HAMAS/ISRAELE. Biden e i leader di tutto il mondo plaudono - tranne l’Onu che grida: «Non basta» -, ma per chi non l’avesse capito, piuttosto che agli albori della fine della guerra questa continua, anzi deve continuare
Finalmente, era l’ora dello scambio. Una boccata di speranza per le famiglie dei rapiti israeliani e una boccata di ossigeno per milioni di palestinesi tra le macerie dei bombardamenti israeliani, a Gaza e in Cisgiordania. Secondo gli annunci ufficiali, dovrebbero essere rilasciate a partire da oggi circa 50 donne e bambini sequestrati da Hamas in cambio di 150 donne e minori palestinesi dalle carceri israeliane.
E ci dovrebbe essere un cessate il fuoco per 4 giorni. Usiamo il condizionale perché le parole del ministro degli esteri israeliano Eli Cohen di ieri aprono una voragine interpretativa: Israele non si è impegnato ad un ‘«cessate il fuoco’», bensì ad ‘«una pausa di 4 giorni…Il significato del ‘cessate il fuoco’ – ha dichiarato – è che dopo il fuoco non c’è una sua ripresa. Noi parliamo invece di una pausa, in cui scopo è la liberazione di ostaggi. Sono due concetti del tutto diversi. La differenza è enorme’».
Insomma, Biden e i leader di tutto il mondo plaudono – tranne l’Onu che grida: «Non basta» -, ma per chi non l’avesse capito, piuttosto che agli albori della fine della guerra questa continua, anzi deve continuare. Con che modalità, è chiaro in modo atroce a tutti. E come spesso accade per i conflitti armati, il commento più chiaro è arrivato dalle parole di papa Francesco che ieri ricevendo sia la delegazione israeliana di familiari degli ostaggi che quella dei palestinesi, ha detto chiaro e tondo: «Loro soffrono tanto e ho sentito come soffrono ambedue. Le guerre fanno questo ma qui siamo andati oltre alle guerre. Questa non è guerra, questo è terrorismo».
Il terrorismo di Hamas è stato l’eccidio di 1.400 persone, per la gran parte civili comprese donne e bambini in un giorno, il 7 ottobre, su cui tutti concordano, ma c’è anche il terrorismo del governo israeliano durato 46 giorni contro milioni di palestinesi a Gaza e quello dell’esercito israeliano e dei coloni in Cisgiordania, che nella sola Striscia ha fatto più 14mila morti, di cui circa 5mila bambini. Era questa la risposta «adeguata per il diritto d’Israele a difendersi»? No, perché la conta delle vittime non è ancora finita, la guerra continuerà dopo lo scambio.
Francesca Albanese: «La politica è inerte di fronte a un’istanza di pulizia etnica»
Provate a mettervi dal punto di vista delle decine di palestinesi uccisi già ieri, nei campi profughi a Gaza e nei Territori occupati, a poche ore dall’annunciato scambio, o di quelli che
Leggi tutto: Lo «scambio» non ferma il terrore - di Tomaso Di Francesco
Commenta (0 Commenti)Breve pausa nei bombardamenti, scambio di 150 prigionieri palestinesi per 50 ostaggi israeliani in mano ad Hamas. Il governo di Tel Aviv spinto all’accordo dalle pressioni esterne e dalle proteste interne. Ma l’ultradestra è contraria e «la guerra continua»
ORA DI SCAMBIARE. 150 prigionieri palestinesi per 50 israeliani in mano ad Hamas e qualche giorno senza bombe per la popolazione di Gaza
«Voglio essere chiaro: siamo in guerra, continueremo la guerra fino a quando raggiungeremo i nostri obiettivi. Distruggeremo Hamas». Il primo ministro Netanyahu, in attesa che il suo governo votasse l’accordo di scambio con Hamas ha tenuto a precisare l’ovvio: pausa nei bombardamenti non significa fine dei bombardamenti.
Ma la pressione esterna (gli Stati uniti) e quella interna (le famiglie degli ostaggi e un pezzo consistente di società israeliana) lo hanno costretto a piegarsi, anche solo per pochi giorni. A dimostrazione che con Hamas si può parlare.
DOPO UN POMERIGGIO di vertici politici, mentre andiamo in stampa, l’annuncio ufficiale non era ancora giunto. L’opposizione di un pezzo di maggioranza israeliana – l’ultradestra di Sionismo religioso del ministro Smotrich e di Potere ebraico del ministro Ben Gvir, convinti che ora Hamas alzerà la posta – non sembrava però in grado di impedire lo scambio sostenuto anche dai servizi segreti israeliani. E dagli Stati uniti che da giorni davano l’intesa per imminente.
Gaza avrà un po’ di respiro, da tre a cinque giorni di tregua e un maggior flusso di aiuti umanitari in ingresso. Ce l’avranno anche i cinquanta ostaggi (trenta bambini e venti donne) che Hamas libererà a un ritmo di dodici al giorno. Ce l’avranno, forse, i 150 prigionieri politici palestinesi che verranno rilasciati, tutti minori e donne: del loro destino non ci sono dettagli, se saranno portati a Gaza o in Cisgiordania, e se passeranno indenni
Leggi tutto: Tregua per ostaggi, ecco l’accordo. Ma l’attacco continua - di Chiara Cruciati
Commenta (0 Commenti)ISRAELE/PALESTINA. Intervista alla relatrice speciale dell'Onu per la situazione nei Territori occupati palestinesi: «Registriamo un intento eliminatorio molto forte: al cuore sta il legame tra l’intenzione dichiarata dal governo israeliano e la capacità di portare a termine quell’intenzione. Le Nazioni unite vivono il momento peggiore della loro storia: non riescono ad assumere decisioni"
Francesca Albanese - EPA/SALVATORE DI NOLFI
Francesca Albanese, relatrice speciale Onu sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, nell’ultimo comunicato dei relatori speciali, gli esperti indipendenti e i gruppi di lavoro Onu si parla di crescente incitamento al genocidio nella Striscia di Gaza. Quali elementi dimostrano intenzioni genocidarie da parte di Israele?
In comunicati precedenti abbiamo parlato di grave rischio di genocidio, nell’ultimo di un genocidio in divenire. Ai sensi della Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, deve essere presente «l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso», attraverso atti come uccisione e lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo e il sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale. L’intento di distruggere un gruppo in tutto o in parte si evince dai comunicati e dalle politiche e dalla connessione tra ciò che dicono i leader e ciò che fanno gli esecutori materiali, ovvero i soldati. Elementi sono le dichiarazioni dei militari sul campo che dicono di avere l’ordine di distruggere, scacciare e colonizzare, dei rappresentanti del governo che dicono che i palestinesi sono tutti terroristi o tutti animali e quindi devono pagare, ma soprattutto l’intenzione dichiarata dello sfollamento da nord a sud e poi da est a ovest. C’è un intento eliminatorio molto forte. Al cuore sta il legame tra l’intenzione dichiarata e la capacità di portare a termine quell’intenzione.
Le violazioni del diritto internazionale in corso a Gaza sono state denunciate a più riprese dalle Nazioni unite e dalle loro agenzie. Per questo l’Onu sta subendo una delegittimazione molto pericolosa. Quali saranno gli effetti di questa campagna di indebolimento del diritto internazionale e delle sue istituzioni?
Credo che le Nazioni unite stiano vivendo il momento peggiore della loro storia, una crisi apocalittica dal punto di vista politico perché l’organizzazione non riesce ad assumere decisioni politiche. Dopo 40 giorni di bombardamenti a tappeto su Gaza ancora non si riesce a chiedere all’unisono un cessate il fuoco. Si parla di pause umanitarie per far respirare un po’ le
Commenta (0 Commenti)Sessanta chilometri da Tel Aviv a Gerusalemme per i 239 ostaggi israeliani. La marcia arriva davanti alla residenza di Netanyahu per chiederne il rilascio, ma il premier non c’è e non ha nessuna intenzione di trattare: «Quando ci sarà qualcosa da dire vi aggiorneremo»
IL FRONTE INTERNO. Arriva a Gerusalemme la Marcia per gli ostaggi, rassicurazioni dal gabinetto di guerra, Netanyahu promette un colloquio lunedì. Altre proteste si tengono, come ogni sabato sera, in varie località del Paese
La marcia per gli ostaggi partita arriva Gerusalemme davanti alla residenza di Netanyahu - foto Ansa
Dopo che alle 18 sono suonate nuovamente le sirene, venerdì sera le vie di Tel Aviv sono quasi deserte. Un gruppo di giovani appena usciti dalla sinagoga conversa mentre si affretta a tornare a casa per la cena del sabato. «Non si può sacrificare un intero paese per 240 persone» dice M., israeliano sulla trentina che chiede di rimanere anonimo. «La priorità assoluta è quella di indebolire al massimo Hamas e assumere il controllo di Gaza, certamente speriamo di avere l’opportunità di riportare a casa anche gli ostaggi. Poi per garantire la sicurezza bisognerà cambiare linea e diventare più duri anche in Cisgiordania». Accanto a lui alcuni ragazzi di origine europea: «Abbiamo votato Netanyahu perché era l’unica opzione, ci ha delusi ma non dobbiamo farci confondere dalla complessità della situazione, siamo la generazione che precede l’arrivo del Messia». «Per me Israele non sarà sicura finché ci saranno gli arabi» dice una ragazza con l’accento francese. «Ti sbagli io sono di Haifa e a scuola molti dei miei migliori amici erano arabi» risponde un addetto alla sicurezza. «Gli arabi israeliani sono un’altra cosa» aggiunge M., «ma anche loro dovranno scegliere da che parte stare».
POCHE ORE DOPO si è tenuta sul lungo mare di Tel Aviv vicino a Yafo la prima manifestazione congiunta organizzata dal partito misto Hadash che, seppure con grande fatica, ha ottenuto il permesso della polizia. I partecipanti sono alcune decine, chiedono la pace e il cessate il fuoco in nome di un futuro condiviso come unica forma di convivenza possibile. Un uomo sulla sessantina sostiene che «affinché le cose cambino è necessaria la pressione esterna perché la maggior parte degli israeliani non sono consapevoli di quel che avviene a Gaza». A pochi metri gridano infervorati alcuni estremisti di destra che
Commenta (0 Commenti)«Siamo noi la maggioranza». Piazze piene a Roma e in tutto il centro Italia nel primo giorno di sciopero generale di Cgil e Uil contro la manovra e un’idea autoritaria di governo. Adesione oltre il 70% anche in risposta agli attacchi di Salvini. «Ci ascoltino o non ci fermeremo»
IL PIANO MATTEO. Un successo lo sciopero generale. Piazza del Popolo e le altre del centro gremite «come non succedeva da molti anni». Il ministro Salvini è il più evocato: tanti cartelli con titolo del manifesto «Precetto la qualunque»
Piazza del Popolo a Roma gremita per lo sciopero generale di Cgil e Uil - Foto di Adreas Solaro
Finita la manifestazione a piazza del Popolo, parte della folla si dirige verso la stazione della metro A di Flaminio, che si trova a pochi passi. La trova chiusa e si mette in diligente fila, molti con bandiere di Cgil e Uil in mano, in attesa che riapra. È la plastica dimostrazione della riuscita dello sciopero generale di ieri mattina nelle regioni del Centro – «straordinaria adesione oltre al 70%» – e della risposta alla precettazione del ministro Salvini che ha dimezzato a sole quattro ore nel settore dei trasporti.
Alcuni di quei lavoratori erano in piazza e una delegazione è salita perfino sul palco con lo striscione improvvisato «Lavoratori trasporti precettati» con lo spray rosso, applauditissimo dai 60 mila che riempivano la piazza come un uovo, metà rosso Cgil e metà azzurro-ciano Uil.
MATTEO SALVINI IN PIAZZA C’ERA eccome. Era presente nella maggioranza dei cartelli, parecchi con la prima pagina del manifesto di mercoledì col titolo «Precetto la qualunque». Ed è stato evocato in tutti gli interventi, specie da Pierpaolo Bombardieri mentre Maurizio Landini ha evitato – come fa sempre – di pronunciare il suo nome.
La piazza era la stessa di due anni fa quando Cgil e Uil scioperarono contro la manovra del governo Draghi, sebbene ieri fosse ancora più gremita e dominata dalla scritta “Pace” su sfondo arcobaleno sostenuta dai palloncini.
PER IL TERZO ANNO CONSECUTIVO la Cisl non fa parte della compagnia, ma nessuno ne ha sentito la mancanza o ne ha fatto cenno diretto, quasi fosse un’abitudine. E anche questa è
Commenta (0 Commenti)