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Come sinistra e visto i violenti conflitti nel pianeta non sarebbe il caso di farci delle riflessioni?

Anna Colombini, invia questa sollecitazione e posta questo pezzo sul messaggio del Papa

Papa Francesco è tornato a scagliarsi contro le "scandalose spese per gli armamenti", che continuano "mentre tante persone sono prive del necessario per vivere". Il severo richiamo è contenuto nel discorso rivolto questa mattina agli ambasciatori del Burundi, Fiji, Maurizio, Moldavia, Svezia e Tunisia che gli hanno presentato le credenziali. Secondo il Papa, occorre "in ogni circostanza respingere la violenza come metodo di risoluzione dei conflitti e affrontarli invece sempre mediante il dialogo e la trattativa".

"In particolare - ha aggiunto - coloro che ricoprono cariche istituzionali in ambito nazionale o internazionale, sono chiamati ad assumere nella propria coscienza e nell'esercizio delle loro funzioni uno stile non violento, che non è affatto sinonimo di debolezza o di passività ma, al contrario, presuppone forza d'animo, coraggio e capacità di affrontare le questioni e i conflitti con onestà intellettuale, cercando veramente il bene comune prima e più di ogni interesse di parte sia ideologico, sia economico, sia politico".

LA LETTERA AI SINDACI: VI ACCOMPAGNO IN QUESTO MOMENTO DIFFICILE

"Nel secolo scorso, funestato da guerre e genocidi di proporzioni inaudite, possiamo però ricordare - ha sottolineato Francesco - anche esempi luminosi di come la nonviolenza, abbracciata con convinzione e praticata con coerenza, possa ottenere importanti risultati anche sul piano sociale e politico". "Alcune popolazioni, e anche intere nazioni, grazie all'impegno di leader nonviolenti, hanno conquistato - ha tenuto a rimarcare - traguardi di libertà e di giustizia in maniera pacifica". "Questa - ha scandito - è la strada da seguire nel presente e nel futuro".

"Voi - ha detto ancora ai nuovi diplomatici - provenite da regioni del mondo assai distanti e diverse tra loro, e questo fatto costituisce sempre qui, a Roma, un motivo di compiacimento, perchè l'orizzonte della Santa Sede è per sua natura universale, a causa della vocazione e della missione che Dio ha affidato al successore dell'Apostolo Pietro: missione essenzialmente religiosa, che tuttavia assume nella storia anche la dimensione dei rapporti con gli Stati e i loro governanti".

Ai nuovi ambasciatori accreditati il Pontefice ha ricordato che proprio tre giorni fa è stato pubblicato 
il Messaggio per la Giornata Mondiale che ha per tema: "La nonviolenza: stile di una politica per la pace" perchè "in un mondo come quello attuale, purtroppo segnato da guerre e da numerosi conflitti, come pure da una violenza diffusa che si manifesta in diverse forme nella convivenza ordinaria, la scelta della nonviolenza come stile di vita diventa sempre più un'esigenza di responsabilità a tutti i livelli, dall'educazione familiare, all'impegno sociale e civile, fino all'attività politica e alle relazioni internazionali".

 

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Abbiamo assistito impotenti e sgomenti al reinsediamento del governo Renzi senza Renzi.
Più prima Repubblica di così non si può.
Tutto lo staff dei ministri è stato reincaricato, anzi, qualcuno è stato promosso, con l'aggiunta di Lotti, factotum e braccio destro di Renzi, e con due ministeri in più per fare posto a tutti.
Vedi la Boschi che da tutte le televisioni ci ha detto che se non fosse passata la riforma costituzionale sarebbe andata a casa come Renzi, che da ministro delle riforme ha avuto una bocciatura di 60 a 40 e che adesso è segretario unico del presidente del Consiglio per controllare da vicino Paolo Gentiloni, il quale comunque ha già detto che ci sarà continuità con il governo Renzi, così che non faccia mosse sbagliate e tenga in caldo il posto a Renzi quando si sarà rifatto la verginità.
Vedi la Madia alla quale la Corte costituzionale ha bocciato la riforma del pubblico impiego.
Vedi Poletti ministro del Lavoro che sarà ricordato nella storia per i 170.000.000 di voucher con cui vengono pagati i giovani che cercano di arrangiarsi facendo i più svariati lavori con una media di 5 euro l'ora.
Vedi la Beatrice Lorenzin ministra della Sanità, madre del fertility day, che ha fatto più gaffe di un guitto da bagaglino, vedi il volantino con in alto i giovani belli e biondi che incarnavano l'esempio di vita sana e sotto altri giovani che si fanno le canne con tanto di treccine rasta e in mezzo un ragazzo di colore, come esempio da non imitare se vuoi essere fertile e fare tanti figli. Nessun cenno al fatto che le donne che non lavorano sono intorno al 60% e quelle che un lavoro ce l'hanno evitano di fare figli per non essere licenziate.
Vedi Angelino Alfano, ineguagliabile e incommensurabile ministro dell'interno, per contare gli errori clamorosi che ha fatto ci vorrebbe un libro che prima o poi qualcuno scriverà per ricordare a tutti quello che non bisogna tassativamente fare o non fare.
Questa è gente senza pudore, senza faccia, che non ha preso minimamente in considerazione la clamorosa bocciatura che il popolo italiano – sovrano, come dice la nostra Costituzione – gli ha inviato soltanto una settimana fa.
Tutto come se niente fosse accaduto.
Sono saldamente rimasti attaccati alle poltrone. In qualunque altro paese civile si sarebbero dimessi in massa, come è successo solo poco tempo fa in Gran Bretagna. In Italia il politico perde il pelo ma non il vizio. Rottamiamo chi ci ha preceduto, vedi Enrico Letta: “stai sereno” perchè così tocca a noi mungere la mucca.
Del resto la maggior parte di loro, a partire da Renzi, cosa potrebbe fare?
Non hanno mai imparato un lavoro, ricordate l'accorata lettera di Renzi di pochi giorni fa con cui ci racconta che ha perso il lavoro, lo stipendio e il vitalizio e quindi cosa mai gli resta da fare?
Io un suggerimento ce l'avrei: potrebbe andare a fare consegne in bicicletta come fanno centinaia di ragazzi italiani pagati a 5 euro a consegna e comunque devono stare a disposizione anche quando non ci sono consegne da fare e devono pagarsi di tasca la manutenzione della bicicletta. Tanto per parlare di jobs act.
Quando è arrivato a Palazzo Chigi l'hanno immortalato in bicicletta moderno paladino della sobrietà, solo 2 anni dopo si è comprato un aereo di rappresentanza per partecipare da par suo a tutti gli appuntamenti più o meno istituzionali in giro per l'Italia e per il mondo con tanto di codazzo deferente.
Nel suo discorso di dimissioni c'è stata una profusione di miele a favore delle telecamere : “Facciamo tutti i buoni, volemose bene, non pratichiamo vendette”. Come vi ho detto sono disoccupato. Immagino che si rivolgesse a Enrico Letta, a Massimo D’Alema, ai professoroni, ai gufi, alla Cgil, all'Anpi, all'Arci, ai vecchi conservatori che dicono sempre no e chi più ne ha più ne metta.
Non so dove tutto questo ci porterà. Siamo in cima ad un baratro e “questi” come un treno senza freni continuano la loro corsa imperterriti, senza aver fatto una benchè minima riflessione, incapaci di dire “abbiamo sbagliato, cerchiamo di imparare dagli errori”, perchè la parola umiltà non sta scritta nel loro DNA. 

Rita Menichelli

 

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Con questo intervento "a caldo" di Jacopo Lorenzini ci auguriamo che si apra un dibattito sugli scenari che si prospettano dopo il risultato elettorale del primo turno delle amministrative. Gli equilibri politici appaiono fragili e precari e le scadenze sono segnate dall'ormai prossimo referendum costituzionale: un momento di riflessione nell'area della sinistra non sarebbe fuori luogo!!

Chi ha vinto, chi ha perso, chi vincerà e perderà, e l'unica cosa davvero importante.

di Jacopo Lorenzini

Per sapere chi ha vinto queste elezioni amministrative, com'era ampiamente prevedibile, bisognerà aspettare altre due settimane – e toccherà sorbirci altri quattordici giorni di campagne elettorali che fin qui sono state di un grottesco imbarazzante. Ma quello che possiamo sapere già adesso, è chi le ha perse. 
Il problema è che viviamo una realtà virtuale, nella quale i dati non sono dati – o meglio nella quale, a quanto pare, i dati possono essere messi in discussione sulla base di considerazioni soggettive e per lo più arbitrarie.

E dunque il Movimento 5Stelle che a parte Roma e Torino non conquista non dico un capoluogo, ma nemmeno un ballottaggio, è il nuovo che avanza o che addirittura «sfonda» (Repubblica.it) o consegue un risultato «storico» (Grillo). Per carità, Roma e Torino sono due città importanti, importantissime, e il Movimento ha buone probabilità di portarle a casa tra due settimane se non combina vaccate. Ma, così, per dire, la destra, pur divisa quasi ovunque, va al ballottaggio in tutti gli altri capoluoghi e ne conquista uno già al primo turno. In città come Bologna o Ravenna i grillini prendono sonore tramvate dai candidati leghisti e non si avvicinano nemmeno al 20%. Come a Faenza un anno fa, del resto, e come in tutte le altre città capoluogo a parte Savona – dove il Movimento prende il 25%, ma al ballottaggio ci va comunque la Lega col 26. 
Chi è che sfonda quindi, come avversario principe del partitone renziano sul territorio: il Movimento o Lega ed ex-PDL, pur divisi e litiganti? Più i secondi che il primo, e personalmente ci aggiungo un purtroppo. La verità è che il Movimento 5Stelle ha qualche speranza di fare risultato solo dove i due avversari principali (PD e destre assortite) si suicidano combinando dei disastri epocali – il golpe contro Marino a Roma o la candidatura di due carneadi senza un briciolo di carisma a valle dell'ingloriosa fine di Cota a Torino, per esempio. La verità è che il massimo risultato che i grillini potranno ottenere alla fine di questa tornata elettorale è di 2 città capoluogo su 25, mentre la destre ne hanno già ottenuta una e potrebbe potenzialmente conquistarne altre 19. Ed è una verità amara della quale i grillini farebbero bene a comprendere le cause, invece di festeggiare (anzitempo, tra l'altro) la Raggi e la Appendino.

 Ma per quanto sia vero che il partito di governo paga sempre dazio alle amministrative, il PD potrebbe essere il vero sconfitto di queste elezioni. Come le destre, può ancora conquistare praticamente l'intera posta in gioco, tra l'altro col vantaggio di avere già in saccoccia tre capoluoghi invece che uno. Ma, a parte il fatto che arrivava da un solido risultato di 21 a 4, la mattina del 20 giugno potrebbe anche svegliarsi in un incubo, mentre fino a pochi anni fa alcune regioni (tra le quali la nostra) garantivano la certezza di arrivare al secondo turno con metà della fatta. La verità è che, come diceva Giovanni Lindo, non c'è più nessuna garanzia per nessuno. Peccato per gli amministratori locali del PD, che su quella garanzia hanno giocato una carriera, e a volte un'intera esistenza, e che oggi sembrano in preda al panico o beatamente inconsapevoli, in ogni caso totalmente incapaci di reagire ad una realtà che è cambiata, e radicalmente. Tra l'altro, se invece il 20 si dovessero svegliare salvi per il rotto della cuffia, come a Faenza un anno fa, con ogni probabilità festeggeranno come i grillini (nel caso) senza interrogarsi sul perché avranno rischiato di perdere contro dei personaggi che cinque anni fa sarebbero stati considerati impresentabili folcloristici da 5% di risultato massimo. Auguri a loro, dunque, ché ne hanno bisogno.

 E Renzi? 
Renzi, malgrado quello che già dicono un po' tutti da Grillo e Salvini in giù, non ha perso queste elezioni e non le perderà nemmeno in caso di disastro PD il 19 giugno. Non le perderà semplicemente perché delle elezioni locali (come del PD) gliene frega meno di zero: il suo unico obiettivo è il referendum di ottobre, come ampiamente dimostrato dall'(apparentemente) incredibile scelta di parlare solo di quello per tutto l'ultimo mese, lasciando più o meno a sé stessi (e alla loro generale pochezza) i candidati PD sul territorio. Perché la questione è che Renzi sta giocando un'altra partita, che si svolge esclusivamente sul piano nazionale e ha il suo cuore nel referendum di ottobre. Renzi sa benissimo che al netto di tutta la retorica sul sindaco d'Italia, un sindaco ostile si commissaria, si fa dimettere, o si caccia senza tanti complimenti, alla Marino. L'unica cosa che interessa a Renzi è che passi quella sciagurata modifica costituzionale che abbinata all'Italicum permette ad un solo partito di vincere le elezioni col 30% dei voti (o meno) e di governare indisturbato e senza alcun tipo di freno: a quel punto, a chi importerebbe di avere un sindaco in più o in meno? Di più: a cosa servirebbero sindaci, presidenti di regione, e qualsiasi altro organo intermedio dello stato (partiti compresi) se non a ratificare ed eseguire gli ordini di un governo onnipotente? Renzi questo lo sa, e se ci pensate bene lo sapete anche voi. 
Il bello, si fa per dire, è che il rischio indissolubilmente legato a questa operazione è che, alla fine, le eventuali elezioni con la nuova legge e la nuova costituzione le vinca qualcun altro. Qualcuno come Salvini

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Ieri ho partecipato alle celebrazioni del 25 Aprile, 71º anniversario della liberazione dal nazifascismo. Conclusa la S. Messa in Duomo, l’appuntamento era in piazza, nei pressi della torre: alzabandiera, suono della sirena, inno nazionale e “Bella ciao”, poi si è mosso il corteo diretto al monumento ai Caduti in viale Baccarini.
Dietro al gonfalone del Comune e la corona portata dai vigili urbani venivano il sindaco Giovanni Mapezzi (Pd), il senatore Stefano Collina (Pd), la consigliera regionale Manuela Rontini (Pd), il presidente del Consiglio comunale Luca De Tollis (Pd), i consiglieri Luca Ortolani (Pd) e Ilaria Visani (Pd), l’assessore Domizio Piroddi (Insieme per cambiare), i consiglieri Paolo Cavina (Insieme per cambiare), Massimiliano Penazzi (Insieme per cambiare) e il sottoscritto Edward Necki (consigliere de L’Altra Faenza) solo rappresentante di minoranza.
C’erano le bandiere dell’Anpi, della Cgil, dell’Avis, de L’Altra Faenza, di Sel. Non c’era la bandiera del Pd.
Arrivati al monumento, è stato il sindaco Malpezzi a tenere il discorso ufficiale. Ha parlato di amicizia, delle donne regine del focolare e del diritto di voto loro concesso 70 anni fa, di Costituzione da emendare necessariamente perché - a suo dire - al giorno d’oggi inadeguata. Non ha parlato di libertà, di uguaglianza, di giustizia sociale.
Ha invece polemizzato con chi strumentalizza politicamente una giornata come il 25 Aprile, ha criticato con toni aspri chi aveva portato una “sua” corona al monumento ai Caduti della Resistenza prima della celebrazione ufficiale.
Ma allora, se si dovevano evitare atti ed espressioni di parte, perché lui stesso ha tirato in ballo la “Costituzione da emendare” proprio nel giorno e nel luogo in cui si ricordano coloro che la Costituzione, quella nata dalla Resistenza, l’hanno conquistata? Il Paese per il quale si erano battuti i partigiani e gli antifascisti era forse quello che vuole Renzi, con un partito e un capo al comando, con un Parlamento svilito nelle sue funzioni, con le rappresentanze sociali e i poteri locali considerati alla stregua di intralci?
Al termine del discorso, non essendomi chiaro con chi se l’era presa il sindaco, sono andato a verificare chi avesse deposto la corona incriminata e, con mia sorpresa, ho scoperto … che era del Pd.
La domanda può sembrare peregrina, ma viene spontanea: cosa succede nella maggioranza di governo a Faenza? Tira aria di polemica?

Faenza, 26 aprile 2016

Edward Eddy Necki
consigliere comunale de L’Altra Faenza

 

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Trivelle. Nel referendum del 17 aprile c'è ben di più di una semplice questione di petrolio si o petrolio no. C'è da scegliere se il territorio/ambiente (quale principale bene comune di un intero popolo globale) è oggetto da sfruttare, sottraendolo alla nostra come alle future generazioni. Oppure se è patrimonio comune, da difendere dall'egoismo privato e conservarlo come una parte irrinunciabile e integrante della vita umana e di quella ambientale. Nel conflitto, i risvolti economici, sono i meno importanti. Il voto SI contro le trivelle è anche un voto contro chi corrompe o compromette le istituzioni, per aver soddisfazione di interessi, oltretutto, illegittimi e non difendibili con un'etica pulita. L'esempio del “caso Guidi/Gemelli”, ma ancor più, della stessa insistenza del presidente del consiglio di difendere la natura di quell'atto pubblico. Cioè, l'emendamento, già bocciato dalla competente commissione parlamentare e inserito a viva forza dal governo. Etica pubblica dunque. La politica a cui assistiamo, la sta cancellando dalla norma comportamentale del governo e induce il popolo a ritenere le istituzioni, l'avversario invece che la rappresentanza dei propri interessi. Si tradisce quell'etica anche considerando normale averla sporcata. (Ma quanto è corretta e brava la ministra Guidi a dare le dimissioni!?)
È un voto – quello del 17 aprile - per l' interesse pubblico, cioè dei cittadini, contro quello dei pochi speculatori sulla vita. Il fabbisogno di energie è altra cosa. In altro modo va risolto. Come è altra cosa la difesa del posto di lavoro. L'uno e l'altro hanno ben altro terreno di soddisfazione.
Tra l'altro, il meccanismo truffaldino della durata della concessioni, oltre il tempo contrattuale della concessione stessa, che gli antireferendari vogliono permettere, consente alle compagnie petrolifere, con la regola che fino ad una certa quantità di estrazione, non paga le "royalties", (imposta sulla estrazione), di estrarre strumentalmente e furbescamente poco petrolio nel periodo dato, facendo durare la riserva, appunto, oltre il tempo della durata della concessione. Fino allo svuotamento totale del sito. In sostanza, opera una “franchigia annuale” e diventa l'unica attività economica che sfrutta risorse pubbliche naturali, per le quali non si pagano imposte. Ecco altra questione di etica. Si tenga anche conto che, queste concessioni, non hanno durata breve. Sono infatti trentennali. Un governo che si inventa un meccanismo per non riscuotere imposte eque e legittime, tutta al più su una risorsa naturale e pubblica, aiuta a costruire un giudizio dal quale ne consegue che sia un governo che lascia presupporre altre convenienze, ma non pubbliche. Quindi, personali dei suoi membri, amici e parenti.
Senza contare poi sulla ricaduta positiva di una politica energetica non fossile, sul risparmio della spesa sanitaria, in quanto non esiste nulla di più incisivo della prevenzione alle malattie, nel contesto della lotta agli sprechi di risorse. E' arcinota ogni conseguenza sulla salute, oltre che sull'ambiente, di ogni emissioni di sostanze inquinanti da petrolio e derivati. Ma questo è altro capitolo.
Anche l'atteggiamento del governo di indicare che i cittadini non vadano a votare, non è questione di "libertà di scelta". Non partecipare personalmente da parte di un qualsiasi membro del governo, può essere una scelta libera e legittima. Ma indicarlo con ufficialità è una violazione del diritto-dovere di partecipare al concorso democratico-popolare del nostro comune futuro.
Infine, per dare altro argomento per andare a votare, e votare SI il 17 aprile, è importante (e altrettanto allarmante) valutare la segnalazione scientifica di ieri da parte della NASA. Secondo cui, i cambiamenti climatici prodotti dal surriscaldamento e relativo disgelo, protagonista principale - l'energia fossile - fa “barcollare la Terra”. Una rottura del suo equilibrio che produce variazioni nella sua rotazione. Scusate se è poco!

Germano Zanzi 
10 aprile 2016

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Il 17 aprile si vota per ripristinare l'estrazione a tempo determinato di idrocarburi entro le 12 miglia marine. Infatti, in una norma del cosiddetto "Sblocca Italia" (ribattezzato più opportunamente "Rottama Italia"), il governo Renzi ha liberalizzato la possibilità di estrarre petrolio e gas fino ad esaurimento, in quegli impianti che stanno oltre il limite delle 12 miglia.
Votando Sì, si impedirà l'utilizzo fino ad esaurimento di quei pozzi, votando No o astenendosi (ricordiamo che il referendum è valido se si presenta a votare il 50% +1 dei cittadini aventi diritto), si acconsentirà all'estrazione vita natural durante da quei pozzi. 
Il 17 aprile io voterò Sì 
Nel dicembre dello scorso anno, a Parigi i grandi della Terra hanno concordato sul fatto che se il pianeta continua a riscaldarsi. Dobbiamo aspettarci inevitabilmente mutamenti climatici che producono catastrofi naturali e di conseguenza disastri economici e sociali. I governi mondiali hanno condiviso le preoccupazioni della comunità scientifica che segnala da diversi anni come occorra limitare il riscaldamento del pianeta a 1,5-2 gradi centigradi. In caso contrario quelle catastrofi saranno inevitabili. Per contenere il riscaldamento globale occorre limitare gradualmente l'energia prodotta dagli idrocarburi (gas metano e petrolio in primis), favorendo la transizione verso fonti di energia più pulita. Il provvedimento dello Sblocca Italia che il referendum vuole abrogare va nella direzione opposta rispetto a quella di una diminuzione del riscaldamento del pianeta, contraddicendo gli impegni presi dall'Italia a Parigi, perché procrastina l'estrazione di idrocarburi e ritarda in maniera significativa la fase di transizione verso energie più pulite quali il solare, tanto per fare un esempio. 

La transizione verso l'utilizzo di energie più pulite e meno inquinanti deve rappresentare l'obiettivo principale per politiche energetiche ed economiche sostenibili. Chi sostiene ed appoggia le ragioni del Sì, non pensa di interrompere l'estrazione degli idrocarburi tou court, bensì di avviare quel processo di cambiamento in termini di emissioni di CO2 necessario per la salute di tutti. Una cosa che non mi è chiara, sono le ragioni di coloro che intendono ritardare questo tipo di cambiamento. O meglio, posso capire le ragioni dei petrolieri e dei loro amici politici (il caso Guidi è un esempio più che paradigmatico). Mi è più difficile comprendere le ragioni di quei cittadini che, di fronte all'evidenza di dati scientifici inoppugnabili, li negano o minimizzano tirando in ballo argomenti quali l'occupazione. 
Ecco, su quest'ultimo aspetto occorre a mio avviso fare chiarezza. Nessuno pensa che la conversione da un modello energetico all'altro sia una cosa facile, tuttavia occorre ricordare che il settore oil&gas è in crisi da tempo, come certifica niente di meno che il Fondo Monetario Internazionale. E dato che le prospettive, legate ad un abbassamento del prezzo del petrolio, non sono di una ripresa, il referendum potrebbe essere una seria opportunità che impegni governo ed operatori del settore affinché venga progettata una nuova strategia energetica nazionale, in coerenza con gli obiettivi di Parigi, con ricadute occupazionali più che apprezzabili, se progettate per tempo. 

Rispetto a quest'ultimo argomento, mi permetto di segnalare una contraddizione. Uno degli argomenti sostenuti da Eni, che è ovviamente una delle parti in causa, è il rischio di perdita di posti di lavoro nel settore estrattivo, nel caso vincessero i Sì. Peccato che la stessa multinazionale minimizzi e non abbia la stessa preoccupazione riguardo ai livelli occupazionali per ciò che concerne la vendita della sua più grande azienda, Versalis, ad un fondo d'investimenti americano. Non si capisce come mai Eni dovrebbe temere per il destino dei propri dipendenti il 17 aprile, e poi comportarsi come se questi non esistessero o fossero dei fastidiosi interlocutori quando si tratta di argomenti diversi dal referendum gli altri 364 giorni dell'anno. In realtà, lo si capisce benissimo. 

Infine spesso si è detto che il governo, boicottando la consultazione, sta agendo a tutela dell'interesse nazionale. A mio avviso è vero il contrario: l’interesse nazionale si tutela proteggendo la salute e un'occupazione che non favorisca un modello di sviluppo inquinante ed economicamente non sostenibile. I tanto denigrati "comitatini" di ambientalisti si sforzano, al contrario del governo Renzi, di farsi portatori degli interessi di una intera comunità nazionale, mentre l'affaire Guidi ci ricorda che lo sviluppo economico in questo paese significa, sempre più spesso, spartizione di denaro e favori tra industriali e politici, meglio se imparentati tra di loro.

Andrea Mingozzi

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