«Lettere a ogni paese per dire quali dazi dovranno pagare»: bombardato l’Iran e passata la finanziaria, Trump torna da vincitore alla guerra commerciale mondiale. E celebra il 4 luglio con una salva di missive e una parata di cacciabombardieri nel cielo di WashingtonC'è posta per voi Bombardato l’Iran e passata la sua mega-finanziaria, il vincitore di ogni battaglia scrive al mondo: ecco i miei dazi, dal 10% al 70%
Donald Trump durante il comizio presso l'Iowa State Fairgrounds, a Des Moines – AP
Un’ordalia di dazi. Più di 170 paesi sono in attesa della lettera che Donald Trump ha promesso: «10-20 spedite già da oggi», ha affermato ieri il presidente Usa, «altre nei prossimi giorni». Tutte entro il 9 luglio, la data stabilita da Trump per farla finita con la saga delle tariffe doganali, dopo aver “concesso” una moratoria di 90 giorni all’inizio di aprile, in seguito alla minaccia dei dazi «reciproci», che reciproci non sono per nulla.
La minaccia è chiara: Trump ha affermato che «il valore dei dazi varierà tra il 60% e il 70% e dal 10% al 20%». E ha precisato: tutti i paesi «cominceranno a pagare il 1° agosto e da quella data i soldi cominceranno a entrare negli Usa». Tutto da vedere: i partner commerciali perdono, perché i prezzi delle merci esportate aumentano, ma i produttori faranno ricadere l’aumento dei costi sui consumatori americani.
FINORA GLI USA hanno concluso solo due accordi commerciali, uno con la Gran Bretagna e l’altro con il Vietnam, mentre per Messico, Canada e Cina ci sono strade specifiche piene di alti e bassi. La Ue, che a maggio aveva criticato le concessioni di Londra, che ha accettato un accordo-quadro del 10% di dazi (con accordi settoriali a latere), adesso spera, al meglio, di ottenere la stessa cosa: in queste ore il pessimismo dilaga, forse lunedì sarà la giornata decisiva. Trump aumenta le minacce: adesso ci sarebbe l’ipotesi di un 17% sui prodotti
Leggi tutto: La lettera di Trump a 170 paesi: così mi pagherete tutti - di Anna Maria Merlo PARIGI
Commenta (0 Commenti)Il presidente che promette di far cessare ogni conflitto prosegue la tradizione «diplomatica» americana: Trump dice di negoziare la tregua mentre fornisce a Israele altre settemila super bombe che massacrano Gaza e arma i contractor che sparano sui palestinesi
Palestina Era statunitense il super ordigno della strage al café di Gaza City mentre le guardie della Ghf ammettono gli spari sui palestinesi. Washington approva la vendita di 7mila munizioni da 230 e 900 chili. Erano finite nella guerra all’Iran
Palestinesi con i pacchi alimentari raccolti nel centro della Ghf lungo il corridoio Netzarim – Apa/Moiz Salhi
Settantatré palestinesi uccisi dall’alba al tramonto di ieri, centodiciotto mercoledì, centoquarantadue martedì. Oltre 330 ammazzati in poco più di due giorni, in 26 diversi massacri: raid contro tende, piccoli mercati, ospedali e centri di distribuzione del cibo. «La maggioranza sono donne e bambini, civili disarmati – scrive nel suo comunicato la Protezione civile palestinese – Numeri che riflettono la deliberata scelta dell’occupazione di prendere di mira i più vulnerabili».
LA FEROCIA dell’offensiva israeliana su Gaza è un crescendo. Le ultime settimane sono state durissime, nonostante siano trascorsi 21 mesi dal 7 ottobre 2023 e la Striscia sia ridotta a un intreccio indistricabile di macerie e corpi. Tanti sono i massacri che ieri il ministero degli affari religiosi avvertiva della mancanza di luoghi dove seppellire con dignità i cadaveri.
I cimiteri sono pieni, una quarantina non esistono nemmeno più: sono stati spianati dai carri armati e i bulldozer israeliani. E le tendopoli improvvisate tra le rovine riducono lo spazio a disposizione, visto che quasi l’80% di Gaza è sotto ordine israeliano di evacuazione forzata. Questa è Gaza, ed è un orrore condiviso.
Pesa quanto i corpi dei morti e quelli ridotti a pelle e ossa dei vivi. Pesa quanto una bomba MK-82: 500 libbre, 230 chili. La produce la statunitense General Dynamics. L’ultima è stata sganciata sopra Gaza City lunedì da un caccia israeliano: ha centrato la caffetteria Al-Baqa, lungo il mare, il ritrovo di giornalisti, artisti, attivisti, famiglie in cerca di ristoro.
Il cratere ha inghiottito almeno 33 persone. I soccorritori hanno trovato i frammenti della bomba, i giornalisti del Guardian li hanno fotografati e gli esperti balistici (tra loro Trevor Ball, ex funzionario dell’esercito Usa) gli hanno dato un nome. «Se usi munizioni pesanti di questo tipo, in un’area affollata – ha commentato al quotidiano britannico il giurista Andrew Forde – anche con la miglior mira del mondo provocherai necessariamente un risultato indiscriminato».
NON È LA PRIMA VOLTA che le «super bombe» Usa vengono sganciate su Gaza, Washington lo sa. Eppure lunedì, mentre l’internet café di al-Baqa veniva colpito, il Dipartimento di Stato approvava la vendita di ordigni di questo tipo all’esercito israeliano perché l’arsenale si è svuotato dopo i bombardamenti sull’Iran: circa
Leggi tutto: Mega bombe su Gaza e spari dei contractor: è la «mediazione» Usa - di Chiara Cruciati
Commenta (0 Commenti)Si muore di caldo, in Italia e in Francia. Blackout continui, l’Onu fa i conti: i danni per il cambiamento climatico più che raddoppiati. Ma la Commissione europea rivede al ribasso gli impegni: più flessibilità nella riduzione delle emissioni. Come vogliono le destre
Potrebbe piovere La «flessibilità» sugli obiettivi green annunciata da von der Leyen mette in difficoltà la sua maggioranza. I tormenti di S&D e Renew
Negli edifici del Parlamento europeo a Bruxelles salta l’aria condizionata. Colpa dell’ondata di calore che travolge tutta Europa e che non è certo un caso o un’anomalia. Lo dimostra l’allarme lanciato dall’Onu sui costi globali dei disastri prodotti dal cambiamento climatico, più che raddoppiati dal 2000 a oggi e quantificati in oltre 200 miliardi di dollari l’anno.
Solo ieri in Italia, il bilancio delle vittime è di due uomini deceduti in due diverse spiagge della Sardegna, mentre una persona di 70 anni alla guida del suo camion è stata stroncato dopo essersi fermato in una piazzola di sosta in provincia di Brescia. A Parigi, invece, una bambina statunitense di soli 10 anni è morta per il caldo nel cortile della reggia di Versailles. Le previsioni meteo annunciano per il weekend un veloce passaggio da caldo estremo a pioggia altrettanto estrema su parte dell’Italia.
In questo clima, la Commissione europea presenta una revisione di medio termine sulla strada dell’obiettivo emissioni zero nel 2050. Un annuncio al ribasso, subito bocciato da ecologisti e gruppi politici Left e Greens. Forte anche lo scetticismo dei socialisti europei, già impegnati insieme ai liberali di Renew in un braccio di ferro politico con von der Leyen sul Green Deal. Ieri sera la leader del gruppo Renew, Valerie Hayer, ha avuto un lungo colloquio con la presidente della Commissione. Si è parlato della legge anti-greenwashing, bloccata dall’azione di Ppe e destre sovraniste. Lo stop ha fatto infuriare la parte progressista della maggioranza Ursula, sempre più preoccupata dei passi indietro nella transizione ecologica.
Ieri la Commissione ha fissato il nuovo target climatico per il 2040, quando si dovrebbe arrivare alla riduzione delle emissioni di CO2 del 90% rispetto ai livelli del 1990. Per arrivarci, l’esecutivo europeo introduce dei meccanismi che chiama di «flessibilità».
Il più controverso prevede la possibilità per gli stati di conteggiare, a partire dal 2036, una quota (il 3% del totale) di riduzione delle emissioni ottenute in paesi extra-Ue, in modo da
Leggi tutto: Retromarcia Ue sul clima - di Andrea Valdambrini
Commenta (0 Commenti)A Gaza l’esercito israeliano spara sulle file per il pane e sulle tende: altri 81 morti. Il rapporto della relatrice Onu denuncia la partecipazione all’economia del genocidio: centinaia di aziende occidentali, anche italiane, fanno affari aiutando Tel Aviv nello sterminio
Striscia continua Dalle aziende belliche a quelle dell’acqua, dalle banche ai grandi atenei: i mille nomi nel rapporto Onu su chi investe nel massacro
Una ruspa di Caterpillar rimuove macerie a Bureij, nella Striscia di Gaza – Abdel Kareem Hana/Ap
Bulldozer, bombe, missili, droni, cloud per immagazzinare dati, spyware, reti idriche, prestiti, ricerca scientifica, carbone e gas naturale: la rete che tiene in piedi un sistema di colonialismo d’insediamento è ramificata quanto lo sono le politiche di espropriazione della terra, espulsione della popolazione indigena e istituzionalizzazione di un regime di discriminazione razziale. Per poter mantenere una simile rete, la storia lo insegna, serve aiuto. Israele, da decenni, lo ottiene da centinaia di aziende private, multinazionali, università, fondi di investimento, banche, società di high-tech.
Un sistema di complicità che il genocidio in corso a Gaza ha reso più visibile. È il contenuto dell’ultimo rapporto della Relatrice speciale delle Nazioni unite per la situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese. Il titolo dà il senso del rapporto, Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio: i profitti multimiliardari incassati da aziende di tutto il globo nel sostenere e mantenere il progetto di colonialismo d’insediamento israeliano.
SONO CIRCA MILLE, scrive la Relatrice, le compagnie finite sotto scrutinio delle Nazioni unite, di cui 48 nominate nel rapporto (quelle che sono state informate delle indagini), a cui si aggiungono università e centri di ricerca (dal Mit, il Massachusetts Institute of Technology, all’Università di Edimburgo). Ci sono giganti dell’economia mondiale: l’italiana Leonardo, Google, Amazon, Hp, Microsoft, Ibm, BlackRock, Chevron, Caterpillar, Volvo, Hyundai, Lockheed Martin, Airbnb e Booking.com, e ovviamente le aziende israeliane, dalla Elbit (industria bellica) alla Mekorot (acqua) fino alla Nso (spyware). La punta dell’iceberg: potrebbero essere molte di più, «influenti corporation finanziariamente e intrinsecamente legate all’apartheid e al militarismo israeliano».
IL TEMA È INDAGATO da anni da ricercatori, storici, economisti, e riassunto in quello che è stato efficacemente ribattezzato «Laboratorio Palestina»: «Facendo luce sull’economia politica di un’occupazione trasformatasi in genocidio – scrive Albanese – il rapporto rivela come l’occupazione eterna sia diventata il banco di prova ideale per i produttori di armi e le grandi aziende tecnologiche, mentre investitori e istituzioni pubbliche e private ne traggono profitto liberamente». Gli esempi, nelle 24 pagine del rapporto, abbondano.
BULLDOZER CHE demoliscono case e infrastrutture palestinesi in Cisgiordania e radono al suolo Gaza; mezzi da lavoro che
Leggi tutto: Imprese, università, fondi… Economia del genocidio a Gaza - di Chiara Cruciati
Commenta (0 Commenti)Mezzo milione di lavoratori stranieri in tre anni. Di fronte alle richieste delle imprese, la destra viene a patti con la retorica dell’invasione e vara un maxi decreto flussi. Ma per quasi tutti la garanzia di regolarizzazione sarà solo sulla carta, così come la promessa di un contratto. Il soggiorno legale resta una crudele lotteria
Non è permesso Il dpcm amplia le quote per i lavoratori stranieri ma è uguale al precedente che aveva funzionato solo per il 10% dei migranti
Ufficio Immigrazione della Questura di Milano – LaPresse
Il bastone e la carota rancida. Le propaganda del governo sulle migrazioni, vessillo identitario delle destre nazionaliste, oltre all’impianto securitario del progetto albanese, alla retorica degli scafisti da «inseguire nel globo terraqueo» (come da celebre frase di Giorgia Meloni) prevede anche la riorganizzazione degli ingressi per lavoro. Già all’indomani dell’insediamento dell’esecutivo, il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti e le associazioni datoriali avevano fatto capire che le frasi da campagna elettorale («Basta ingressi nel nostro paese») erano inadeguate davanti alla presa d’atto che serve forza lavoro per mandare avanti la produzione italiana. Ed ecco che il governo arriva al suo secondo decreto flussi, approvato ieri dal consiglio dei Ministri, ampliando il numero dei lavoratori stranieri ammessi: 500 mila lavoratori stranieri nel triennio 2026/2028.
IL PRIMO DECRETO era stato un fallimento, tanto che nel corso della legislatura era stato più volte modificato ma senza intervenire sulle dinamiche distorsive della procedura, ancorata alla lotteria del clic day e a una burocratizzazione elevata. Con il risultato che la stragrande maggioranza delle persone che avevano fatto richiesta è rimasta senza contratto, senza regolarizzazione, senza diritti: nel 2024 solo il 7,8% dei lavoratori entrati in Italia attraverso il decreto flussi ha ottenuto sia il permesso di soggiorno che un impiego stabile: sono state 9.331 le domande accolte dalle prefetture, su un totale di 119.890 quote assegnate nel corso dell’anno, secondo l’analisi della campagna Ero straniero (promossa da A Buon Diritto Onlus, ActionAid, Asgi, Federazione Chiese Evangeliche Italiane, Oxfam, Arci, Cnca, Cild, Fondazione Angelo Abriani) elaborata sui dati del Viminale. «Il sistema non funziona e non solo per il mancato soddisfacimento delle esigenze del mondo produttivo, ma anche rispetto alla possibilità di garantire canali di ingresso accessibili e praticabili, con tutte le tutele previste alle persone straniere che intendono venire a lavorare in Italia – spiegano gli estensori della campagna – Dalla nostra analisi dei dati degli ultimi decreti flussi emerge chiaramente che solo una parte, esigua, delle persone entrate con i clic day degli ultimi anni ha oggi un contratto e un permesso di soggiorno. Il resto, molto probabilmente, vive nel nostro Paese nella totale precarietà e senza documenti, a rischio sfruttamento».
IL NUOVO DPCM STABILISCE che gli ingressi dei lavoratori extracomunitari siano suddivisi in 164.850 quote per il 2026, 165.850 per il 2027 e 166.850 per il 2028. Per settore, invece, ci saranno 76.850 ingressi per ciascuno dei tre anni per il lavoro subordinato non stagionale e per il lavoro autonomo; per gli stagionali 88.000 per il 2026, 89.000 per il 2027 e 90.000 per il 2028, e infine per colf e badanti 13.600 per il 2026, 14.000 per il 2027 e 14.200 per il 2028. Inoltre, ci saranno «quote preferenziali per lavoratori ad alta qualifica e provenienti da Paesi partner che informano sui rischi dell’immigrazione irregolare», rende noto l’esecutivo, e cioè con gli stessi paesi con cui sono stati fatti accordi per i rimpatri. «Il principio guida – sostengono dal Cdm – è calibrare i flussi sul fabbisogno reale del mercato e sulla capacità di accoglienza a livello locale, favorendo i canali regolari e scoraggiando quelli illeciti». Spiegazione che, però, non ha convinto le formazioni di estrema destra, come Casapound, che hanno parlato di «invasione legalizzata».
LE CIFRE SONO IN LINEA con quanto richiesto dalle categorie degli edili e degli agricoltori, settori a maggioranza di manodopera straniera. Ma i meccanismi che creano la disparità tra domande pervenute e domande accolte non è stato modificato. Lo nota anche Coldiretti, organizzazione non di certo ostile al governo Meloni. «Uno dei problemi principali del
Leggi tutto: Nuovo decreto flussi, nuovo bluff: restano clic day e sfruttamento - di Luciana Cimino
Commenta (0 Commenti)Nella foto: Ragazze tengono dei cartelli durante il Pride di Budapest, una grande manifestazione che ha sfidato i divieti di Orban/AP
Oggi un Lunedì Rosso dedicato all’equilibrio dei poteri.
Quello giudiziario può servire da argine qualora i provvedimenti intrapresi a colpi di maggioranza mettano a i rischio i diritti tutelati dalla Costituzione, come sta accadendo in Italia.
Anche negli Stati Uniti il rapporto tra i poteri dello stato è al centro del dibattito pubblico dopo la decisione della Corte Suprema che sancisce l’impossibilità per i tribunali di bloccare le decisioni dell’esecutivo, ad esempio in tema di migranti.
Equilibrio che invece non esiste da tempo nella Striscia di Gaza, dove l’esercito israeliano spara regolarmente sulla folla durante la distribuzione delle derrate alimentari.
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