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Irlanda, Norvegia e Spagna riconoscono lo Stato di Palestina mentre i carri armati israeliani entrano a Rafah. Nuovi raid sulle tende degli sfollati palestinesi ad al-Mawasi, dopo le bombe sul campo di Tel al-Sultan. Ma le sanzioni a Israele sono ancora tabù

INTERVISTA. Tommaso Fabbri, capomissione Msf in Palestina: «Con 36mila uccisi in pochi mesi è difficile pensare che siano solo effetti collaterali. Lavoro da anni nell’umanitario e non ho mai visto attacchi così indiscriminati»

Feriti nell’ospedale Al Aqsa di Deir al Balah Ap/Abdel Kareem Hana Feriti nell’ospedale Al Aqsa di Deir al Balah - Ap/Abdel Kareem Hana

Cessate il fuoco, protezione dei civili, assistenza umanitaria e fine degli attacchi sulle strutture sanitarie: sono alcune delle richieste mosse da 18 operatori e operatrici di Medici senza Frontiere Italia in una lettera aperta al governo italiano. Ne abbiamo parlato con Tommaso Fabbri, capomissione della ong in Palestina.

Come nasce l’iniziativa?
Nasce da una situazione catastrofica che non sappiamo più come descrivere. Nasce per sensibilizzare chi in maniera diretta e indiretta ne è responsabile. A Gaza da mesi vediamo morte, attacchi indiscriminati sulla popolazione civile, ospedali distrutti. Non c’è più un posto sicuro, non c’è alcun rispetto dello spazio umanitario. Il nostro è un grido disperato al governo Meloni: serve una pressione efficace per il cessate il fuoco e la protezione dei civili. Non chiediamo cose politicamente inaccettabili, è il minimo per uno stato democratico.

Perché chiederlo ora?
Lo chiediamo da tanto, il nostro segretario generale ha parlato anche al Consiglio di Sicurezza Onu. Ma non si è mosso nulla e ora a preoccuparci è Rafah: ogni volta che c’è un ingente spostamento di popolazione il rischio sanitario è enorme.

Alcuni stati lanciano aiuti dal cielo, gli Stati uniti hanno promosso un porto temporaneo appoggiandosi a ong come World Central Kitchen e Open Arms. Molti criticano tali iniziative: è un modo per bypassare gli obblighi di Israele ad aprire i valichi di terra. Qual è la vostra posizione?
Uno degli sforzi maggiori del mio team riguarda l’accesso agli aiuti umanitari. È un problema cronico, esasperato dalla guerra: è Israele che ha sempre deciso quando aprire o meno l’ossigeno a Gaza. Il lancio di aiuti dal cielo è una modalità estremamente costosa, pericolosa e poco efficiente. Ben vengano le iniziative come il porto ma non devono essere messe in competizione con il resto, non si deve deresponsabilizzare Israele dal suo obbligo primario di fare entrare gli aiuti dai valichi di terra.

Nelle scorse settimane Msf è stata costretta a sospendere le attività in alcuni ospedali di Gaza. Per quali ragioni?

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VERTICE DEI MINISTRI DEGLI ESTERI . «Il diritto internazionale umanitario si applica a tutti, anche alla condotta di guerra di Israele». Crosetto: Tel Aviv «Non più giustificabile». Tajani: «Sì allo stato di Palestina»

Cambio di passo Ue. Baerbock: «La sentenza Aja va rispettata» Annalena Baerbock - Ap

Condanna per l’attacco israeliano su Rafah, richiesta a Tel Aviv di dare seguito all’ordine della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja fermando l’offensiva su Rafah, intesa politica per il ripristino di EuBam, la missione di assistenza per la gestione del valico di Rafah. Queste le conclusioni raggiunte dal Consiglio Ue dei ministri degli Esteri riunito ieri a Palazzo Europa di Bruxelles. In aggiunta, il Consiglio ha chiesto a Israele di non smettere di finanziare l’autorità palestinese, che senza fondi potrebbe dissolversi, come anche di evitare di definire l’Unrwa un’organizzazione terroristica, impedendole così di lavorare a Gaza come anche in Cisgiordania.

ABITUATI come siamo a soppesare sottilissimi slittamenti diplomatici tra un vertice di questo tipo e un altro, frutto di estenuanti trattative tra le 27 capitali dell’Unione, stavolta gli elementi di novità risultano decisamente più marcati. Soprattutto grazie a una diversa postura da parte di Berlino. La responsabile Esteri del principale governo europeo nonché tradizionalmente sostenitore di Israele – tanto da mettere il freno ad ogni iniziativa che possa infastidire il governo Netanyahu -, l’esponente dei Gruenen Annalena Baerbock, ha affermato senza mezzi termini che «la sentenza dell’Aja su Rafah va rispettata», aprendo contestualmente alla possibilità di rilanciare la missione Ue per la protezione del confine a Rafah. «Il diritto internazionale umanitario si applica a tutti, e questo vale anche per la condotta di guerra di Israele».

Parole chiare, anche se non è una novità, dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell, che si è detto «inorridito» degli attacchi israeliani e ha rimarcato come «a Gaza nessun luogo è sicuro». Il capo della diplomazia Ue è reduce, insieme al presidente del Consiglio europeo Charles Michel, dall’incontro di domenica scorsa con il premier palestinese Mohamed Mustafa.

IL RICONOSCIMENTO della Palestina è «la cosa giusta da fare» per arrivare alla pace in Medio Oriente, si è detto convinto Mustafa riferendosi al passo di Norvegia, Irlanda e Spagna, che formalmente si compie oggi, e invitando gli altri paesi Ue a seguirne l’esempio. A margine della riunione del Consiglio Esteri ieri, Borrell non solo ha condannato Tel Aviv per il suo mancato rispetto dell’ordine della Cig dell’Aja di fermare l’offensiva su Rafah, ma ha anche difeso il procuratore Karim Khan dall’accusa di antisemitismo: una «intimidazione inaccettabile», come sempre accade «per chiunque faccia qualcosa che non piace al governo Netanyahu».

Dal vertice di ieri sono emersi altri elementi di novità. Il primo, che rimane più sul versante delle intenzioni diplomatiche, è la richiesta dei paesi arabi ieri presenti a Palazzo Europa di una conferenza internazionale di pace per discutere il piano dei due stati, e va a rafforzare una precedente proposta di Bruxelles. Il secondo ha a che fare con sostanziosi interessi commerciali e riguarda l’accordo di associazione Ue-Israele, in vigore dal 2000, su cui già da marzo pendeva un’iniziativa di Madrid e Dublino favorevoli alla revoca. Ora i ministri del 27 chiedono di discutere con Tel Aviv il rispetto dei diritti umani a Gaza, che sulla carta è una delle principali condizioni perché ci possano essere gli scambi. Per avere un ordine di grandezza, basterebbe menzionare i dati ufficiali forniti dalla Commissione Ue: l’Unione è il maggior partner commerciale di Tel Aviv (quasi 30% del suo commercio di beni) e nel 2022 l’ammontare degli scambi commerciali ha raggiunto 46,8 miliardi di euro.

È VERO che e le dichiarazioni, come spesso accade in occasione questi vertici Ue, sopravanzano di gran lunga decisioni reali e i loro effetti concreti, ma la posizione italiana spicca comunque tra quelle dei paesi Ue. Se da Roma il ministro della Difesa Crosetto definisce le scelte militari di Israele a Gaza «non più giustificabili», la linea del governo la detta il ministro degli Esteri Tajani dal Consiglio a Bruxelles: «Siamo favorevoli alla nascita di uno stato palestinese», precisa Tajani «però deve riconoscere Israele e deve essere riconosciuto da Israele. Lo Stato palestinese non può essere guidato da Hamas, che è un’organizzazione terroristica». Ed è a Bruxelles, più che al governo italiano, che si rivolge la segretaria del Pd Elly Schlein, quando afferma: «L’Unione europea si deve muovere con una voce sola e forte per fermare questa follia, che come abbiamo sempre detto si sta traducendo in un’ecatombe». La voce unica in Europa fatica a prendere corpo, ma la direzione di marcia sembra ormai decisa

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A tre giorni dall’ordine dell’Aja di cessare il fuoco, l’esercito israeliano bombarda le tende di Rafah, di notte. Scoppia un incendio, almeno 45 palestinesi uccisi. Netanyahu: «Un tragico errore». Il mondo condanna ma non agisce

DAVANTI AGLI OCCHI. Il bilancio potrebbe salire: sono decine i feriti con gravi ustioni. L’attacco avvenuto di notte. Netanyahu: «Un tragico errore».

Sulle tende di Rafah bombe da 2 tonnellate. Poi il rogo: 45 uccisi Quello che resta delle tende di Rafah colpite domenica notte - foto Ap/Abed Rahim Khatib

Quando le luci del giorno ieri hanno illuminato Rafah, i roghi non erano ancora tutti spenti. La scena davanti agli occhi di tutti è stata raccapricciante. L’accampamento di Tel al Sultan, dove migliaia di sfollati avevano trovato un rifugio per mesi, è apparso come un terreno annerito ricoperto di tende bruciate, lamiere contorte e oggetti carbonizzati. E su di esso madri in lacrime accanto ai corpi senza vita dei figli e uomini impegnati ad avvolgere i morti nei kafan, i teli bianchi diventati il simbolo dei civili innocenti uccisi dai bombardamenti israeliani. Khaled Yazji, uno sfollato, domenica sera ha visto il campo di tende trasformarsi in pochi attimi in un cerchio di fuoco e fiamme. «C’è stata prima un’esplosione» ricordava ieri Yazji parlando con giornalisti locali, «poi è arrivato l’incendio, con fiamme alte. Ero lontano, ma sentivo lo stesso le urla strazianti di chi era rimasto intrappolato». Abed Al-Attar, è rimasto seduto in silenzio per ore accanto ai corpi del fratello, della cognata e di altri parenti uccisi dall’incendio. Intervistato dall’agenzia Reuters, non ha trattenuto la rabbia contro il governo Netanyahu e i comandi militari che per settimane hanno ripetuto che i civili palestinesi non sarebbero stati toccati dall’avanzata su Rafah. «Israele è bugiardo. Non c’è sicurezza a Gaza, né per un bambino, né per un uomo anziano, né per una donna» ha commentato Al-Attar. «Cosa hanno fatto per meritarsi questo? I loro figli sono rimasti orfani», ha aggiunto indicando i corpi intorno a lui nella desolazione di una tendopoli che si è trasformata in un cimitero.

Non era ancora definitivo ieri sera il bilancio dell’attacco aereo israeliano. 45 i morti e circa 250 i feriti, secondo i dati ufficiali del ministero della sanità. 23 delle vittime erano donne, bambini e anziani. Ufficiosamente si parla di almeno 50 morti, un numero destinato a crescere per le condizioni critiche di tanti feriti. Alcuni hanno subito ustioni su gran parte del corpo e nell’unico centro sanitario di Tel el Sultan e nell’ospedale da campo della Croce Rossa non si può fare molto per aiutarli. Alcuni sono stati trasferiti negli ospedali Nasser e Amal di Khan Younis che soffrono ancora dei danni riportati durante il lungo assedio che hanno subito dalle forze israeliane nei mesi scorsi.

«È stato un tragico incidente di cui rammaricarsi». Così Netanyahu alla Knesset ha definito i fatti di Rafah durante un incontro con le famiglie degli ostaggi israeliani a Gaza che lo hanno contestato perché la leadership di Hamas, dopo questo ennesimo massacro, dice di non essere disposta a riprendere le trattative per la

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Hero image Nella foto: Dopo un raid israeliano a Rafah, nel sud di Gaza, dove sono ammassati oltre un milione di profughi palestinesi @Ap

Oggi un Lunedì Rosso dedicato ai personaggi. Il fumettista Zerocalcare che segue il processo a Ilaria Salis a Budapest. Sean Baker che vince la Palma d’Oro a Cannes con il suo “Anora”. James Ellroy, il “demon dog” della letteratura americana, intervistato dal manifesto nell’atrio del Maxxi di Roma. Ma anche Seif Bensouibat, rifugiato politico algerino che ha perso il lavoro e rischia l’espulsione dall’Italia per dei commenti filo Hamas scritti in una chat privata. L’altro personaggio chiave di questa settimana è Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea in cerca del secondo mandato, tra le spinte telluriche a destra e un difficile tentativo di rinsaldare la governance centrista dell’Unione.

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Operatori e volontari sono impegnati in queste ore nello sbarco dei 52 migranti della Sea Eye. Arrivata con un leggero ritardo rispetto al previsto, la nave ha fatto salire i medici dell’Usmaf che hanno svolto le prime operazioni sanitarie a bordo. Lo sbarco si svolge a Marina di Ravenna, alla banchina Fabbrica Vecchia. E’ l’undicesimo sbarco di profughi a Ravenna, il primo si è svolto il 31 dicembre del 2022. In mezzo alla macchina dell’accoglienza spunta anche un cartello di benvenuto in lingua inglese.

De Pascale: “Il sistema dell’accoglienza non funziona”

Così il sindaco Michele De Pascale: «Oggi a Ravenna, sempre per decisione del Governo Meloni, c’è stato l’undicesimo sbarco, di migranti salvati in mare, nella storia della nostra città. Grazie all’umanità, all’organizzazione e alla professionalità del personale socio-sanitario, di mediazione culturale, delle forze dell’ordine e di polizia e dei servizi tecnico nautici e a tutti i volontari e volontarie. L’anello di Ravenna è uno dei pochi che funziona in Italia, con il Governo che sceglie di prolungare il viaggio delle navi dalle zone SAR fino ai porti del nord, impedendo loro di salvare ulteriori vite nel Mediterraneo. Ma soprattutto non funziona il sistema dell’accoglienza nel nostro Paese. Queste persone, dopo aver ricevuto assistenza sanitaria e superato i controlli di polizia, entreranno in un limbo, aspettando di sapere se potranno ottenere un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Se non lo riceveranno, diventeranno sostanzialmente clandestini. Mancano percorsi di insegnamento della lingua italiana e di inserimento nel mondo del lavoro strutturati. Il Governo fa solo propaganda, rifiutandosi di affrontare seriamente e umanamente il tema dei flussi migratori. Noi continueremo a batterci affinché i flussi migratori vengano gestiti con umanità e organizzazione».

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INFLUENCER. La premier ritorna all’arringa sui social, ripresa dai telegiornali. Attacchi alle opposizioni: «La sinistra in Italia limita la libertà». Il comitato di redazione di RaiNews24: «La rete tv di Meloni esiste davvero»

 Giorgia Meloni - Ansa

«L’unica TeleMeloni che esiste è questa, tutto il resto sono fake news di una sinistra che essendo abituata ad occupare la televisione pensa che gli altri siano come lei»: così la presidente del consiglio torna sui social e riprende il suo diario di bordo da Palazzo Chigi, a metà tra le comunicazioni istituzionali e il confessionale del Grande fratello. Il format, in realtà, è pensato esattamente come un lungo monologo (oltre 22 minuti) tutt’altro che interattivo: non prevede domande e consente a Giorgia Meloni di raccontare la sua versione della realtà. Lo strumento, ovviamente, raggiunge i follower ma serve anche a rimbalzare sui media tradizionali: anche così la narrazione unilaterale della destra detta la linea. Peraltro, accusano dal Pd, «i tg considerano ai fini della par condicio un video di propaganda della candidata Meloni come se fosse un intervento istituzionale della presidente del consiglio». Dal comitato di redazione di RaiNews24 dicono che su TeleMeloni c’è poco da ridere: «Non è una novità – affermano – Esiste da tempo a RaiNews24 grazie alla direzione di Paolo Petrecca». Cioè il direttore che ha mandato in onda in versione integrale il video-blog della premier.

SI È APPUNTO in piena campagna elettorale, dunque Meloni prende le mosse dal decreto-sanatoria sulla casa approvato due giorni fa dal consiglio dei ministri, che «permetterà di dare risposte a una serie di esigenze abitative e anche di dare un po’ di respiro al mercato immobiliare». «Non parliamo ovviamente di abusi edilizi che nessuno di noi intende sanare – mette le mani avanti – Sono piccole irregolarità, per lo più formali e burocratiche». E se non ci sono soldi da spendere, la colpa è del «fardello del Superbonus e degli altri bonus edilizi introdotti dal governo Conte II – spiega – Gli implacabili report di Istat, Bankitalia, Upb, Fmi, confermano che questa misura ha avuto un costo altissimo e un beneficio minimo. Il costo di tutti i bonus edilizi è pari a 220 miliardi euro, più dell’importo dell’intero Pnrr». Poi fornisce la sua versione del dietrofront sul redditometro (spoiler: anche in questo caso è colpa di chi c’era prima): «Nel 2015 il governo Renzi ha normato il meccanismo in modo vessatorio per il contribuente – è la ricostruzione di TeleMeloni – Nel 2018 il governo Conte I ha deciso di abolire quel redditometro dichiarando che avrebbe emanato un nuovo decreto ministeriale, più attento ai diritti del contribuente. Solo che questo decreto non è mai arrivato» e allora il Mef ha emanato un «decreto per fissare dei paletti» che è stato «sospeso e in accordo col viceministro Maurizio Leo». Ancora, la premier rilancia il tema della procedura di infrazione europea sull’assegno unico, che evidentemente ha scelto come caso emblematico della Commissione Ue che vorrebbe: quel poco di welfare che resta non vada a migranti e stranieri.

PROSEGUE il duello a distanza con Elly Schlein. «Ha detto che in questo anno e mezzo io starei cancellando la libertà delle persone – dice la premier – Accuse singolari da chi ha varato provvedimenti per chiudere dentro casa la gente durante la pandemia, provvedimenti sui quali invece noi votammo contro. La conclusione ricorda i fasti dell’era berlusconiana: «La libertà in Italia è sempre stata limitata solo dalla sinistra». A questo punto si inserisce Giuseppe Conte, che ci tiene a rivendicare il suo ruolo durante il lockdown e rilanciare la sfida del dibattito tv: «Giorgia pur di sfuggire al confronto con me ora te la prendi con la Schlein per le chiusure in pandemia – rivendica il leader M5S – Scusa ma Schlein che c’entra? Non ha avuto nessun ruolo. Se vuoi confrontarti su questo ritroviamoci da Mentana o dove vuoi tu che ti spiego tutto».

LA REPLICA di Schlein invece arriva da Napoli, dove la segretaria del Pd partecipa alla manifestazione della Cgil contro l’autonomia differenziata: «Una sedicente patriota spacca in due il paese per il cinico baratto con la Lega sul premierato – afferma – Chi limita la libertà dei cittadini è chi, come il governo, con scelte dissennate taglia la sanità e tiene i salari bassi»

 

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