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BRUXELLES. Accordo tra Socialisti, Ppe, Verdi e Sinistra. Scatenata la Lega: «Eurofollia turboambientalista, una patrimoniale mascherata». Favorevoli i 5S che chiedono maggiori risorse agli Stati per la transizione ecologica
 Impianto fotovoltaico

Case green, via libera ieri dalla Commissione industria, ricerca ed energia del Parlamento Ue alla proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici. Il passaggio in plenaria a marzo, quindi i negoziati con il Consiglio. L’obiettivo è ridurre il consumo di energia e le emissioni di gas serra entro il 2030, rendendole climaticamente neutre entro il 2050. Gli edifici residenziali dovranno raggiungere una classe energetica minima di tipo E entro il 2030 e D entro il 2033. Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030; impianti solari sui nuovi tetti entro il 2028; eliminazione dei combustibili fossili negli edifici entro il 2035 (o il 2040).

Il testo approvato è un compromesso con target ambiziosi ma più flessibilità e tempi più diluiti. I piani nazionali di ristrutturazione dovrebbero includere misure per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti: le misure finanziarie dovrebbero fornire un premio importante per ristrutturazioni profonde più sussidi mirati per le famiglie vulnerabili. I monumenti sarebbero esclusi dalle nuove regole, mentre i paesi Ue potrebbero decidere di escludere anche gli edifici protetti da vincoli architettonici o storici, gli edifici tecnici e i luoghi di culto, gli alloggi pubblici sociali.

La proposta è passata con 46 sì, 18 no e 6 astenuti: a favore Socialisti e democratici, Verdi e Sinistra. La maggior parte degli europarlamentari di Renew (a cui aderisce Azione – Italia viva) hanno votato sì ma con due voti contrari e tre astenuti. Anche il Ppe (a cui aderisce Forza Italia) si è diviso: 13 sì, 5 no. I partiti della maggioranza di governo (FdI, Lega e Fi) si sono schierati sul fronte contrario. Non una novità visto che in Italia stanno accompagnando il Superbonus verso la graduale dismissione. Tra i primi a tirare il freno a mano, ieri, il ministro forzista dell’Ambiente Pichetto Fratin: «La realtà italiana ha una caratteristica che la differenzia rispetto all’Europa dove non c’è la microproprietà, da noi non è un Spa che deve fare la ristrutturazione. La trattativa si riaprirà a livello degli Stati».

Scatenata la Lega: «La maggioranza del Parlamento europeo guidata dalla sinistra confeziona uno schiaffo alle imprese, ai lavoratori e alle famiglie italiane. L’Italia faccia squadra per fermare questa eurofollia turboambientalista». E Salvini: «Una patrimoniale mascherata. Pd e M5s hanno votato contro l’interesse degli italiani. Che vergogna». Da Fi Massimiliano Salini: «Abbiamo espresso voto contrario a causa delle troppe incertezze. Chiederemo di emendare la proposta contro gli estremismi ideologici ultra green del testo iniziale». E FdI con Lucrezia Mantovani: «La casa non si può toccare, il diritto europeo non considera le peculiarità degli Stati e del loro tessuto sociale e urbano». Azione – Iv sulla linea dell’astensione: «Direttiva irrealizzabile nei modi e nei tempi» il commento di Raffaella Paita.

Dal lato opposto, il verde Angelo Bonelli: «La destra dice no a tutto per difendere privilegi, in questo caso delle lobby delle energie fossili: le abitazioni a uso civile in Italia hanno consumato, dati 2021, 22 miliardi di metri cubi di gas, più 50% rispetto alla media Ue. Il governo Meloni ha smantellato il sistema degli ecobonus e del superbonus ed è contrario all’innovazione». Sulla notizia è balzato Giuseppe Conte: «M5S continuerà a battersi in Parlamento per il Superbonus, di attualità anche in Europa dove si lavora a una direttiva per le case green. L’efficientamento è più che mai attuale».

La capodelegazione 5S in Ue Tiziana Beghin: «Il testo chiede la creazione di un fondo dedicato, Energy performance renovation fund, che andrebbe a sostenere gli Stati per centrare gli obiettivi. Esistono già una serie di fondi, compresi quelli di coesione, il Recovery Fund e il Fondo sociale per il clima ma, per rendere la transizione davvero equa per tutti, i governi devono avere maggiori risorse». Sul tavolo la richiesta di esentare dal Patto di stabilità i finanziamenti volti ad ammodernare il parco edilizio e i crediti d’imposta come il Superbonus

 
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A un anno dall’invasione, senza spiragli di pace, Volodymyr Zelensky interviene al Parlamento e al Consiglio europei. È giornata nera, invece, per Meloni: esclusa dal vertice Macron-Sholz, niente bilaterale con il presidente ucraino, e a mani vuote anche sui migranti

BILATERALE A BRUXELLES. La premier all’attacco per il mancato invito all’Eliseo con Scholz. Il presidente francese la gela

 Giorgia Meloni a Bruxelles in attesa dell’inizio del Consiglio europeo - Ap

Doppio sgarbo, umiliazione su umiliazione. Prima l’estromissione dalla cena dei grandi, quella di mercoledì sera all’Eliseo. Poi il bilaterale a Bruxelles saltato all’ultimo momento, sostituito da un incontro di gruppo di Zelensky con altri sei capi di governo, al termine del quale il presidente ucraino e la premier italiana si sono solo intrattenuti faccia a faccia per alcuni minuti. Per Meloni una giornata nerissima.

Non è stato aggiunto alcun posto a tavola per la cena a tre dell’Eliseo di mercoledì sera, ospite Macron, illustri invitati Scholz e Zelenszy, Cenerentola di turno Giorgia l’Underdog: un’improvvisata che ha colto l’Italia di sorpresa e mandato fuori dai gangheri la premier. Tanto da farla contravvenire a un dogma della

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IL LIMITE IGNOTO. Dal premier britannico Sunak, per ora, il presidente ucraino incassa un «niente è escluso». E oggi vede Macron e Scholz. A stretto giro la reazione di Mosca: «Conseguenze militari e politiche per l’Europa e il mondo intero»

 L'incontro tra Volodymyr Zelenskyy e re Carlo a Londra - Ap/Aaron Chown

«Vinceremo la guerra«, ha detto ieri nella Hall di Westminster il presidente ucraino, il leonino Volodymyr Zelensky. «Abbiamo la libertà, dateci le ali per proteggerla», ha poi aggiunto nel corso del suo appassionato – e spettacolare in tutti i sensi – intervento davanti al parlamento britannico riunito in una sessione congiunta, in estasi e a un passo dal chiedergli l’autografo. Avrebbe poi incontrato re Carlo terzo e i piloti di jet da combattimento e marines ucraini addestrati dalla Raf.

LA FRASE  sulla libertà alata era anche scritta sul casco di un asso dell’aviazione ucraina che Zelensky ha donato al presidente della Camera dei Comuni, Lindsay Hoyle. Avviluppata nell’infiorescenza poetica, la richiesta nuda e quasi brutale pronunciata del resto ormai infinite volte: «Dateci gli aerei». E reiterata ancora in previsione del suo successivo incontro con il re, che in gioventù aveva fatto il pilota di elicotteri. «Il re è un pilota dell’Air Force: ebbene, oggi, in Ucraina, ogni pilota dell’Air Force è un re».

Nessun dubbio circa l’operazione simbolica del Churchill ucraino che parla ai successori del Churchill inglese, la Kiev sotto attacco russo alla Londra del Blitz: «Il Regno unito sta marciando con noi verso la vittoria più importante della nostra vita. Sarà una vittoria sull’idea stessa della guerra», ha detto Zelensky nella sua ormai classica mise militare.

E poi, riferendosi alla sua prima visita ufficiale dopo la sua elezione: «Lasciando il parlamento britannico due anni fa, vi ho ringraziato per il delizioso tè inglese. Oggi lo faccio ringraziando tutti voi in anticipo per i potenti aerei inglesi (sic)».

Zelensky si è poi lasciato sommergere dagli applausi nella stessa sala dove era stato esposto il feretro della monarca defunta. Mentre scriviamo è appena atterrato a Parigi dove incontrerà Emmanuel Macron e Olaf Scholz.

«Niente è escluso», gli avrebbe risposto indirettamente più tardi – nella conferenza stampa conclusiva pomeridiana in Dorset, davanti a un carrarmato come quelli già inviati da Londra – il primo ministro britannico Sunak, riferendosi naturalmente agli aiuti militari. Quanto agli aerei invocati dal presidente ucraino e causa precipua del suo tour europeo alla temuta vigilia di quella che si annuncia come una massiccia offensiva russa a ridosso del primo – umiliante per Mosca – anniversario dell’invasione, rimangono «parte della conversazione».

IN PRECEDENZA, lo stesso Sunak aveva detto ai parlamentari che il suo governo voleva vedere l’Ucraina raggiungere una «vittoria militare decisiva» quest’anno. Unica stecca di una dimostrazione altrimenti impeccabile di accordo e alleanza la domanda della corrispondente ucraina della Bbc, che ha chiesto a Sunak come mai Londra non abbia ancora inferto un colpo mortale al riciclaggio di fiumi di denaro oligarchico che ancora scorrono nei caveau londinesi.

Poco dopo la fine della conferenza stampa, l’immediata replica di Mosca. L’ambasciata russa a Londra metteva in guardia il governo britannico dall’inviare aerei da combattimento in Ucraina: ciò avrebbe «conseguenze militari e politiche per il continente europeo e il mondo intero».

La dichiarazione di Sunak sull’illimitato credito militare a Kiev sembra quanto mai prevedibile visto il contesto in cui era espressa, ma anche in sostanziale coerenza con la linea di Londra di sostegno militare incondizionato agli ucraini già all’indomani dell’inizio dell’«operazione militare speciale», come Mosca chiamava l’invasione quando ancora lo stato maggiore russo la credeva una passeggiata.

Il Regno unito è il primo alleato occidentale ad aver offerto addestramento a piloti ucraini su velivoli standard della Nato, mossa che arriva dopo aver offerto carri armati Challenger il mese scorso davanti a Stati uniti e Germania. Il governo proprio ieri annunciava nuove sanzioni a otto individui e un’organizzazione collegati a «nefaste reti finanziarie che aiutano a mantenere ricchezza e potere tra le élite del Cremlino», ha detto il governo britannico in una nota.

ANCHE PER QUESTO nel suo discorso a Westminster, rivolgendosi direttamente all’ex premier Boris Johnson, Zelensky lo ha elogiato per aver unito gli altri paesi europei dietro l’Ucraina quando sembrava «assolutamente impossibile» riuscirci (Johnson fu il primo leader di un paese straniero a visitare Kiev, il 9 aprile 2022 la prima visita di tre). Ora Macron e Scholz, che lo incontrano oggi a Parigi potranno solo cercare di dimostrarsi altrettanto militarmente generosi, assicurando un protrarsi incredibilmente pericoloso del conflitto.

Quella di ieri a Londra era la prima visita di Zelensky nel Regno unito da quando la Russia ha invaso il suo paese e il suo secondo viaggio internazionale dall’inizio della guerra. La prima era stata… negli Stati uniti. La giornata è stata a dir poco vorticosa. Atterrato al mattino a Stansted in un velivolo della Royal air Force, dove è stato accolto da Sunak, Zelensky ha parlato a Westminster, visitato re Carlo terzo a Buckingham Palace e omaggiato i suoi soldati, sempre in felpa

 

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Ormai 12mila le vittime del sisma in Anatolia, Erdogan si presenta sulle macerie, chiede unità ma blocca i social. Ha resistito a crisi, inflazione e corruzione, ma le case che crollano in un istante lo mettono davvero in difficoltà, cresce la rabbia dei turchi (e dei siriani)

Un appello di aiuto del Congresso Nazionale del Kurdistan

SIRIA/TERREMOTO. Intervista a padre Haroutioun. «Facciamo la nostra parte per aiutare chi ha perduto tutto ma non basta. Senza la fine delle sanzioni non sarà possibile fare di più per la popolazione»

 La torre del castello di Aleppo - Haroutioun

Aleppo città martire, colpita da bombardamenti durante la guerra in Siria e ora devastata delle tre scosse di terremoto che hanno ucciso migliaia di persone e distrutto decine di migliaia di edifici nella Turchia meridionale e nel nord-ovest della Siria. La popolazione della seconda città siriana per importanza, nota per la sua bellezza e una lunga storia, lotta per sopravvivere e superare questa nuova dura prova. Accanto alle Ong e alle autorità locali, anche le Chiese cristiane partecipano all’assistenza degli abitanti gettati dal sisma nella disperazione. Ad Aleppo è presente anche il nunzio apostolico in Siria, il cardinale Mario Zenari. Ieri abbiamo raggiunto al telefono ad Aleppo padre Haroutioun, un francescano impegnato negli aiuti ai terremotati, per avere un quadro della situazione

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INTERVISTA AL SEGRETARIO FILLEA CGIL. A Modena parte il congresso: «Ottenuti risultati importanti che la destra vuole cancellare su appalti, sicurezza e bonus 110%»

 Il segretario generale della Fillea Cgil Alessandro Genovesi davanti a storici cartelli di lotta sindacale

Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, oggi comincia a Modena la tre giorni del vostro congresso nazionale, come ci arrivate?
Con circa 100 mila lavoratori che hanno votato al 99% la mozione di maggioranza “Il lavoro crea il futuro”. Soprattutto arriviamo con una serie di positivi risultati, contrattuali e normativi: dal Durc di Congruità alla parità di trattamento e contratto nazionale tra lavoratori in appalto e sub appalto, dall’obbligo di applicare i contratti edili se vuoi gli incentivi pubblici al rilancio delle nostre Casse e scuole fino alle norme contro il sotto inquadramento. Conquiste che vanno praticate diffusamente, anche per difenderle meglio. Nei settori dei materiali abbiamo avuto buoni risultati soprattutto salariali, anche se l’alta inflazione se li sta mangiando. Molto rimane però da fare per una categoria al centro della transizione energetica, della trasformazione urbana, della realizzazione del Pnrr, in settori dove convivono imprese di qualità e caporali, innovazione e sfruttamento.

Il governo Meloni e in particolare il ministro Salvini hanno come priorità la modifica del Codice degli appalti. Le semplificazioni annunciate comportano rischi per la sicurezza e i diritti in cantiere?
I rischi sono legati alla liberalizzazione dei livelli di subappalto (oggi è permesso solo un livello di subappalto) e all’aumento degli affidamenti senza gara. Perché sarà più difficile per tutti far applicare concretamente le tutele conquistate e verificarle e perché così incoraggeremo ulteriormente il nanismo aziendale e la frammentazione nei cantieri, con tutti i rischi sulla sicurezza che ne derivano. Inoltre tra affidamenti senza gara e sub appalti infiniti i rischi di infiltrazione criminale aumenteranno. I problemi sono altri: qualificare le stazioni appaltanti, ridurre i tempi amministrativi. Insomma dobbiamo spendere presto ma anche bene, qualificando di più lavoro e imprese.

Anche nel 2022 si è superata la quota di 1.000 morti sul lavoro, nonostante le assunzioni di ispettori e le nuove norme. Nel frattempo Meloni ha liquidato il presidente dell’Itl Bruno Giordano.
I morti sul lavoro non sono frutto del caso ma di pessima organizzazione, orari e ritmi massacranti, violazione dei contratti, anziani sulle impalcature o nei magazzini, migranti sfruttati. Le norme ci sono così come i meccanismi premiali, ma serve anche “il bastone”, cioè il presidio del territorio. Giordano lo aveva capito bene. Confido che ciò che sta funzionando sia mantenuto e implementato.

«In Cgil serve essere ancora più uniti con Cisl e Uil per affrontare la riconversione ambientale e digitale senza lasciare nessun lavoratore indietro»

La polemica sui costi eccessivi del Bonus 110% si porta dietro effetti negativi sulle imprese e sull’occupazione e anche sull’ambiente: qual è la vostra posizione?
Se vogliamo centrare gli obiettivi Onu e Ue su risparmio energetico e riduzione di Co2 servono incentivi strutturali e che durino nel tempo. Poi la percentuale massima (il 100%) e la cessione del credito vanno destinate a condomini e redditi più bassi. Se prima la misura aveva il limite che dava tutto a tutti, ora il governo Meloni, portandola al 90% ma bloccando la cessione del credito (quindi devi anticipare tutto e poi riprendi il 90% in 5-10 anni in detrazioni se hai capienza fiscale) la destina solo ai ricchi. Però sono i redditi più bassi che vivono nelle case più vecchie, energivore e con bollette più care.

Il Pnrr è partito con il freno tirato dei bandi andati deserti per l’aumento dei costi delle materie prime. Nel 2023 le cose miglioreranno?
Se ci sarà un aggiornamento automatico dei prezzi sul modello francese si. Altrimenti il caro materiali, più l’alta inflazione che mangia i salari e scoraggia di più rispetto a lavori pesanti e la mancanza di 150 mila operai e tecnici, bloccheranno il Pnrr. Sia le grandi opere che la rigenerazione urbana. A dimostrazione che i problemi si risolvono investendo di più sul lavoro e i saperi, non svalorizzandoli.

Il congresso nazionale della Cgil a marzo è sostanzialmente unitario. Lei quattro anni fa appoggiava Colla, tanta acqua è passata sotto i ponti del primo sindacato italiano…
Altro che acqua. Tra pandemia, guerra, crisi climatica e inflazione è un uragano. Se poi aggiungiamo i post-fascisti al governo è evidente che l’agenda va riscritta per tutti. Per la Cgil che deve essere ancora più unita, più concentrata sulla contrattazione e che deve fare tutto il possibile per l’unità con Cisl e Uil. Per tutte le parti sociali e le istituzioni che devono insieme affrontare la riconversione ambientale e digitale del nostro apparato produttivo, governare la più grande trasformazione del manifatturiero degli ultimi anni senza lasciare indietro nessuno, anzi creando nuova occupazione, più stabile e di qualità. Il tutto contrastando un’inflazione che mangia salari e capacità di consumo. Altrimenti assisteremo a dismissioni senza precedenti. E quando la gente sta male, tra rabbia e solitudine, tra rassegnazione e populismo soffre la democrazia e si riduce la libertà. Questa la sfida che abbiamo davanti

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CONGRESSI CGIL. Prima giornata del congresso Flai Cgil a Roma. «Il ministro Lollobrigida non ha neanche risposto all'invito, comincia male»

Mininni: sostenibilità  ambientale da contrattare La relazione di Giovanni Mininni al congresso Flai Cgil

«Contrattare la sostenibilità ambientale». È la sfida innovativa lanciata dal segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni nella relazione che ha aperto il VIII congresso della categoria che dal 1988 ha riunito i braccianti con i lavoratori dell’industria agroalimentare.

La tre giorni, aperta dai toccanti interventi delle giovani Samira, originaria dell’Iran, e di Maryam, rifugiata afghana, e dedicata «a tutte le donne uccise per femminicidio», è stata l’occasione per fare il punto dei quasi quattro anni di segreteria di Mininni, eletto per il passaggio di Ivana Galli in segreteria confederale da Maurizio Landini.

Mininni è stato il primo a portare Landini in udienza da papa Francesco per l’impegno della Flai come «sindacato di strada» nella lotta al caporalato e per i diritti dei braccianti migranti il 15 giugno del 2019. Nella sua relazione Mininni («pur non essendo credente») ha più volte citato l’impegno comune con le associazioni cattoliche e la richiesta di papa Francesco «a fare rumore», auspicando una nuova mobilitazione contro la guerra.

Ma il centro del suo discorso, pacato ma fermo, è stato il tema ambientale: «La filiera agroalimentare produce il 36% delle emissioni – ha spiegato Mininni – dobbiamo farcene carico impegnando le imprese a cambiare modo di produzione con energie rinnovabili tramite la contrattazione».

Mininni ha chiesto ai 400 delegati riuniti al Marriot park hotel di Roma di fissare altre due «priorità» nel documento congressuale: «rafforzamento del salario e lotta alla precarietà visto che in agricoltura si sta assottigliando la quota già del solo 10% di contratti a tempo indeterminato».

La situazione nel settore non è semplice. Il contratto nazionale dell’industria alimentare del luglio 2020 è «stato conquistato dopo scioperi e mobilitazioni in piena pandemia con la spaccatura delle organizzazioni datoriali». Tre su 12 non lo hanno mai firmato e ora, in vista del rinnovo, Assica (organizzazione delle aziende delle carni e salumi) chiede un nuovo contratto, appoggiata da Confindustria. «Risponderemo unitariamente con Fai Cisl e Uila (criticati per le loro «autoproclamazioni» su rappresentanza e bilateralità, ndr) alla lettera di disdetta di Confindustria, ma Assica sappia che così di va dritti dritti verso 12 contratti specifici: è inaccettabile perché significa dividere i lavoratori con contratti di serie A e B».

Ultima stoccata per il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Lollobrigida: «Lo abbiamo invitato al congresso e non s’è nemmeno degnato di rispondere. Ce ne faremo una ragione ma così comincia male», avverte Mininni

 

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