Per Mosca un simile attacco giustifica l’uso dell'arma nucleare. In arrivo i primi istruttori militari francesi: la notizia alimenti i timori di uno scontro diretto tra la Nato e Russia
Iprimi militari francesi metteranno ufficialmente piede in Ucraina in tempi brevi. Ad annunciarlo è stato il capo delle forze armate di Kiev, Alexander Syrsky, che ha reso noto un accordo con Parigi per l'invio di "istruttori". Ma è inevitabile che, dopo gli scenari per uno schieramento di truppe occidentali più volte evocato dal presidente Emmanuel Macron, la notizia alimenti i timori di uno scontro diretto tra la Nato e Mosca, accompagnandosi all'invito insistentemente rivolto dal segretario generale Jens Stoltenberg ai Paesi membri di dare il via libera all'Ucraina per colpire il territorio russo con i missili da loro forniti. Sono "già stati firmati i documenti che consentiranno presto ai primi istruttori francesi di visitare i nostri centri di formazione e di familiarizzare con le infrastrutture e il personale", ha scritto su Telegram Syrsky, riferendo di un incontro in video collegamento tra i ministri della Difesa dei due Paesi. "Difenderemo l'Ucraina quanto a lungo sarà necessario e con l'intensità che sarà necessaria, la pace non può essere la capitolazione di Kiev", ha affermato Macron, senza fare riferimento all'annuncio ucraino.
DAVANTI AGLI OCCHI. Raid dal nord al sud di Gaza, altri 32mila palestinesi in fuga da Rafah. Attacchi a Ramallah e Jenin. Gli esperti e i relatori speciali dell'Onu lanciano un nuovo appello: «Basta armi a Tel Aviv»
Il campo sfollati di Tel al Sultan prima e dopo il raid israeliano di domenica scorsa - Maxar Technologies
Del campo di Tel al-Sultan, colpito domenica sera da un raid israeliano, non resta quasi nulla. Le tende che erano sopravvissute alle bombe e al rogo le hanno smontate gli sfollati stessi, quando se ne sono andati. Le immagini satellitari del prima e del dopo le ha catturate Maxar Technologies.
A spiegare le ragioni della fuga di altre 32mila persone sono i numeri resi noti ieri da Save the Children: in quattro giorni di attacchi sulle «zone sicure» di Rafah (così identificate dall’esercito israeliano) sono stati uccisi almeno 66 palestinesi. «Di quali altre prove i leader hanno bisogno per capire che non ci sono assolutamente luoghi sicuri a Gaza? – chiede Xavier Joubert, responsabile della ong per i Territori occupati palestinesi – Sono costantemente in fuga per la loro vita, da una zona pericolosa a un’altra. Non scappano a caso, vanno nelle zone dove Israele ha detto di andare “per la loro sicurezza”. Poi, vengono attaccate».
È ANCHE di questo, della gestione mortifera delle zone sicure, che mercoledì hanno scritto i relatori speciali, gli esperti e i gruppi di lavoro delle Nazioni unite in un nuovo appello: «Da Rafah sono arrivate immagini strazianti di distruzione, sfollamento e morte, tra cui neonati fatti a pezzi e persone bruciate vive…Gli attacchi sono stati indiscriminati e sproporzionati».
Nell’indicare in tali attacchi «gravi violazioni del diritto di guerra e un triste promemoria dell’urgente necessità di un’azione internazionale», relatori ed esperti chiedono inchieste indipendenti, ma soprattutto sanzioni ed embargo: «Il flusso di armi verso Israele deve smettere subito. È abbondantemente chiaro che vengono usate per uccidere brutalmente e menomare i civili palestinesi».
Sono almeno 36.244 gli uccisi a Gaza dal 7 ottobre, a cui si aggiungono per lo meno 10mila dispersi e 81.420 feriti. Tra le aree più colpite, ci sono il campo profughi di Jabaliya a nord, Deir al Balah al centro, Rafah a sud.
A Jabaliya l’offensiva recente è stata particolarmente violenta, con il ritorno delle truppe di terra e dei carri armai israeliani. Ieri molti sfollati sono rientrati nei quartieri distrutti dopo 20 giorni di fuoco. «Il campo di Jabaliya non c’è più – racconta ad al Jazeera una donna, Asma al-Masri – Non ci sono più scuole né ospedali, la distruzione è così grande che non si riesce a immaginare».
Tra le vittime di ieri, c’è il figlio di un giornalista, Motasem Dalloul, ucciso a Gaza City. Un altro dei suoi figli era stato ammazzato a maggio. E sono stati recuperati i corpi senza vita di due paramedici, uccisi nella strage di Tel al-Sultan di domenica: Haitham Tubasi e Suhail Hassouna, fa sapere la Mezzaluna rossa palestinese, sono stati «deliberatamente colpiti sulla loro ambulanza».
È degli operatori umanitari palestinesi che ha scritto ieri Philippe Lazzarini, il capo di Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, sul New York Times. Ai 19 della Mezzaluna, si aggiungono 192 impiegati dell’Unrwa uccisi dal 7 ottobre e i 170 centri colpiti e distrutti. Numeri che Lazzarini elenca in risposta al primo voto alla Knesset che intende dichiarare l’agenzia «organizzazione terroristica»: «Stanno creando un pericoloso precedente di attacchi al personale e alle sedi delle Nazioni unite. (…) Se tolleriamo tali attacchi nel contesto di Israele e dei Territori palestinesi occupati, non possiamo sostenere i principi umanitari in altri conflitti nel mondo».
NELLE STESSE ORE la Israel Land Authority ordinava lo sgombero entro 30 giorni della sede di Unrwa a Gerusalemme est occupata, accusandola di un debito di oltre 7 milioni di dollari verso l’autorità occupante per aver utilizzato «terreno di Stato» per sette anni.
Intanto dentro Israele monta lo scontro nel gabinetto di guerra. Ieri il partito di Benny Gantz ha presentato una proposta di legge per sciogliere il parlamento e tenere elezioni anticipate in chiave anti-Netanyahu. Una mossa che probabilmente morirà sul nascere e a cui il Likud ha già risposto («La dissoluzione del governo di unità è una ricompensa per Sinwar»).
Indirettamente rispondono anche gli israeliani: secondo un sondaggio di Channel 12, il 36% preferisce avere come primo ministro Netanyahu. Gantz segue con il 30%. A tenere su Bibi, ci sono anche gli alleati. Come il ministro ultrà di destra Smotrich che ieri ha minacciato la Cisgiordania: «Vi ridurremo in macerie come Gaza se il terrore contro le colonie continuerà», ha scritto su X nelle stesse ore in cui a Jenin l’ennesima invasione israeliana feriva sei palestinesi e a Ramallah il fuoco israeliano provocava un incendio al mercato della frutta e della verdura.
Si è tenuto ieri pomeriggio (29 maggio) il terzo incontro pubblico online del Dibattito Pubblico sul progetto di quadruplicamento della tratta ferroviaria Bologna - Castel Bolognese-Riolo Terme. Ampia e in crescita anche in questo terzo appuntamento la partecipazione, con circa 200 persone collegate da remoto.
L'incontro tematico del Dibattito Pubblico è stato volto ad approfondire i princìpi generali delle fasi di cantierizzazione e di costruzione e a illustrare in linea generale le procedure espropriative. Dopo l'apertura dell'incontro da parte del Responsabile del Dibattito Pubblico, Andrea Pillon, sono intervenuti Luciano Caronte, Responsabile di Cantierizzazione di Italferr, approfondendo gli aspetti realizzativi e di cantierizzazione dell'opera, e Ivan De Blasis, Progettista di Espropri di Italferr, approfondendo la questione delle procedure espropriative.
A seguire si sono tenuti i tavoli di discussione, divisi per ambito territoriale (area Bologna-San Lazzaro, area San Lazzaro-Dozza, area Imola e area Castel Bolognese), alla presenza dei tecnici di RFI e Italferr che hanno risposto alle domande dal pubblico sugli aspetti relativi al dettaglio dei tracciati dell'opera.
"Ad oggi abbiamo raccolto diciotto tra domande e contributi: alle prime risponderemo o stiamo rispondendo, mentre i secondi verranno raccolti tutti in un piccolo dossier che poi verrà pubblicato sul sito. Stanno poi già arrivando anche delle osservazioni da parte degli enti e delle istituzioni che partecipano al Dibattito Pubblico. I suggerimenti sono particolarmente importanti perché già dalle interlocuzioni che ci sono state negli scorsi incontri, soprattutto sulle alternative di tracciato e anche sulle ragioni dell'opera, si evince chiaramente come Italferr e RFI stiano tenendo conto nelle lavorazioni di molte delle osservazioni che sono emerse" ha dichiarato Andrea Pillon, Responsabile del Dibattito. "Vi confermo inoltre che il 4 giugno abbiamo aggiunto l'incontro con le associazioni degli agricoltori e quindi faremo questo ulteriore approfondimento per tutti gli aspetti che riguardano gli impatti sul comparto agricolo. Vi ricordo infine il 7 luglio come data per la presentazione delle osservazioni e che da ora in poi, oltre ai materiali che si producono durante le serate, sul sito caricheremo anche i video integrali dei singoli tavoli" ha concluso Pillon.
Il Dibattito Pubblico proseguirà con il seguente, e ultimo, incontro pubblico: Mercoledì 5 giugno 2024 | Modalità online | Ore 17.00 - 19.00 | Gli aspetti ambientali
Si può prendere parte al Dibattito in varie forme: partecipando attivamente agli incontri, consultando il sito web (www.dpbolognacastelbolognese.it), dove è possibile trovare informazioni di dettaglio sull'intervento e inviare richieste di chiarimento, e presentando suggerimenti e proposte che saranno caricati sul sito nella sezione "Osservazioni".
RIFORME. «Non l’hanno letto. L’autonomia è una garanzia per i diritti essenziali al Sud che il Sud non ha mai avuto. Magari c’è qualche vescovo che, viste le polemiche che arrivano […]
Salvini alla conferenza stampa per la posa del primo cassone della diga del porto di Genova - Ansa
«Non l’hanno letto. L’autonomia è una garanzia per i diritti essenziali al Sud che il Sud non ha mai avuto. Magari c’è qualche vescovo che, viste le polemiche che arrivano dal Vaticano, si è distratto. Manderò a chiunque voglia approfondire il testo dell’autonomia». Salvini, in tour in Calabria, commenta così la bocciatura dell’autonomia differenziata da parte della Cei.
Replica il vicepresidente per l’area Sud della Conferenza episcopale italiana, Francesco Savino: «Dire che i vescovi calabresi non hanno letto la legge mi sembra un’offesa gratuita: l’abbiamo letta e l’abbiamo studiata con costituzionalisti e professori universitari».
E la premier Meloni polemizza direttamente con il presidente della Cei, Matteo Zuppi, sul premierato: «Non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale italiana, visto che la riforma non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa. Con tutto il rispetto, non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare, quindi nessuno ha mai detto che si preoccupava per questo. Facciamo che nessuno si preoccupa».
IL CASO. Propaganda elettorale sull’aumento dell’occupazione registrato dall’Istat. Per Salvini i dati «smentiscono i profeti di sventura». Per Meloni sono la prova del successo del governo. Landini: "Non vanno visti i numeri ma va guardata la realtà concreta. Un futuro di precarietà per i giovani è una follia"
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Per Salvini i numeri dell’Istat che ieri hanno attestato l’aumento dell’occupazione ad aprile, e il calo della disoccupazione ai minimi da 15 anni, sarebbero una «smentita dei profeti di sventura e della negatività a senso unico di certi giornali». L’aumento di 516 mila occupati in un anno e il tasso di occupazione salito al 62,3% sarebbero la prova che «con il centrodestra al governo il lavoro cresce».
IL MESSAGGIO ELETTORALE del vicepremier ministro delle infrastrutture è stato rilanciato nella serata di ieri dalla presidente del Consiglio Meloni che si è concentrata sull’aumento dei salari. A suo dire, infatti, «l’aumento dei salari del 3% superiore all’inflazione avvenuto da ottobre 2023» sarebbe merito del governo. Sono dati presi dall’indice delle retribuzioni contrattuali orarie del primo trimestre 2024. Rispetto all’anno precedente c’è stato un aumento, in virtù di alcuni rinnovi dei contratti anche nella pubblica amministrazione che, in realtà, hanno recuperato il triennio precedente. Resta invece scoperto il triennio in corso, ad esempio nella scuola. Senza contare che oltre 5 milioni di dipendenti attendono ancora un rinnovo.
CIÒ CHE MELONI non ha detto è anche molto altro. Se l’inflazione cala, questo non significa che i salari abbiano recuperato ciò che hanno perso nel triennio 2022-2024. Sarà pari al 16,9%, stando all’Indice dei prezzi al consumo (Ipca) al netto dei beni energetici importati. Nell’intervento di ieri Meloni ha inoltre fatto balenare la possibilità irrealistica che un modestissimo aumento, per di più parziale, potrebbe avere invertito una storia trentennale costruita sui bassi salari e sull’alta precarietà.
FUORI DALLE NARRAZIONI strumentali la realtà è diversa. Se l’occupazione aumenta questo non significa che i salari tengono il passo. Può invece significare che aumenta il lavoro povero. E, con esso, la povertà relativa e assoluta, insieme a quella minorile. Lo ha dimostrato ieri la ricerca «Domani (im)possibili» curata dalla Caritas con Save The Children secondo la quale la deprivazione materiale degli adolescenti tra i 15 e i 16 anni è aumentata. Quasi uno su dieci – centomila persone – vivono in condizioni di povertà, il 67,4% teme che il lavoro non permetterà di uscire dalla povertà, uno su quattro pensa di non concludere la scuola. Le più scoraggiate sono le ragazze che sanno che le donne in Italia sono le più penalizzate. Per loro il «futuro è una pagina bianca». Va ricordato che, per l’Istat, i minori in povertà sono 1,3 milioni. I poveri assoluti sono 5,7 milioni, la quota di popolazione in povertà relativa è al 22,8%. E 120mila giovani vanno via dall’Italia ogni anno anche a causa della situazione economico-sociale davanti alla quale anche questo governo è totalmente impotente.
VA INOLTRE ANALIZZATA la condizione contrattuale dell’occupazione. «Ci sono 4,5 milioni di lavoratori con il part-time, di cui il 75% donne, soprattutto nel Mezzogiorno, che non arrivano a 10mila euro lordi all’anno – ha ricordato ieri il segretario della Cgil Maurizio Landini – Ci sono 3 milioni di contratti a termine, che lavorano per sei, sette, otto mesi in media all’anno. Ci sono un milione di persone che lavorano a chiamata, vuol dire che lavorano una media di 50-60-70 giorni all’anno. C’è un milione di persone che fa lavoro somministrato, sono aumentate le collaborazioni e le partite Iva».
C’È POI LA CONDIZIONE generazionale. Raffaella Milano di Save The Children ha denunciato «una grave ingiustizia generazionale e di origine sociale, sono i giovani i più colpiti dalla povertà». Questa realtà trova riscontro proprio scorporando i dati dell’Istat che hanno generato il tripudio del governo. Se ne ricava un’immagine esattamente opposta a quella ufficiale. Dai dati risulta un forte l’aumento dell’inattività tra i 25-34enni che subiscono anche un calo del tasso di occupazione dello 0,5% e anche di quello di disoccupazione
«Deterrenza nucleare», dice il ministro degli esteri russo Lavrov. «Atomica dimostrativa», scrive un alto consigliere di Putin. L’idea di sparare armi occidentali sulla Russia scatena reazioni. Ma la Nato insiste e Stoltenberg rilancia: la Russia e poi Iran, Corea, Cina…
GUERRA UCRAINA. Lavrov: «Le armi strategiche a Minsk faranno scattare campanelli d’allarme». Sullo sfondo resta la narrazione nota: l’occidente protrae «una guerra senza senso». Il ministro degli esteri cinese annuncia operazioni congiunte di pattugliamento marittimo e aereo
Un carro armato russo in Ucraina - Ap
Oltre a quello militare, c’è un testa a testa di dichiarazioni. Mentre i paesi membri della Nato si sono riuniti per una due giorni a Praga, con l’intento anche di allargare il fronte dei favorevoli all’impiego delle armi fornite a Kiev contro obiettivi sul territorio russo, dai rappresentanti di Mosca arrivano diverse reazioni di minacciosa contrarietà.
«CI SARANNO inevitabilmente delle conseguenze», ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Aggiungendo: «Sarà molto dannoso per quei paesi che hanno scelto la via dell’escalation. Continuano ad alzare di proposito il livello della tensione».
La linea argomentativa di Peskov è la solita che si ripete praticamente dall’inizio dell’invasione: sono gli Stati uniti e l’occidente a spingere l’Ucraina a combattere, a provocarla «affinché si protragga in una guerra senza senso». In realtà, la richiesta di poter attaccare direttamente sul suolo russo viene portata avanti da settimane da Zelensky e dai vertici militari di Kiev, che pensano in questo modo di poter contrastare più efficacemente l’offensiva di