Un coraggio del genere. «Vogliamo diritti e libertà». «No, il vostro posto è a casa». A rischio anche l’istruzione. E nel Panjshir s’intensificano i combattimenti
Donne in protesta a Kabul © LaPresse
«Diritti e libertà», gridano le donne a Kabul. «Il vostro posto è a casa», replicano i Talebani. Ieri a Kabul si è tenuta un’altra dimostrazione di donne, dopo quella del giorno prima a Herat. Coraggiosamente, pubblicamente, rivendicavano diritti, lavoro, libertà, educazione, in una città in cui cambia anche il paesaggio urbano: cominciano a sparire i graffiti del gruppo ArtLords, sostituiti dagli ammonimenti di mullah Haibatullah Akhundzada: «Non seguite la propaganda del nemico». Mentre i turbanti neri sostengono di aver conquistato anche l’ultimo territorio, la valle del Panjshir, anche se i protagonisti della resistenza, Amrullah Saleh e Ahmad Massud, negano.
SI È APERTA DUNQUE con una dimostrazione di coraggio la giornata di ieri a Kabul, dove in molti attendevano l’annuncio del nuovo governo, che ancora non c’è: problemi di incarichi, dissidi interni, mormora più di uno. Per le vie della capitale hanno manifestato una ventina di donne. Poche, ma coraggiose. Scandivano slogan chiari: ci siamo, facciamo parte del Paese, vogliamo studiare, lavorare, partecipare, far sentire la nostra voce. La manifestazione è stata interrotta, di fronte al ministero delle Finanze, da un paio di militanti islamisti. Intervenuti con le maniere forti. «Tornatevene a casa, non è il vostro posto, qui».
LA PROTESTA SEGUE quella che due giorni fa si è tenuta a Herat,
Leggi tutto: Le donne protestano e gli uomini fanno la guerra - di Giuliano Battiston
Commenta (0 Commenti)Tomaso Montanari. Tra strumentalizzazioni di opinioni e falsità conclamate, l'agire di un intellettuale critico come Tomaso Montanari ha scatenato una gazzarra a tratti grottesca ma rappresentativa ed inquietante del presente e del futuro dell'eredità della Resistenza nella Repubblica
Nel giugno del 1953, per la prima volta dalla fine della guerra, si formò il gruppo dei deputati del Msi in Parlamento. Fu allora che Piero Calamandrei dedicò a donne e uomini della Resistenza una sua celebre ode che li invitava a «non rammaricarsi se nell’aula ove fu giurata la Costituzione murata col vostro sangue sono tornati i fantasmi della vergogna». Per il padre costituente era bene che i fascisti fossero «esposti «perché tutto il popolo riconosca i loro volti e si ricordi».
Difficilmente avrebbe immaginato che oggi riconoscere quei fantasmi potesse rovesciare impunemente il senso di quella storia.
Così tra strumentalizzazioni di opinioni e falsità conclamate, l’agire di un intellettuale critico come Tomaso Montanari ha scatenato una gazzarra a tratti grottesca ma rappresentativa ed inquietante del presente e del futuro dell’eredità della Resistenza nella Repubblica.
Montanari ha avuto «l’ardire» di
Leggi tutto: Il dito e la luna, le foibe e la memoria del fascismo - di Davide Conti
Commenta (0 Commenti)Presidio dei lavoratori Whirlpool al Mise © LaPresse
Dicono che qualora l’Italia si dotasse di un sistema di protezione dai licenziamenti collettivi per cessata attività, le imprese straniere cesserebbero qualsiasi investimento nel nostro paese. Il ragionamento ha la forza della tautologia, in un contesto viziato da trent’anni di dibattito pubblico orientato nella direzione della massima flessibilità, ovvero precarizzazione, del lavoro, approdato nell’abolizione dell’Articolo 18 (governo Renzi).
Il principio cardine è che l’occupazione possa svilupparsi solo in assenza di tutele. Non esiste naturalmente alcuna evidenza empirica che confermi questo assunto, ma per chi si è formato o conformato ai dogmi del neoliberismo si tratta appunto di un articolo di fede.
Io credo invece che sia sbagliato sempre, ma che diventi addirittura drammatico se
Leggi tutto: Vengo, delocalizzo e scappo. Con l’aiuto del Pnrr pro-imprese - di Giovanni Paglia
Commenta (0 Commenti)L'Afghanistan che verrà. I governi degli eserciti che per due decenni hanno presidiato il campo afghano hanno chiuso, con le ambasciate, le porte della diplomazia. Ma il lavoro politico non si fa via zoom
Fiumicino, atterraggio di uno dei voli di evacuazione dall'Afghanistan © Ap
Ha ragione Lakhdar Brahimi, veterano delle Nazioni unite, che ieri ha detto ad Al Jazeera che l’Onu dovrebbe intensificare gli sforzi diplomatici in Afghanistan: «È tempo – ha detto – di diplomazia». Mentre il dibattito sembra vertere invece solo sulla fuga da Kabul e sulla cattiveria della guerriglia in turbante, riappare la politica e quella parola magica che ne presuppone altre: negoziato, trattativa, dialogo. Ha ragione Lakhdar Brahimi. Ma è solo. O meglio, se l’Onu ha comunque già deciso di non abbandonare il Paese, i governi degli eserciti che per due decenni han presidiato il campo afghano hanno invece chiuso, con le ambasciate, le porte della diplomazia.
ANZICHÉ ESSERE DOVE ORA si dovrebbe trattare, negoziare, accompagnare, le ambasciate occidentali si sono trasferite a casa come se anche il lavoro politico si potesse fare via zoom. In Afghanistan la pandemia si chiamava, oltreché Covid, anche “guerra” e per gestirne la sua (apparente) fine sarebbe necessario essere lì, non certo dall’altra parte del pianeta.
Aiutare chi si sente minacciato è un dovere etico oltreché un atto di solidarietà dovuto ed è dunque necessario che, come da più parti si chiede, il ponte aereo vada avanti sino alla finestra del 31 agosto (che pare sia stata garantita da chi comanda a Kabul) imbarcando tutte le persone in serio pericolo le cui liste sono state inviate al ministero degli Esteri e della Difesa. Ma terminata questa missione emergenziale
Commenta (0 Commenti)Afghanistan . Due obiettivi sono ora importanti: trattare con i Talebani per ottenere canali per l’espatrio e dialogare con Teheran per far passare ai profughi di Kabul la lunga frontiera
Fuga da Kabul © Ap
Vi ricordate uno degli slogan che esprimeva una delle più importanti verità che il movimento ci aveva fatto capire nell’epoca gloriosa del pacifismo, il solo, grande movimento realmente europeo che si sia sviluppato, quello degli anni Ottanta, quello che recitava: ”I patti non si fanno con gli amici ma con i nemici”? Voleva dire no ad Alleanze Atlantiche e invece ricerca di un accordo, o almeno di un compromesso, di un dialogo, con quelli che stiamo combattendo.
Ed era il corollario di un’altra verità: “La guerra è un retaggio medioevale, la politica estera non può più affidarsi alla rozza semplificazione militare”.
So bene che poi nel concreto spesso non è facile applicare queste indicazioni; e infatti in questo stesso scorcio di tempo sono state calpestate. Con i risultati che abbiamo sotto gli occhi, non solo in Afganistan, ma anche in Irak e altrove.
Ripenso a questi slogan in questo momento terribile in cui le conseguenze dell’averli ignorati scorrono drammaticamente sugli schermi televisivi: se si è arrivati a questo è perché si è scelto di dar peso alla Nato a – i nostri “amici” – (e alla loro guerra) e di non tentare neppure di dialogare con chi in Afganistan stava dalla parte dei Talebani. Quello che invece hanno fatto le Ong che si sono impegnate ad aiutare con scuole e ospedali la società civile del paese anziché ad armare le bande di altre fazioni (quella ufficialmente al governo a Kabul, del presidente fuggitivo Ghani, non era molto di più di una fazione, ma una fazione alleata della Nato; e infatti si è dissolta in pochi giorni).
Non vorrei che oggi ci dimenticassimo di quanto abbiamo predicato, e invocassimo il “Mai riconoscere i Talebani” in nome di una radicalità che non è tale, perché è solo una assenza di riflessione. Dire “accordi” coi nemici, non vuol dire riconoscere il governo dei talebani (non l’hanno del resto fatto nemmeno Russia e Cina). Vuol dire cercare di trattare e strappare qualche possibilità di salvare chi ora rischia la vita. In molti casi significa accordarsi per ottenere vie d’uscita dal paese. Se non otteniamo questo non vedo cosa potrebbe servirci, di per sé, l’impegno dei nostri paesi ad accogliere i fuggitivi. Prima, ora, subito, bisogna ottenere canali per l’espatrio. Qualche spazio di trattativa, ancorché limitato, sembra esserci, bisogna profittarne e allargarlo, non chiudersi nella demagogica invocazione ”con i talebani non si tratta”. Se non si tratta, vuol dire che si continua la guerra. E cioè che chiediamo alla Nato di non partire dal paese e di riprendere i combattimenti.
A Doha, nel negoziato promosso da Trump e poi proseguito da tutta la Nato, non c’è stata una trattativa sull’Afganistan, ma solo sulle garanzie a favore dei militari Nato che se ne volevano andare, i soli per i quali è stata espressa preoccupazione dal presidente Biden: ”Riportare a casa i nostri ragazzi!”. E tanto peggio per quelli che vivono in un paese che i nostri ragazzi hanno massacrato in questi 20 anni, in nome della guerra come risolutrice dei conflitti.
C’è un altro obiettivo urgente, che sembra dimenticato e invece è importantissimo: il grosso di chi ha bisogno di scappare dal paese premerà inevitabilmente sulla lunga frontiera con l’Iran. E’ dunque urgente dialogare con il governo di questo paese, che non è nostro amico, per facilitare il passaggio di quella frontiera, non per farci accordi analoghi a quelli con la Turchia, ovviamente. Ma per dialogare bisognerà anche riconoscere le ragioni di Teheran, che patisce un durissimo embargo quando Washington ha deciso che andava punito perché avrebbe violato l’accordo sul nucleare (che non chiede solo ai paesi che non hanno le bombe di non cominciare a farle, ma anche a quelli che le hanno di non continuare a produrle. Come poi è risultato clamorosamente si tratta della stessa pretestuosa bugia che dette il via all’aggressione all’Iraq). Mobilitarsi per “liberare l’Iran”, è la cosa più utile che si possa fare per aiutare ora i profughi afgani. Ogni tempo ha le sue priorità, in questo è prioritario bloccare la ripresa della guerra.
Sono consapevole di rischiare un attacco di tanti che sono da sempre miei compagni di lotta perché può sembrare che quanto dico sia simile a quanto, tatticamente, dice il generale Stolzemberg. Ma sono certa che la vecchia guardia pacifista sarà d’accordo sull’importanza di ricordare sempre che si fanno patti con il nemico e non con gli amici. Con questi, se sono veri amici, non è necessario, perché ci si intende lo stesso. Con la Nato ho i miei dubbi.
Commenta (0 Commenti)Afghanistan. Per Usa e Nato bisognava (e bisogna) esportare la democrazia. Ma i raid aerei non aiutano i civili - migliaia le vittime e più di 5 milioni di profughe/i - ma il mercato delle armi
I talebani «conquistano» Kabul © Ap
Quali altre guerre sbagliate, e che non si possono vincere, ci aspettano, dopo gli inutili bagni di sangue di Afghanistan e Iraq? A Kabul c’è stato “un fallimento epocale finito in maniera umiliante”, titolava il New York Times, quotidiano che ha appoggiato Biden nella campagna elettorale contro Trump. Eppure mai come adesso è vera la frase del grande musicista Frank Zappa: “La politica in Usa è la sezione intrattenimento dell’apparato militar-industriale”. Biden, come in una caricatura hollywoodiana, continuava a sostenere in tv che il potente esercito afghano avrebbe respinto i talebani che stavano già alla periferia di Kabul. Ma il ruolo presidenziale è proprio questo: raccontare bugie, anche insostenibili, e contare gli utili, prima ancora dei morti. Anche le dichiarazioni del segretario di stato Blinken – “abbiamo raggiunto gli obiettivi” – appaiono meno ridicole di quel che sono se viste in questa ottica.
GLI AMERICANI E LA NATO dicono di volere esportare democrazia, in realtà esportano prima di tutto armi: il resto – “nation-building”, diritti umani, diritti delle donne – è un delizioso intrattenimento per far credere che con le cannonate facciamo del bene. Se vuoi aiutare un popolo puoi farlo senza usare i fucili, questo tra l’altro insegnava Gino Strada, vituperato da vivo dagli stessi ipocriti che oggi lo incensano e all’epoca sostenevano le guerre del 2001 e del 2003.
CHI PAGA DAVVERO il prezzo del fallimento e il ritorno dei talebani non sono
Leggi tutto: In Afghanistan il fallimento «mascherato» dell’Occidente - di Alberto Negri
Commenta (0 Commenti)