti alla ridda di cifre, percentuali, elaborazioni grafiche digitali costruite sullo spoglio. Recatosi subito a Buckingham Palace dal monarca dove, in una cerimonia medievale che prevedeva il baciamano (opportunamente emendata del medesimo), ha ricevuto l’incarico di formare il suo – del monarca – governo, Starmer è pervenuto poi a Downing Street.
DAVANTI allo stesso leggìo dove lo sbaragliato premier uscente Rishi Sunak aveva annunciato la data delle elezioni «anticipate» sei settimane prima, e dopo che questi vi aveva tenuto quello di commiato (l’unica differenza è che ieri era asciutto), Starmer ha parlato (letto) per la prima volta al paese. Ha tributato rispettose lodi al Sunak primo Primo ministro britannico di origine asiatica – un segnale di magnanimità – ha parlato del ritorno di un governo al servizio dei cittadini, di un governo del fare, che tratterà tutti con rispetto, anche coloro che non l’hanno votato, di un governo che farà anziché parlare, di un governo che al primo posto metterà il paese e non il partito. Ha parlato, anche se in chiave naturalmente positiva, di un grande reset: lo speech writer non si è avveduto/non ha tenuto conto, dell’omonima teoria della cospirazione. E ha poi infilato una serie di elogi della stabilità, della moderazione, del rinnovamento.
SI È POI INSTALLATO al numero dieci, dove ha iniziato a convocare i componenti del Suo (sempre del monarca) governo:
Leggi tutto: Arrivano i ministri, dall’area Blair agli ex corbyniani - di Leonardo Clausi, LONDRA
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