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Da Kiev a Gaza C’è sempre il giorno della fake news. L’Europa che porta la pace in Ucraina e persino Trump, il maggiordomo di Netanyahu, che vorrebbe riconoscere lo Stato di Palestina. La Nato […]

Il presidente ucraino Zelensky nel palazzo della Commissione europea Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Bruxelles foto di Omar Havana/Ap

C’è sempre il giorno della fake news. L’Europa che porta la pace in Ucraina e persino Trump, il maggiordomo di Netanyahu, che vorrebbe riconoscere lo Stato di Palestina. La Nato e la Coalizione dei volenterosi continuano «a stare al fianco dell’Ucraina».

Lo ha scritto su X il segretario generale dell’Alleanza atlantica Mark Rutte. Intanto, secondo il Jerusalem Post, che cita fonti diplomatiche di Paesi del Golfo Persico, il presidente statunitense Trump sta pensando di annunciare il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte degli Stati uniti, il più importante alleato di Israele.

Naturalmente è tutto falso.

I volenterosi europei sono un’accolita di capi di governo deboli che non hanno nessun appoggio dell’opinione pubblica, stanca dopo tre anni di guerra inutile in cui Vladimir Putin non ha rovesciato Volodomyr Zelensky, dimostrandosi uno stratega incapace, e migliaia di russi e ucraini sono morti per niente. Quanti? Nessuno del mainstream dell’informazione lo sa dire. E già solo per questo si sono squalificati davanti a tutti.

Se non sai neppure definire i rapporti di forza in campo significa che hai completamente fallito il tuo compito di informare. Era già accaduto nella guerra del Vietnam, cinque decenni fa, quando gli americani scappavano dal tetto dell’ambasciata americana. Bastava allora, per sapere e capire, leggere le cronache di Aldo Natoli sul manifesto.

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Per non parlare della Palestina. Ma davvero crediamo che Trump possa riconoscerla? Se mai accadesse sarebbe un colpo fatale alla geopolitica statunitense e atlantica. In questi decenni gli Stati uniti si sono legati allo Stato ebraico mani e piedi, al punto che oggi abbiamo un complesso militar-industriale israelo-americano. Paesi, nominalmente sovrani come l’Italia, si sono consegnati a Israele: basti pensare che la nostra cybersecurity è stata appaltata l’8 marzo 2023 a Netanyahu.

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Ma c’è dell’altro. Oggi in Europa e in Italia è impossibile criticare il massacro di Gaza senza essere accusati di antisemitismo. Se davvero Trump ci liberasse dalla gabbia in cui ci ha messo il potere saremmo tutti felici.

Ma c’è sempre un problema. Liberare i popoli e le nazioni vuol dire liberarsi dall’ingiustizia. E la domanda non è solo rivolta ai capi di stato e di governo. È una questione che riguarda noi stessi come individui e come collettività. Siamo disposti a perseguire la via della giustizia?

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La giustizia, scriveva Hannah Arendt, è un concetto fondamentale nella vita politica e sociale, strettamente legato alla libertà e al diritto di avere diritti. Non è un mero concetto astratto, ma un’esperienza politica concreta che richiede la capacità di agire e di prendere posizione. E oggi tutti noi, tutti i giorni, siamo chiamati a questo: a prendere posizione e ad agire contro l’ingiustizia. È il nostro maggiore impegno come esseri viventi, per non essere vittime inconsapevoli delle fake news.