IL MURO DI BERLINO. In Germania sale la mobilitazione antifascista. In molti comuni si riempiono le piazze e sabato 3 febbraio una catena umana si alzerà a proteggere il Reichstag dal fuoco neonazi. Spd e Verdi pensano al taglio dei contributi per Afd, non allo scioglimento
La manifestazione antifascista domenica a Berlino - Ap
Non si ferma l’ondata antifascista che ormai ha investito ogni singolo comune della Repubblica federale tedesca. Ieri il terzo giorno di mobilitazione a tutti i livelli con centinaia fra cortei organizzati, manifestazioni spontanee, sit-in, dibattiti e assemblee pubbliche per chiedere di arginare il boom dell’estrema destra nel formato doppiopetto di Afd quanto la messa fuorilegge delle decine di gruppi neonazisti da anni incistati nella socialdemocrazia.
Una piazza coincidente ormai con l’intero Paese e nessuna intenzione di ridursi o, peggio, sciogliersi dopo il “sussulto” di coscienza iniziale, prima del prevedibile calo dell’interesse mediatico.
Ieri quasi 200 organizzazioni della società civile tedesca hanno fissato la «demo generale dell’Antifascismo» che vedrà la partecipazione in massa dei cittadini ma anche delle massime cariche istituzionali della Bundesrepublik: il prossimo 3 febbraio attorno al palazzo del Reichstag, l’attuale sede del Parlamento, verrà eretto il gigantesco «Brandmauer», il «Muro tagliafuoco» contro il pericolo d’incendio dell’estrema destra.
UNA VERA E PROPRIA catena umana per proteggere il luogo principe della democrazia. «Sarà l’abbraccio al Bundestag. La nostra alleanza non a caso si chiama
Leggi tutto: Tutti contro Afd, ma il governo non vuole scioglierla - di Sebastiano Canetta, BERLINO
Commenta (0 Commenti)«Siamo stufi, chiediamo un accordo con Hamas». Accampati sotto casa di Netanyahu, i familiari degli ostaggi guidano la nuova ondata di proteste contro il premier israeliano. Ma non è aria di cessate il fuoco: a Gaza i morti sono oltre 25mila, il 70% donne e bambini
GUERRA A GAZA. Crescono le proteste contro il premier. A Gaza cimiteri profanati, la denuncia di Cnn
Protesta dei famigliari di alcuni ostaggi detenuti da Hamas - Ap
«Dimettiti, chi distrugge non costruirà, chi distrugge non creerà» ha urlato da un palco nel centro di Tel Aviv, Yonatan Shamriz, fratello di Alon ucciso a Gaza «per errore» dall’esercito israeliano. Intorno, una folla di migliaia di persone riunita sotto la scritta luminosa «riportateli a casa» ha chiesto le dimissioni del premier Benjamin Netanyahu e del suo governo, innalzando cartelli con le foto degli ostaggi. «Elezioni subito» gridavano anche a Haifa e a Gerusalemme mentre a Cesarea venerdì notte diverse famiglie del «Forum per la liberazione degli ostaggi» si sono accampate fuori dalla casa vacanze di Netanyahu e sono rimaste lì per tutto il giorno seguente. «Le famiglie sono stufe» si legge in una nota, «chiediamo subito un accordo».
INTANTO LA GUERRA CONTINUA e dei 25 mila morti gazawi dichiarati ieri dal ministero della Salute di Hamas il 70% sono donne e bambini. A dirlo è l’Agenzia dell’Onu che promuove l’uguaglianza di genere, Un women, secondo la quale ogni ora nella striscia muoiono due madri. Inoltre, dall’inizio dell’operazione di terra almeno 3 mila donne potrebbero essere rimaste vedove e almeno 10 mila bambini potrebbero aver perso il padre. Dei 2,3 milioni di abitanti del territorio, si legge nel rapporto di Un women, 1,9 milioni sono sfollati e «quasi un milione sono donne e ragazze». In totale, in 100 giorni di conflitto a Gaza le vittime sono quasi 3 volte superiori a quelle complessive degli ultimi 15 anni. Cifre agghiaccianti che però sembrano non influire in nessun modo sull’andamento del conflitto. Secondo Hamas nelle ultime 24 ore i bombardamenti israeliani hanno lasciato a
Leggi tutto: Basta Netanyahu. Ostaggi, «le famiglie sono stufe» - di Sabato Angieri
Commenta (0 Commenti)«Bisogna evitare l’esportazione di armi verso i conflitti, in particolare ad Israele. Non si può rischiare che vengano utilizzate per crimini di guerra». Schlein con una sterzata coraggiosa spezza la quiete del ritiro campestre del Pd. Ma gli avversari l’attaccano e il suo partito tace
L'HA DETTO. La segretaria Pd da Gubbio: «Non alimentiamo il rischio di crimini di guerra». Destra e renziani attaccano: «Parole da estremista»
Elly Schlein a Gubbio - Lapresse
Elly Schlein arriva a Gubbio, al conclave dei gruppi parlamentari del Pd, e non si sottrae di fronte alle questioni più urgenti. A partire dalla guerra a Gaza. «Dobbiamo porci la questione di evitare di alimentare questi conflitti – dice di fronte ai gruppi nella sala del resort dei Cappuccini – Bisogna evitare l’invio di armi e l’esportazione di armi verso i conflitti, verso il conflitto in Medio oriente, in particolare in questo caso ad Israele. Perché non si può rischiare che le armi vengano utilizzate per commettere quelli che si possano configurare come crimini di guerra». Sono parole che segnano un passaggio, anche in vista delle elezioni europee e di una partita che si giocherà sui temi della guerra e della pace.
SCHLEIN COLLOCA in questo modo la sua posizione in relazione alla votazione sulla risoluzione Ue sul conflitto e dentro lo schema del Partito socialista europeo, che l’uno e due marzo prossimi terrà proprio a Roma il suo congresso elettorale per scegliere lo spitzenkandidat. «Sulla pace l’Europa deve dare il suo contributo altrimenti sarà condannata all’irrilevanza – dice la segretaria ai suoi – Il cessate il fuoco è la condizione per riuscire a liberare i prigionieri di Hamas, avviare un percorso che porti a una soluzione due popoli e due stati. Peccato che i popolari in Europa abbiamo reso impossibile quel cessate il fuoco con un emendamento che contiene condizioni impossibili da realizzare. Per noi il cessate il fuoco deve essere immediato, lo diciamo da ottobre». E non è un caso che i primi a reagire sono i renziani. Raffaella Paita dice che «forse la segretaria ha dimenticato di essere a capo di quello che un tempo era un grande partito riformista e atlantista». Per la deputata di Iv, la segretaria dem «ha confuso il Pd con un’assemblea di un centro sociale occupato». Il capogruppo renziano (eletto col Pd) Enrico Borghi dice che in questo modo «si
Leggi tutto: Schlein rompe il tabù: «Basta armi a Israele» - di Giuliano Santoro
Commenta (0 Commenti)LA SENTENZA. «Da punire solo se si punta alla ricostituzione del partito fascista» Esulta la destra estrema: «Fine delle polemiche su Acca Larentia»
Il saluto romano è reato. Ma solo se accompagnato dalla volontà di ricostituire il disciolto partito fascista. Così ha deciso la Cassazione a sezioni riunite, in quella che (in astratto) dovrebbe essere la parola fine sulla vicenda. I giudici erano stati chiamati a esprimersi sul caso di otto militanti di estrema destra condannati in primo e in secondo grado per aver fatto il saluto romano nell’aprile del 2016 durante la tradizionale commemorazione di Sergio Ramelli, Carlo Borsani ed Enrico Pedenovi. Adesso gli otto dovranno tornare in Appello e la Corte che dovrà chiarire «se dai fatti accertati sia conseguita la sussistenza del concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista».
In mattinata il pg aveva sostenuto la tesi che il saluto fascista può essere reato se costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, ma poi le sezioni unite sono andate oltre: la «chiamata del presente» e «il saluto romano» rientrano nella legge Scelba «ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso» siano idonei «a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione».
Solo «a determinate condizioni» ci si può appellare alla legge Mancino, quella che «vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».
Di fatto la Cassazione sembrerebbe consolidare il suo orientamento storico sulle manifestazioni neofasciste, prediligendo la legge Scelba rispoetto alla legge Mancino. È una questione di concretezza: la prima si riferisce a questioni dimostrabili (anche se difficili) come il tentativo di rimettere in piedi il Pnf, mentre la seconda è più generica e discrezionale perché riguarda i
Leggi tutto: La Cassazione sul saluto romano: reato, ma non sempre - di Mario Di Vito
Commenta (0 Commenti)Tutto pronto per il sì in parlamento all’autonomia differenziata, il prezzo pagato a Salvini per puntellare gli equilibri della destra. Si avvicina il vecchio progetto di secessione del ricco Nord, firmato dall’erede della prima Lega di Bossi e Gianfranco Miglio: il ministro Calderoli
AUTONOMIA. In parallelo con la trattazione nell’aula del senato del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata si sono svolte manifestazioni di protesta in numerose città italiane. Dalle cronache locali traiamo una […]
Roma - Presidio contro il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata - Lapresse
In parallelo con la trattazione nell’aula del senato del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata si sono svolte manifestazioni di protesta in numerose città italiane. Dalle cronache locali traiamo una valutazione generale: molte piazze, poca gente. Il bicchiere è mezzo pieno, o mezzo vuoto?
È giusto dire che sia mezzo vuoto e dobbiamo chiederci perché. Per una parte, la ragione si trova nella ormai ridotta capacità della politica di mobilitare la partecipazione popolare. È lo stesso motivo per cui vediamo che quasi metà del corpo elettorale – e in qualche caso ben oltre la metà – diserta le urne. Ma nella specie troviamo anche ragioni ulteriori, specificamente riferibili al ritardo con cui una sinistra variegata e frantumata ha preso atto della pericolosità del disegno leghista, e per qualche parte ha addirittura fatto proprie le sue lusinghe.
Chi ha partecipato alle manifestazioni è stato poi colpito da una generale assenza dei giovani. Piazze dominate dai capelli brizzolati sono un problema nel problema. Una battaglia contro l’autonomia differenziata trova il suo significato più vero nel rivolgersi a chi avvia oggi il suo percorso di vita.
Qui non si tratta di essere passatisti in cerca di un mondo che non è più. È la scelta – tra quelli possibili – di un futuro da orientare secondo i valori in cui si crede: per noi, eguaglianza, diritti, partecipazione democratica. Bisogna fare di più, nella capacità di mobilitare, spiegare, convincere.
In senato la maggioranza di destra vuole arrivare al voto finale in tempi brevissimi. Lo scenario delle riforme rimane quello della competizione tra
Leggi tutto: Progetto pericoloso, ma riflettiamo sulle piazze vuote - di Massimo Villone
Commenta (0 Commenti)Al suo primo test dopo il 2016 Donald Trump stravince come e più del previsto, stacca di 30 punti il suo clone DeSantis e ancora di più l’unica anti-trumpista del mazzo repubblicano, Nikki Haley. The Donald è tornato, ma non se n’era mai andato. E sono dolori per tutti
RIECCOLO. La sconfitta è Nikki Haley che sperava nel secondo posto, andato al governatore DeSantis
Alle primarie repubblicane dell’Iowa Donald Trump ha vinto, e ha proprio vinto tutto: non solo ha rispettato la soglia psicologica dello stare sopra il 50%, ma ha distaccato di 30 punti non la candidata che si era presentata come la sua alternativa, Nikki Haley, ma Ron De Santis, il candidato che è una sua copia che cerca di superarlo a destra. E questo risultato l’ha raggiunto facendo in tutto 7- 8 eventi in Iowa, al confronto di De Santis che negli ultimi mesi sembrava aver spostato lì la propria residenza , visto che ha passato più tempo nello stato del nord che nella soleggiata Florida.
Trump ha vinto almeno 20 dei 40 delegati dell’Iowa, con più del 50% dei voti. Si tratta del margine di vittoria più ampio nello stato dal 1988. Come se non bastasse, dopo la sua vittoria un altro candidato, Vivek Ramaswamy, ha sospeso la campagna elettorale e dato l’endorsement a Trump, consegnandogli il suo 7% di preferenze.
IN RISPOSTA alla vittoria di Trump, il presidente Joe Biden ha dichiarato: «Il punto è questo: le elezioni vedranno me e voi contro i repubblicani estremisti Maga (Make America Great Again, come da slogan di Trump ndr). Era vero ieri e sarà vero domani». In effetti questa è stata una vittoria più che annunciata e anticipata da mesi di sondaggi favorevoli che davano Trump in testa a tutti: un commentatore politico statunitense, nei giorni del voto in Iowa, ha più volte ripetuto che
Leggi tutto: «Vittoria lampo» di Trump in Iowa. Il partito è suo - di Marina Catucci, DES MOINES
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