«Non mollo di un millimetro, gli italiani sono con me». Tranne «chi rema contro» e i magistrati «che vogliono governare». Meloni non va in parlamento ma trasforma il caso Elmasry in un continuo comizio su di sé. Il salvataggio del torturatore libico era «difesa della nazione»
Atto voluto La premier si collega con la platea amica di Porro e sferra nuovi attacchi ai magistrati. Tajani rilancia l’accusa di alto tradimento
Non è un fatto personale. Non è per se stessa che Giorgia Meloni è furiosa. «Io non sono né preoccupata né demoralizzata. Sapevo a cosa andavo incontro. Ma è alla nazione che è stato fatto un danno e questo mi manda ai matti». La strategia pianificata in un paio di vertici di maggioranza, anticipata dalla premier nel messaggio social di due giorni fa, si dispiega e a guidare le danze è ancora lei. Si presenta in collegamento allo spettacolo di Nicola Porro «La Ripartenza 2025», una platea che chiamarla amica è poco, e riprende i contenuti di quel messaggio. Ma con parecchi decibel in più, passando al comizio furibondo e alla denuncia di alto tradimento. Questo sono il procuratore Francesco Lo Voi, i magistrati «politicizzati» e chiunque «remi contro»: traditori della Patria. Accoltellano alle spalle la nazione.
L’ATTO INVIATO dalla procura di Roma a lei e ai ministri Nordio, Piantedosi e Mantovano «è stato un atto voluto, non dovuto: le procure hanno discrezionalità. A chiunque nei miei panni sarebbero cadute le braccia». Colpa di «alcuni magistrati», ma non tutti per carità, solo «alcuni» che «vogliono decidere tutto, vogliono governare e allora si candidassero». La sfidassero nelle urne perché tanto lei «non molla di un centimetro», non finché «la maggioranza degli italiani è con me».
LA PREMIER SA TENERE un comizio. Sembra trascinata da ira e sdegno, in realtà è fredda. Tra un’accusa rovente e uno strillo assordante quasi nessuno si accorge che dalla narrazione è completamente sparito il “generale” Elmasry. Il fattaccio all’origine di tutta la faccenda semplicemente non c’è più. Si parla di tutto, e se non lo fa la premier ci pensa il vice Antonio Tajani, tranne che di quel di cui si dovrebbe parlare: la fuga pilotata del torturatore. Il chiasso serve a tenere sotto schiaffo la magistratura, in particolare quella che deve decidere sui trasferimenti in Albania. Ma serve soprattutto ad affossare quel che non avrebbe mai dovuto emergere. La complicità italiana con il criminale libico e anche gli immondi accordi italo-libici che spiegano la scelta di mettere subito al riparo Elmasry.
Della scandalosa liberazione almeno l’opposizione parla. Del memorandum italo-libico siglato dal governo Gentiloni-Minniti nel 2017, confermato nel 2020 dal Conte 2, quello giallorosso, ripreso paro paro dal governo di destra, invece no. Solo Riccardo Magi di +Europa chiede una commissione d’inchiesta e lo si può capire: il suo è il solo partito senza responsabilità dirette.
IL GOVERNO COMUNQUE ha tutte le intenzioni di mettere la sordina sul caso Elmasry. L’ipotesi del segreto di Stato è remota ma non
Commenta (0 Commenti)Frontiere blindate, divieto di ingresso ai profughi, arresti ed espulsioni. A tre settimane dalle elezioni, in Germania il parlamento approva la linea anti migranti con i voti decisivi dei neonazi dell’Afd. L’abbraccio con liberali e democristiani abbatte lo storico muro antifascista
La ricaduta La mozione Merz che restringe il diritto d’asilo passa con i voti di fasciopopulisti e liberali
Olaf Scholz ascolta l’intervento al Bundestag della leader Afd, Alice Weidel – Ap
Crolla lo storico muro istituzionale dei partiti democratici in difesa dell’antifascismo scolpito nella Costituzione. Con 348 voti a favore, 345 contrari e 10 astenuti al Bundestag passa la mozione anti-migranti del leader Cdu, Friedrich Merz, destinata a cambiare il Dna della politica tedesca.
Fondamentali i voti di Afd, senza cui la proposta sarebbe stata respinta al mittente, ma pesa anche il clamoroso Sì dei deputati del partito liberale, fino ieri alleati di Spd e Verdi nel governo e oggi stampella della nuova maggioranza destinata a diventare strutturale con il voto di domani in Parlamento.
Incassato l’appoggio dei fascio-populisiti e di Fdp, Merz proverà a replicare la stessa geometria politica chiedendo i voti per il suo disegno di legge sull’immigrazione depositato a settembre 2024. Al contrario della mozione di ieri, il provvedimento che è sostanzialmente una fotocopia risulta vincolante per l’esecutivo.
ASTENUTI I SOVRANISTI di sinistra dell’Alleanza Sahra Wagenknecht, se avessero votato no la mozione sarebbe stata bocciata. Ma si sono ben guardati dal votare a favore anche e soprattutto per non dare la stura ai diretti avversari dell’ultradestra che contendono il consenso nei Land del Germania dell’Est.
«Abbiamo vinto. Oggi è una giornata storica» esulta il partito di Alice Weidel, leader e candidata-cancelliera di Afd, vera trionfatrice della mozione Merz che rappresenta il rilascio del passaporto di presentabilità per le misure xenofobe del suo programma elettorale.
La sua dichiarazione di voto ieri al Bundestag è stata insolitamente misurata e ripulita dalla consueta retorica populista. A fare il lavoro sporco per conto di Afd ci ha pensato Merz, come sottolinea fin dall’inizio il cancelliere Olaf Scholz.
«Non è indifferente quale forza politica collabora con l’estrema destra, non qui
Leggi tutto: In Germania crolla il muro, intesa Cdu-Afd sui migranti - di Sebastiano Canetta BERLINO
Commenta (0 Commenti)Meloni e i ministri che hanno liberato e riportato a casa l’ufficiale libico Elmasry potrebbero aver commesso dei reati. Dietro denuncia, la procura di Roma chiama in causa il Tribunale dei ministri. La premier si autoassolve in video e rivendica la protezione data al torturatore. Nordio e Piantedosi si nascondono al parlamento
ATTO VOLUTO La premier in un video sventola le carte giudiziarie e attacca I giudici citano anche Mantovano, Piantedosi e Nordio
La premier gioca d’anticipo. Appena ricevuto l’avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato nel caso del generale libico Osama Elmasry registra un video e dà per prima la notizia. Una buona mossa. Ma la bomba, con i ministri degli Interni Piantedosi e della Giustizia Nordio e il sottosegretario Mantovano a loro volta indagati, è deflagrante comunque.
NEL GOVERNO la hanno presa malissimo, anche perché stavolta davvero nessuno se lo aspettava. Al ministero della Giustizia accreditano all’avvocato Li Gotti, autore dell’esposto all’origine dell’indagine, una capacità di fare danno che era completamente mancata all’opposizione. Sibilano avvelenati contro il Procuratore capo di Roma Lo Voi, che avrebbe potuto aprire e chiudere il fascicolo e invece ha deciso di andare avanti. L’Anm specifica che non c’è alcun avviso di garanzia ma solo l’iscrizione nel registro degli indagati, atto dovuto dopo un esposto. A via Arenula ritengono però che non ci sia alcun atto dovuto e in effetti una circolare del 2017 dell’allora procuratore capo Pignatone contro le «iscrizioni frettolose» avrebbe permesso di chiudere subito il fascicolo.
Gli indagati si riuniscono subito a palazzo Chigi per concordare una strategia mediatica anche in vista del dibattito di ogni in Parlamento. Nel pomeriggio avrebbero dovuto riferire proprio i due ministri indagati. Era previsto solo l’intervento di Piantedosi, poi con una decisione inattesa lunedì sera era stata annunciata la presenza anche di Nordio.
Ma il quadro è completamente cambiato dopo l’iscrizione dei quattro nel registro degli indagati. Un dibattito che si prevedeva sì teso ma senza esagerate preoccupazioni prometteva di diventare tra i più fragorosi e politicamente a rischio. La premier sceglie di risolvere la faccenda nel modo più drastico. I ministri non saranno oggi in Parlamento. L’informativa, «per ora», salta. Se ne riparlerà. Quando? Mah, prima o poi. È anche questa una forzatura assurda. Cosa c’entra infatti l’avvio di un’indagine, atto dovuto o meno che fosse, con la necessità di affrontare un caso clamoroso sul terreno proprio, quello della politica non delle aule giudiziarie?
IN REALTÀ IL PROBLEMA giudiziario è considerato tutto sommato di scarsa rilevanza, anche se certo non si sa mai e una certa inquietudine comunque circola. Quel che preoccupa e fa imbizzarrire Meloni e i suoi ministri è che così diventa impossibile
Leggi tutto: Caso Elmasry, Meloni indagata e contenta. Show sui social - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)A Gaza si aprono i posti di blocco e 300mila palestinesi si incamminano in direzione nord. Una «marcia del ritorno» verso un territorio devastato, stretto tra le macerie e il mare. Ma non se ne andranno, certo non per fare spazio al resort che ha in mente Trump
Hanno zero Un fiume umano ieri in marcia per le città settentrionali dopo l’apertura dei posti di blocco. Arbel Yehud sarà liberata giovedì
Sfollati palestinesi tornano al nord di Gaza – Ap/Abdel Karim Hana
Quando ieri alle 7 i soldati israeliani hanno finalmente aperto i posti di blocco, Abdallah Kahlout, giovane ingegnere, era assieme ad altre migliaia di persone. Molte delle quali avevano passato le ultime due notti all’aperto, in attesa che si risolvesse la disputa sorta intorno alla mancata liberazione dell’ostaggio israeliano Arbel Yehud. «A un certo punto abbiamo avuto il via libera e ci siamo messi tutti in cammino, a passo veloce. Qualcuno si è fermato a Gaza city, altri sono andati più a nord», ci raccontava ieri Abdallah, mandato dal padre a verificare le condizioni della loro casa nel campo profughi di Jabaliya. Per il giovane e gran parte degli sfollati il ritorno a casa non si è concluso con un sorriso. «Ho telefonato a mio padre, gli ho detto che il nostro appartamento non c’è più, l’intero palazzo è solo un ammasso di pietre e che tutto intorno è solo pietre, lamiere, tubi di ferro. Avevo sognato di poter trovare casa in parte in piedi, sarei riuscito a riparare un paio di stanze. Ma qui è una distruzione per chilometri», ha aggiunto. Il campo profughi di Jabaliya è stato al centro dell’ultima offensiva israeliana nel nord di Gaza.
COME ABDALLAH Kahlout, sfollato da oltre un anno a Deir al Balah, decine di migliaia di uomini, donne e bambini – 300mila secondo Hamas – si sono avviati ieri verso i luoghi dove abitavano un tempo, prima dell’intimazione lanciata dall’esercito israeliano, qualche settimana dopo il 7 ottobre 2023, ad allontanarsi dalle loro case e ad andare rapidamente a sud: circa 650mila palestinesi furono costretti a scappare nel giro di poche ore. Bambini con giacche pesanti e zaini in spalla hanno percorso chilometri mano nella mano, uomini hanno spinto gli anziani in sedia a rotelle, altri hanno camminato con la valigia sulle spalle, altri avevano solo qualche sacchetto. Sul loro cammino hanno incontrato e chiesto indicazioni a giovani con il gilet rosso dispiegati da Hamas per facilitare quella che qualcuno ha chiamato la «Marcia del Ritorno». Più complesso il rientro per chi ha potuto usare un automezzo. Auto e camion ai posti di blocco sulla Salah Edin Road sono dovuti passare sotto apparecchiature speciali manovrate da contractor egiziani, che indossavano giacche nere con la scritta «Comitato egiziano-qatariota», con l’aiuto di una società privata statunitense.
IL FIUME UMANO è andato avanti per tutto il giorno. I video postati sui social e i filmati delle tv di mezzo mondo, lo hanno mostrato nella sua
Commenta (0 Commenti) La disturbante opera Maus di Art Spiegelman che raffigura gli ebrei vittime della Shoah come topi
Oggi fa impressione ascoltare Liliana Segre che parla della libidine "con cui troppi sembrano cogliere un’opportunità per sbattere in faccia agli ebrei l’accusa di fare ad altri quello che è stato fatto a loro”
Christian Raimo
Buongiorno,
domani è il Giorno della memoria, per ricordare vittime, carnefici e complici della Shoah e confrontarsi con la sua unicità ma anche con la consapevolezza - come diceva Primo Levi - che se è accaduto può accadere di nuovo.
Mai come quest’anno è una ricorrenza che solleva domande, genera tensioni, a Milano la Comunità ebraica non parteciperà agli eventi dove c’è l’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani per la divergenza di toni e vedute sulla guerra di Israele ad Hamas a Gaza. L’Anpi parla di genocidio, la Comunità ebraica lo ritiene in accettabile.
Ne approfitto quindi per riproporvi questo articolo di Christian Raimo, uscito qualche tempo fa, che è un utile spunto di riflessione.
Più sotto trovate anche il saggio più recente che Raimo ha pubblicato su Appunti, dedicato al tema della violenza della polizia e alla serie Acab su Netflix.
Fateci sapere che ne pensate,
Buona domenica
Stefano
di Christian Raimo
Nel 2000 viene istituito il Giorno della memoria, con cui si incarna anche a scuola e fuori dalla scuola, una forma di educazione istituzionale contro l'antisemitismo.
La sfida pedagogica è provare a parlare di tre cose: la violenza sistemica di un genocidio storicamente determinato, la modellistica di una politica dello sterminio (il Ruanda, Srebenica, avevano fatto riparlare negli anni Novanta di genocidio e di lager), l'assurdo di un male indicibile.
Pensando, questa è la sfida più alta, a come fare di quella riflessione storica una riflessione e un'esperienza universalizzabile.
In quegli stessi anni e prima anche e dopo ovviamente su questi tre temi - Olocausto storico, modellistica dello sterminio, vertigine di un male indicibile - si è dibattuto fino allo stremo, provando a produrre anche gli stessi antidoti all'eccesso di memoria, all'eccesso di comparazioni, all'eccesso di centralità della vittima.
Il risultato purtroppo è stato scarso.
Il senso della riflessione sull'Olocausto, i lager, la violenza sistemica dello sterminio, e soprattutto sull'assurdo del male, è stato spesso ridotto, nella retorica politica, a un dispositivo di empatia velocizzato, standardizzato. La banalità della banalità del male.
Invece di trovare il modo di sostare nel trauma, un trauma distante nel tempo, sproporzionato, disumano, si è pensato spesso a come creare una dottrina frettolosa, che ci consentisse di elaborarlo in fretta, come un'educazione civica da mandare a memoria, un catechismo postnovecentesco, spesso usato come sostituto alla pedagogia antifascista.
Nel 1993 era uscito il film Schindler’s list, nel 1997 La vita è bella, ed erano sembrati a moltə gli strumenti più accessibili per
Leggi tutto: La banalità della banalità del male - di Christian Raimo
Commenta (0 Commenti)Stupri, scariche elettriche, gabbie, atti di sadismo: sono le accuse della Corte penale internazionale al generale libico Elmasry che l’Italia ha liberato e riaccompagnato a casa. Ma per Meloni, che rompe il silenzio dopo la scarcerazione, «ci vogliono chiarimenti»
PIÙ CHIARO DI COSÌ Dopo un lungo silenzio, la premier interviene sulla vicenda libica ma invece di dare chiarimenti li pretende dalla Corte penale
«Manderemo i chiarimenti» alla Corte penale internazionale ma «ne chiederemo a nostra volta, anche sulla base delle interrogazioni che sono state presentate». Dopo un silenzio durato troppo più del dovuto, Giorgia Meloni, a Gedda, in Arabia Saudita, trova il tempo di spendere due parole sul caso di Osama Najeem Elmasry, il capo degli aguzzini libici del carcere di Mitiga ricercato dalla Cpi e arrestato a Torino una settimana fa prima di essere rispedito frettolosamente a Tripoli a bordo di un aereo di Stato italiano. «Credo che anche la Corte debba chiarire perché la procura ci abbia messo mesi a spiccare questo mandato di arresto e perché il mandato di arresto sia stato spiccato quando Elmasry aveva già attraversato almeno tre nazioni europee e lasciava la Germania per andare verso l’Italia», aggiunge la premier. In ogni caso, precisa secca Meloni, il ricercato «è stato liberato sulla disposizione della Corte d’Appello di Roma, non sulla disposizione del governo».
MA A BEN GUARDARE, molte delle spiegazioni che la premier chiede sono già contenute nelle carte dell’inchiesta. Sul responsabile della polizia giudiziaria libica, infatti, pendono dodici capi d’accusa per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il 18 gennaio scorso, un giorno dopo essere stati avvisati della presenza dell’uomo in Germania, i procuratori Karim Khan, Nazhat Shameem Khan e Nicole Samson hanno deciso di far accelerare il fascicolo aperto a suo carico il 2 ottobre, ottenendo dalla corte presieduta dai giudici Iulia Motuc, Sophie Alpini-Lansou e Maria Socorro Flores Liera un mandato di cattura.
L’atto d’accusa della Cpi è lungo 36 pagine e qui si circostanzia che, con ogni evidenza, tra il 15 febbraio del 2015 e il 2 ottobre del 2024, Elmasry – «Mr Najeem» per gli investigatori – ha picchiato, torturato, sparato, molestato sessualmente e ucciso i prigionieri del carcere di Mitiga. E se non lo ha fatto personalmente, ha ordinato agli agenti di farlo. I casi accertati dall’Aja sono 5.140.
La Cpi sostiene di essere in grado di provare numerosi episodi in cui gli “ospiti” di Mitiga – chi arrivava dai paesi dell’Africa sub-sahariana veniva definito «schiavo» e come tale
Leggi tutto: Nelle carte della Cpi tutte le «spiegazioni» sul caso Elmasry - di Mario Di Vito
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