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NEL PROSSIMO CDM. Il governo procede sull’unificazione delle agende tra servizio pubblico e centri convenzionati. Gli imprenditori potranno vendere esami e visite al Ssn per ulteriori 520 milioni

Liste d’attesa, nel decreto più fondi alla sanità privata Sanità pubblica - LaPresse

Il ministero della Salute ha diffuso una bozza del decreto con cui intende accorciare le liste d’attesa per esami diagnostici e visite specialistiche. Gli interventi riguarderanno soprattutto tre filoni: maggiore ricorso alla sanità privata (ma con soldi pubblici), trasparenza sui tempi effettivi e integrazione delle «agende» tra ospedali pubblici e privati accreditati. I 23 articoli del decreto dovrebbero essere discussi e approvati nel primo consiglio dei ministri di giugno. I pochi giorni che mancano saranno dedicati a trovare le coperture finanziarie. Con il Mef, fanno sapere gli uffici, è in corso «un’intensa trattativa»: non è scontato il via libera di Giorgetti a tutte le misure e il decreto potrebbe arrivare in Cdm sfoltito.

IL PROVVEDIMENTO più importante riguarda i tetti di spesa regionali. Il decreto chiarisce che per abbattere le liste d’attesa le regioni potranno sforare il tetto per le prestazioni sanitarie acquistate da enti privati accreditati – fissato alla spesa sostenuta nel 2021. Fino alla fine del 2024, le regioni potranno spendere lo 0,4% del fondo sanitario complessivo stanziato attualmente dal governo in finanziaria, che ammonta a circa 130 miliardi. Conti alla mano, gli imprenditori della sanità privata quest’anno potranno vendere esami e visite al Servizio sanitario nazionale per ulteriori 520 milioni. In questa cifra, tuttavia, dovrà rientrare anche il finanziamento degli straordinari effettuati dagli specialisti del Ssn, per un costo massimo stimato di circa 100 milioni. Per ogni anno successivo e fino al 2026, il governo ha ulteriormente aumentato i tetti di spesa relativi all’acquisto di prestazione da enti privati di un importo pari all’1% della spesa sanitaria del 2011, dopo aver già innalzati il tetto nell’ultima finanziaria.

OLTRE A FINANZIARE la sanità privata per colmare i buchi lasciati da quella pubblica, il provvedimento interviene sulla trasparenza delle liste d’attesa. Il ministero chiederà alle Regioni di uniformare il modo in cui vengono resi pubblici i tempi previsti per ciascuna prestazione. Attualmente, molte regioni già forniscono al pubblico statistiche in tempo reale, consentendo alla cittadinanza di monitorare la tempestività della propria Asl. Ma ogni Regione comunica questi dati a modo proprio, spesso allo scopo di nascondere le attese più imbarazzanti. L’Agenzia per i servizi sanitari regionali Agenas istituirà invece una Piattaforma nazionale delle liste d’attesa su cui finiranno i dati provenienti dalle Regioni, e che dovrebbe garantire maggiore trasparenza.

ALTRA MISURA importante: attraverso i Cup (Centri unici di prenotazione) dovrà essere possibile prenotare visite e esami anche nelle strutture private accreditate. Attualmente questo è possibile solo parzialmente in molte Regioni (Lombardia e Lazio in testa). Le aziende sanitarie private, infatti, sebbene siano rimborsate dal Ssn, preferiscono mantenere in house la gestione delle proprie agende, allo scopo di proporre ai pazienti visite a pagamento in tempi più rapidi. Non è una teoria del complotto: dopo una denuncia di Medicina Democratica, nel 2023 il gruppo MultiMedica, uno dei colossi della sanità privata milanese, è stato sanzionato dal Tar lombardo per gli incentivi offerti ai centralisti affinché spostassero le prenotazioni dalle agende pubbliche verso quelle private. La misura contenuta nel decreto però non è una novità: l’integrazione delle agende pubbliche e private accreditate nei Cup era stata prevista già cinque anni fa dal «Piano nazionale di governo delle liste di attesa 2019-2021», che istituiva anche un sistema di monitoraggio di cui si sono perse le tracce.

VERRÀ POTENZIATA poi l’attività libero-professionale dei medici specializzandi. Le farmacie potranno effettuare un maggior numero di esami diagnostici, una proposta assai caldeggiata dal sottosegretario e farmacista Marcello Gemmato (FdI). Inoltre, la dotazione finanziaria annua dei servizi di salute mentale sarà aumentata di 80 milioni di euro. Infine, nel triennio 2024-2026 saranno destinati 40 milioni alla realizzazione di nuove Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza

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EUROPEE. Intervista a Ugo Biggeri, fondatore di Banca Etica e candidato con il Movimento 5 Stelle nel nord-est
 Ugo Biggeri - Ansa

«Giorgia Meloni dimentica che molti cittadini italiani che vivono in altri paesi europei beneficiano di misure analoghe all’assegno unico, quindi è giusto che anche i cittadini francesi o spagnoli che lavorano in Italia abbiano questo diritto. È una conquista di civiltà, altro che follia. Meloni rispetti le regole europee» cosi Ugo Biggeri, fondatore di Banca etica e attuale candidato alle europee nelle liste del M5S risponde alle dichiarazioni della presidente del consiglio sulla «follia» della procedura d’infrazione aperta dalla Commissione europea sull’assegno unico del governo.

Meloni si dice sicura che la prossima Commissione Ue cancellerà questa procedura. Lei che maggioranza immagina dopo le elezioni dell’8 e 9 giugno?
Io penso che i partiti di destra saranno più forti ma non decisivi. La spaccatura dentro Id è insanabile e li indebolisce parecchio, inoltre anche dentro Ecr ci sono partiti impresentabili, penso a Zemmour o al polacco Pische è incompatibile con il popolare Tusk. Le forze europeiste devono sotterrare l’ascia da guerra e collaborare per il bene comune. Per quanto ci riguarda faremo valere i nostri voti, non firmeremo nessuna cambiare in bianco ma lotteremo per spostare l’asse della futura maggioranza verso politiche progressiste, di pace e di maggiore giustizia sociale.

È stato uno dei promotori della legge 185 del 1990 sul controllo del commercio di armi. Pensa che oggi quella legislazione venga elusa?
L’attuale governo vorrebbe modificare la legge e avere così mani libere sull’export di armi. Mediobanca ha recentemente pubblicato uno studio in cui stima la spesa globale per la difesa nel 2023 al 2,3% del PIL mondiale, è il suo massimo storico. Queste spese sottraggono risorse preziose alla sanità e all’istruzione e ci costano due volte: con la sottrazione di risorse ai bilanci pubblici e con i costi umanitari, ambientali e delle distruzioni che comportano.

Applicherebbe tutto ciò in Ue?
La legge 185 andrebbe esportata in Europa imponendo, sul modello della finanza etica, trasparenza sugli affari delle banche con le industrie belliche.
Quale fondatore di Rete Lilliput e poi come delegato al Wto ha osservato da vicino la fase della globalizzazione vincente. La guerra è figlia anche della crisi di quel modello economico?
Sì. Ho molto apprezzato la recente analisi pubblicata lo scorso primo maggio dal premio Nobel Joseph Stiglitz che lega l’ascesa delle destre fanatiche e nazionaliste alle storture della globalizzazione governata dai principi che Stiglitz definisce neo-liberali. Il neoliberalismo non ha realizzato quello che ha promesso e anzi, in alcuni paesi ha aumentato le diseguaglianze e la precarietà. In Italia dopo la crisi del 2009-2011 sono stati chiusi centinaia di piccoli ospedali e le scuole sono state accorpate creando le cosiddette classi pollaio. La nostra critica a questo modello di sviluppo è radicale: non ha solo peggiorato l’economia, il che sarebbe già grave di per se, ma ha creato le condizioni per il ritorno dei nazionalismi che hanno funestato la storia europea. Ai leader europei che in questi giorni stanno facendo a gara a elogiare i vari Meloni, Abascal o Wilders io dico: fermatevi e leggete i libri di storia. L’alternativa c’è ed è rappresentata dal rafforzamento dell’Europa sociale, dal reddito minimo europeo e a da politiche di sviluppo che non lascino nessuno indietro.

Dalla finanza etica al M5S: come descriverebbe il suo percorso?
La parola giusta è coerenza. Ho dedicato tutta la mia vita contro il commercio sfrenato di armi e per una finanza etica che sostenesse cittadini e imprese senza speculare sui loro risparmi. Nel M5S e in Giuseppe Conte ho trovato grande attenzione e sensibilità su questi temi. Quindi considero la mia candidatura con loro come un passaggio naturale, poi ho molto apprezzato l’idea di inserire nel simbolo la parola pace. Gli attuali leader europei hanno dimenticato che i padri fondatori dell’Ue l’hanno concepita come antitesi alle guerre. Contro l’attuale corsa al riarmo, condivisa nel voto al parlamento europeo da tutti i partiti di destra e sinistra, gli italiani che si riconoscono nei valori della pace devono impugnare la matita e dare un segnale forte nell’urna.

Che campagna elettorale sta facendo?
Il mio punto di forza sono i contenuti e su questo baso la mia prima campagna elettorale. Ho visto sui social che c’è chi fa leva su meme costruiti con l’intelligenza artificiale nascondendo così il vuoto di proposte e idee. Io invece incontro il mondo della società civile, le associazioni cattoliche e quelle dell’ambientalismo e del pacifismo. Ho avviato anche un dialogo con le piccole e medie imprese: transizione ecologica e gestione delle migrazioni possono essere delle opportunità se indirizziamo adeguatamente le politiche europee

 
 
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La Corte di giustizia internazionale dell’Aia non ha dubbi: a Gaza situazione «disastrosa», Israele fermi subito l’attacco a Rafah e riapra i valichi per far passare gli aiuti. La risposta di Netanyahu: raid intensificati sulla città. «Nessuno può fermarci»

LA SENTENZA. Decisione netta della Corte di giustizia internazionale: situazione «disastrosa», fermare subito l’attacco a Rafah e riaprire i valichi

L’Aia dice basta, Israele risponde col fuoco Gaza. Sfollati palestinesi a Deir Al Balah - Ap

I giudici internazionali hanno scritto un nuovo capitolo del procedimento di accusa di genocidio nei confronti di Israele avviato a gennaio su richiesta del Sudafrica. Ieri la Corte internazionale di giustizia (Cig) dell’Aia, accogliendo gran parte delle ulteriori richieste presentate dal Sudafrica a protezione della popolazione di Gaza, ha ordinato a Israele di fermare l’offensiva in corso contro la città palestinese di Rafah, sul confine con l’Egitto. Contro le speranze dei palestinesi però non ha ordinato un cessate il fuoco immediato e generale a Gaza, così come era accaduto a gennaio.

Leggendo la decisione, il presidente della Corte Nawaf Salam, ha affermato che la situazione umanitaria a Rafah, già «disastrosa», è peggiorata dopo la sentenza emessa a gennaio dalla Cig. «La Corte – ha aggiunto Salam – non è convinta che gli sforzi di evacuazione e le relative misure che Israele afferma di aver intrapreso per migliorare la sicurezza dei civili nella Striscia di Gaza, in particolare nei confronti delle persone sfollate di recente dal governatorato di Rafah, siano sufficienti ad alleviare l’immenso rischio a cui la popolazione è esposta a seguito dell’offensiva a Rafah».

MENTRE LA NUOVA DECISIONE della Corte dell’Aia veniva rilanciata dai media in tutto il mondo, a Rafah una tremenda esplosione ha devastato una zona di Shaboura. In un video si vede una nuvola di fumo nero che si alza verso il cielo. Israele ha poi detto di aver colpito una importante base di Hamas e di aver ucciso, in un altro punto, un comandante di alto profilo del movimento islamico. Per alcuni l’attacco è la risposta dell’esecutivo israeliano alla sentenza della Cig.

La Corte ha anche ordinato a Israele di garantire il libero accesso al valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto in modo da permettere il trasferimento senza restrizioni degli

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EUROPEE. La campagna elettorale di Pace, Terra e Dignità

Michele Santoro Michele Santoro - LaPresse

Vinta la prima sfida, tutt’altro che scontata, della raccolta delle firme per essere presenti alle elezioni, la lista Pace, Terra e Dignità promossa da Michele Santoro e Raniero La Valle adesso si trova davanti una nuova partita, anch’essa nient’affatto semplice: superare lo sbarramento del 4%. I sondaggi la quotano attorno al 2%, in crescita rispetto a qualche settimana fa, quando galleggiava attorno a poco più della metà dei consensi.

«Nonostante la povera di mezzi stiamo tenendo diversi incontri, alcuni dei quali molto affollati – racconta Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista che ha aderito all’iniziativa e che si candida nella circoscrizione sud – Ora ad esempio mi trovo in una libreria a San Salvo, in provincia di Chieti». Per Acerbo, la cosa positiva è che la partecipazione travalica i circoli consueti: persone non particolarmente militanti ma che nutrono un forte sentimento contro la guerra – sostiene – L’altra sera ero a Pescara con Michele Santoro. È la mia città, lì conosco tutto quello che si muove a sinistra. Bene, quella sera c’era gente che non conoscevo».

Khaled Al Zeer, ingegnere di 60 anni, fa parte della generazione dei palestinesi che venne a studiare in Itali negli anni Ottanta. Oggi è presidente della comunità palestinese del Veneto e candidato nel nord-est. «Riusciamo a raccogliere persone che di solito non vengono alle manifestazioni – conferma Al Zeer – Il bacino di consenso è largo». Per lui, la campagna elettorale è tutt’uno con la solidarietà con chi sta a Gaza, sotto le bombe. «Ho partecipato a una missione al Cairo per portare a Trieste 8 bambini mutilati – racconta – Lo faremo ancora. È un’evacuazione privata, gli stati non fanno nulla».

Secondo molti osservatori, la variabile imprevista di queste europee è data dal livello di astensione, che rischia di allargarsi anche rispetto alle ultime consultazioni. Lo stesso Santoro, che per ovvi motivi gioca la parte di front-man tv della lista, ha più volte fatto appello a quelli che sono tentati di restare a casa l’8 e 9 giugno. «Ci rivolgiamo a tutti, ma in particolare a chi non vota – spiega Acerbo – Non vogliamo fare la rissa per contendere lo 0,1% ad altre formazioni cui abbiamo proposto l’unità contro la guerra. Di una cosa, tuttavia, sono sicuro: la misura della contrarietà alla guerra sarà data dal risultato di questa lista».

Il rapporto di Pace, Terra e Dignità con le varie espressioni della sinistra si può spiegare con un doppio movimento. Da una parte gli esponenti della lista rivendicano autonomia dalle logiche di coalizione («Siamo gli unici a fare promesse che gli altri non possono fare o mantenere fino in fondo»). Lo fanno anche servendosi dello schema post-ideologico tipico dei movimenti single issue. Nel caso specifico, Pace, Terra e Dignità nasce per fermare la macchina militare. Fino al punto che alcuni dei suoi candidati dicono che al momento il rifiuto della guerra è «più importante della discriminante destra-sinistra». Tuttavia Santoro, La Valle e compagni hanno detto più volte che per loro la pace è una pre-condizione per potere fare politica, e dunque tutelare l’ambiente e proteggere i diritti dei più deboli (ed ecco il significato rispettivamente di «Terra» e «Dignità»). Questa ambivalenza determina l’atteggiamento della lista verso le altre forze: a volte suona rivendicativo («Soltanto noi siamo coerenti con la storia della sinistra») altre volte più distaccato («Siamo qui per costringervi a parlare di temi, come la guerra, che altrimenti avreste eluso»). Inevitabile, se parliamo dei rischi di questo atteggiamento «oltre gli steccati ideologici» pensare a Nikolaj Lilin, scrittore di origini russe presente in lista nella circoscrizione nord-ovest che più volte ha espresso posizioni nazionaliste.

L’altro grande tema riguarda il rapporto coi media. Michele Santoro si è appellato all’Agcom (con successo) nel caso del confronto a due Schlein-Meloni e poi quando Bruno Vespa gli ha dedicato un monologo nel corso della sua trasmissione (in questo caso, l’authority si è spaccata ma rigettato il ricorso). Si lavora sui social, con le dirette streaming dei personaggi più in vista (c’è anche Paolo Rossi, l’attore, in lista nel nord-est). «Bisogna smontare la narrazione dei media ufficiali sulla guerra – dice ancora Al Zeer – Quando lo facciamo notiamo che certi slogan del centrosinistra sono più in sintonia con la destra. Basti dire che non hanno mai osato chiedere il riconoscimento dello stato palestinese»

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MEDIO ORIENTE. Il nuovo rapporto di Altreconomia sui dati forniti dall'Agenzia delle Dogane: governo Meloni smentito, tra dicembre 2023 e gennaio 2024 l’export è quasi raddoppiato

Due milioni di euro in bombe e missili a Israele dall’Italia. In soli due mesi

 

Prosegue l’inchiesta di Altreconomia che nei mesi scorsi, dati alla mano, ha smentito il governo Meloni rispetto alle affermazioni inerenti l’export militare italiano verso Israele. Gli ultimi dati inediti provenienti dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli rivelano un fatto inquietante: tra dicembre 2023 e gennaio 2024, l’Italia ha esportato verso Israele armi e munizioni da guerra per un valore complessivo di oltre due milioni di euro.

IN APERTA contraddizione il governo Meloni aveva dichiarato uno stop totale alle esportazioni di armi verso Tel Aviv, affermando che le statistiche dell’Istat includevano anche componenti di natura «civile», come rivoltelle e baionette. Problematica l’esportazione di armi «civili» in contesti critici come i Territori palestinesi occupati in Cisgiordania, dove i coloni israeliani sono armati dal ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir in persona, di fronte a una popolazione civile palestinese prevalentemente disarmata che viene costantemente brutalizzata.

I dati delle Dogane, fonte primaria dell’Istat, chiariscono ogni dubbio: le esportazioni riguardano esclusivamente materiale a uso militare. La categoria «Bombe, granate, missili e altre munizioni» ha registrato un incremento impressionante, passando da 730.869,5 euro a dicembre 2023 a 1.352.675 euro a gennaio 2024, nel pieno dell’attacco militare israeliano contro la popolazione civile di Gaza.

GIORGIO BERETTA, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal), conferma che le cifre, al netto delle munizioni comuni, rappresentano esclusivamente materiale militare. Questa situazione pone l’Italia a rischio di sanzioni sulla base di

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IL CASO. Il programma ideologico della nuova sanatoria: «Essere padroni a casa propria». La sfida all’ultimo voto tra Lega e Forza Italia si gioca anche sull’ultimo condono simbolico. Oggi il varo del consiglio dei ministri a quindici giorni dalle elezioni europee

Decreto «Salva casa»: un manifesto elettorale delle destre La presidente del Consiglio Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia) con i suoi vice Matteo Salvini (Lega) e Antonio Tajani (Forza Italia) - LaPresse

Un manifesto elettorale e ideologico. È il decreto «Salva casa» chiamato «pace edilizia» dal vicepremier ministro delle infrastrutture Matteo Salvini. Il governo lo vara oggi nel consiglio dei ministri convocato per alimentare il consenso delle destre a quindici giorni dalle elezioni europee, Il decreto è rivolto a una platea potenziale di proprietari di casa alle prese con sanzioni da pagare, irregolarità o violazioni edilizie che talvolta impediscono la vendita di un immobile. Nella bozza del decreto si parla di «sanatoria». «Non è un condono perché se uno si è fatto 3 piani in più di casa, o la piscina dove non doveva, la risposta è l’abbattimento – ha precisato Salvini – È rivolto a chi non può vendere o rogitare per 30 centimetri di difformità in un appartamento da 100 metri quadri».

IL DECRETO, nei giorni scorsi, ha sollevato qualche malumore tra gli alleati di governo che si sono lamentati del fatto di non avere visto il testo, mentre Salvini lo usava nella sua campagna elettorale. Il testo, inoltre, è stato notato per un intervento del Quirinale che avrebbe persuaso l’esecutivo a eliminare il «Salva Milano»,un’espressione idiomatica con la quale si è inteso indicare un’altra sanatoria sui contenziosi che riguardano i grattacieli. Se sarà il caso la si farà con un’iniziativa parlamentare.

IL «SALVA CASA» ha riscosso l’interesse Forza Italia, protagonista di una lotta all’ultimo voto con la Lega. «Se il decreto che sarà presentato oggi andrà in direzione delle nostre proposte, allora lo sosterremo perché è giusto essere padroni a casa propria – ha detto il vicepremier ministro degli esteri Antonio Tajani – Un tramezzo, una finestra un po’ più grande, una finestra un po’ più piccola, non è un eco-mostro costruito in riva al mare».

«PADRONI A CASA PROPRIA». Ecco il nodo ideologico di fondo, la parola magica delle destre, il concetto che riassume la loro ispirazione. La sua applicazione è vastissima: vale per respingere i migranti, costruire i lager nei paesi terzi, giustificare gli accordi con dittatori o espellere le persone dai quartieri senza servizi dove si vive in condizioni precarie. «Padroni a casa propria» indica, nel «Salva casa», la libertà del proprietario di costruire porticati e vetrate su balconi senza permessi, un tramezzo o un soppalco che non superino il 5 per cento della superficie di immobili fino a 100 metri quadri, il 4% nel caso di quelli fino a 300 metri quadri. Oppure la possibilità di godere della sanatoria per interventi difformi rispetto al permesso di costruire o alla segnalazione certificata di inizio attività (Scia) che sono impediti dalla «doppia conformità», un istituto che impone di rispettare le normative urbanistico-edilizie sia quando si fanno i lavori, sia quando si presenta una sanatoria.

NELLA RELAZIONE illustrativa che accompagna la bozza del «piano Casa» c’è l’auspicio che queste misure servano a smuovere il mercato delle compravendite immobiliari che, com’è noto, è invece bloccato dagli alti tassi di interesse sui mutui voluti dalla Bce. In pratica, il governo sta dando la possibilità di aumentare il valore dell’immobile scontando le penalità previste in certi casi.

«FARE CASSA». A smentire questa storiella che accompagna ogni sanatoria sono utili i dati della Cgia di Mestre che ha ripercorso le vicende dei condoni del 1985 (governo Craxi), del 1994 (Berlusconi I), del 2003 (Berlusconi II). Incassi inferiori alle attese (anche del 70%). Nel frattempo cresce l’abusivismo edilizio. Secondo il rapporto Bes, licenziato dal ministero dell’economia il 6 marzo, nel 2022 è stato il più ampio dal 2008: +9,1%. Legambiente, nel rapporto «Abbatti l’abuso», ha registrato l’aumento dei reati legati al «ciclo del cemento». Nel Centro-sud, tra il 2004 e il 2022, sono state emesse oltre 70 mila ordinanze di demolizione. Le sanatorie edilizie contribuiscono sia alla perdita di fondi pubblici che al «collasso della legalità»

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