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STRISCIA DI SANGUE. L’arrivo del caldo e la fuga da Rafah hanno aggravato una situazione già disastrosa

Deir al-Balah, Striscia di Gaza: bimbi palestinesi camminano sulle macerie Deir al-Balah, Striscia di Gaza: bimbi palestinesi camminano sulle macerie - Abed Rahim/Ap

A sera è esausto dopo una giornata passata a cercare cibo, acqua e qualche lavoretto per sopravvivere. Eppure, Adham Al Samouh quasi non riesce a chiudere occhio la notte nella sua tenda ad Abraj Al-Qastal, una località alla periferia di Deir al Balah. «Riesco a dormire a malapena due ore» racconta a un giornalista di Gaza «la mia tenda è calda e ci sono insetti di ogni tipo, alcuni li conosco altri non li ho avevo mai visti prima. I miei figli ed io siamo pieni dei loro morsi. E dobbiamo guardarci dai ratti che girano di notte intorno alla nostra tenda alla ricerca di cibo».

POTREBBERO riferire lo stesso tutti gli altri palestinesi a cui l’attacco israeliano a Gaza ha distrutto la casa oltre ad uccidere parenti, che sono stati costretti a sfollare e che da mesi vivono nelle tende, scappando da una città all’altra. Per due milioni di palestinesi l’arrivo della stagione calda aggrava una condizione già estrema, così come ha fatto l’inverno. Come i civili di Gaza vivranno nei prossimi mesi però non dipenderà solo dal clima, dal caldo e dal freddo. La catastrofe sanitaria e ambientale che devasta la Striscia è immensa a causa dell’inquinamento e della distruzione con bombe e missili delle infrastrutture e delle reti fognarie. E non potrà che peggiorare, giorno dopo giorno, con la ripresa ad ampio raggio dell’offensiva israeliana e la fuga di centinaia di migliaia di persone da Rafah sotto attacco.

LA DIFFUSIONE di malattie infettive è già in atto, avvertono l’Oms e le Nazioni unite che, peraltro, entro pochi giorni potrebbero dover sospendere completamente le operazioni di soccorso e assistenza se non verrà fatto entrare carburante nella Striscia, ora bloccato ai valichi tra Gaza con Egitto e Israele. Parlando all’agenzia turca Anadolu, la portavoce dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), Olga Shirevko, ha lanciato l’allarme sulla condizione degli sfollati scappati da Rafah, con poco o nulla, per raggiungere le aree di Mawasi e la parte centrale del territorio. Assisterli sarà una impresa ardua, ha aggiunto prima di lanciare un appello al mondo «a non dimenticare Gaza e la sua popolazione».

LE ACQUE reflue che scorrono tra le macerie di città e villaggi senza più controllo e attività di depurazione a causa della mancanza di elettricità e dei bombardamenti delle infrastrutture, hanno contribuito alla diffusione di insetti e altri animali. Così come l’accumularsi dei rifiuti dopo l’interruzione di qualsiasi attività delle amministrazioni comunali da quando Israele ha lanciato la sua offensiva. Il problema dei rifiuti, inclusi quelli sanitari, non raccolti e smaltiti è un’emergenza molto pericolosa, ammonisce il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp) secondo cui se la questione non sarà affrontata avrà conseguenze pesanti per la salute pubblica. I rifiuti, prevedono gli esperti, proseguiranno a contaminare i terreni e la falda acquifera. Prima del 7 ottobre Gaza produceva 1.700 tonnellate di rifiuti al giorno che venivano riversate in due discariche principali. In particolare, quella di Johr Dik, con milioni di tonnellate di rifiuti accatastati fino a 35 metri dal suolo. I veicoli per la raccolta erano cronicamente insufficienti e la pulizia dei centri abitati era limitata a dir poco. La guerra ha paralizzato tutto aggravando un quadro già disastroso.

L’Undp ha messo in campo un’iniziativa per sostenere il Joint Solid Waste Management Services Council (Jsc-Krm) nei governatorati meridionali di Rafah, Khan Younis e nell’area centrale che prevede la distribuzione di carburante per gli automezzi ancora funzionanti e la ripresa delle operazioni di raccolta dei rifiuti, ma senza il cessate il fuoco e la fine dei movimenti di centinaia di migliaia di sfollati su e giù per la Striscia, questi sforzi sono inutili.

MAJED AL-SIR, sfollato dal nord, riferisce che topi di ogni misura vagano liberamente e attaccano i magazzini con cibo e farina. «I cani randagi» aggiunge «costituiscono un altro problema, molti di loro sono diventati aggressivi a causa della violenza delle esplosioni causate dalle bombe e perché affamati». Mohammed al Balimat, del villaggio Masdar, dice che la guerra ha fatto spostare verso le aree popolate dagli sfollati scorpioni, serpenti e piccoli rettili.

In cima ai problemi che si moltiplicano e aggravano la crisi umanitaria frutto dell’offensiva israeliana c’è sempre il collasso quasi completo del sistema sanitario. Asma Musaed, medico nel campo profughi di Al-Maghazi, riferisce un continuo aumento di infezioni, malattie della pelle e intestinali causate dall’inquinamento ambientale. «E naturalmente – aggiunge – non possiamo dimenticare la scabbia, i pidocchi, le zecche e altri parassiti che affliggono soprattutto i bambini. Problemi seri che dovrebbero essere affrontati da un sistema sanitario attrezzato e in grado di funzionare, ma a Gaza non c’è più, gli ospedali sono fermi e la medicina di base è impossibile in queste condizioni».

ANDREA DE DOMENICO, capo di Ocha nei Territori occupati, in questi giorni a Gaza, sottolinea che le Nazioni unite ripetono senza essere ascoltate che la situazione non potrà che peggiorare. «Ormai anche un livello minimo delle condizioni igienico-sanitarie è un miraggio» dice al manifesto «la disponibilità di gabinetti e docce è minima rispetto al numero delle persone. A pagare sono soprattutto le donne senza più privacy in tendopoli con migliaia e migliaia di persone»

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ALL’ARENA. Bergoglio sferza i capi di Stato: «La pace si fa con le mani e gli occhi dei popoli coinvolti. Chiedete ai leader di ascoltarvi perché gli accordi nascano dalla realtà»
 Papa Francesco allo stadio Bentegodi foto di Filippo Venezia/Ansa Papa Francesco allo stadio Bentegodi - foto di Filippo Venezia/Ansa

È stato un bagno di folla e un evento mediatico, ma con forti riflessi politico-ecclesiali, il viaggio del papa a Verona, in occasione dell’Arena di Pace 2024. L’incontro, presentato da Amadeus in un ennesimo corto circuito tra «sacro e profano», è stato solo il culmine di un processo di approfondimento, dialogo e confronto di numerose realtà ecclesiali su Migrazioni; Ecologia integrale e stili di vita; Lavoro, economia e finanza; Diritti e democrazia; Disarmo. E un modo per misurare la forza e il radicamento che la Chiesa può ancora mostrare su temi che in modo inedito la vedono ormai molto distante sia dai governi che da parte dell’opinione pubblica occidentale. La guerra in Ucraina e a Gaza ne sono stati esempi particolarmente dirompenti, come già in precedenza il tema dei migranti.

Sotto papa Francesco – ma il processo era cominciato già da prima di lui – il rapporto tra il pontificato e l’opinione pubblica laica e cattolica è molto cambiato. Dopo secoli in cui il papa è stato percepito come una figura ieratica e distante, si è passati in pochi decenni da Pio XII che si faceva riprendere solo dopo aver attentamente studiato ogni gesto o parola, a Francesco, che risponde in diretta a domande di ogni tipo e parla a braccio anche della sua vita privata. Questo processo di «umanizzazione», già intrapreso Wojtyla, Bergoglio lo ha particolarmente accentuato; e oltre che omologare definitivamente la Chiesa a una dimensione «pop» cui era (forse) ormai impossibile sottrarsi, l’attuale pontefice ha però veicolato anche contenuti sociali e messaggi politici, specie legati al tema della giustizia, della pace e del disarmo. Anche il programma della visita del papa è stato intensissimo. Decollato dall’eliporto del Vaticano, Bergoglio di buon mattino è atterrato nel piazzale adiacente allo Stadio Bentegodi. Di lì in auto alla Basilica di San Zeno, dove ha incontrato in chiesa preti e consacrati e, in piazza, bambini e ragazzi. Quindi il trasferimento all’Arena per presiedere l’Incontro «Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno». Il papa è arrivato mentre don Luigi Ciotti parlava di no alla guerra e alle armi. E sul palco ha ricevuto la bandiera della pace dal missionario comboniano padre Alex Zanotelli, una vita spesa a difesa degli ultimi e tra i massimi riferimenti della Chiesa progressista.

Verona, Maoz Inon e Aziz Sarah foto di Emanuele Pennacchio/Ansa
Verona, Maoz Inon e Aziz Sarah foto di Emanuele Pennacchio/Ansa

Bergoglio ha poi risposto ad alcune domande poste dagli operatori e dai rappresentanti dei movimenti popolari presenti. Il tono è sempre quello che mescola il senso comune a uno sguardo in parte tradizionale e in parte progressista sull’attualità contemporanea, specie su guerre e diritti. Come in questo passaggio: «La cultura fortemente marcata dall’individualismo rischia sempre di far sparire la dimensione della comunità, dei legami vitali che ci sostengono e ci fanno avanzare. E questa in termini politici è la radice delle dittature. E inevitabilmente produce delle conseguenze anche sul modo in cui si intende l’autorità». Chi ricopre un ruolo di responsabilità rischia così «di sentirsi investito del compito di salvare gli altri come se fosse un eroe. Questo avvelena l’autorità». L’intervento del papa è stato tutto segnato dal no alla guerra e dal sì alla comunità: «Sono sempre più convinto che il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È soprattutto nelle mani dei popoli. Voi, però, tessitrici e tessitori di dialogo in Terra Santa, chiedete ai leader mondiali di ascoltare la vostra voce, di coinvolgervi nei processi negoziali, perché gli accordi nascano dalla realtà e non da ideologie. La pace si fa con i piedi, le mani e gli occhi dei popoli». Il papa ha stretto a sé in un abbraccio l’israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sairah, al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello; i due, ora amici e collaboratori, sono stati salutati dall’arena con una standing ovation.

Dopo l’Arena, il papa ha raggiunto la Casa Circondariale di Montorio, per un incontro con gli i detenuti, gli agenti di Polizia Penitenziaria, gli operatori e volontari. «Conosciamo la situazione delle carceri, spesso sovraffollate, con conseguenti tensioni e fatiche. Vi sono vicino e rinnovo l’appello affinché si continui a lavorare per il miglioramento della vita carceraria», ha detto il papa, che con i detenuti ha anche pranzato, per poi recarsi in auto allo stadio per la messa di Pentecoste coi giovani

 
 
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GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO L’OMOTRANSFOBIA. Il documento proposto a Bruxelles in occasione della Giornata internazionale contro l’omotransfobia. Meloni sul fronte orbaniano. Roccella rivendica: «Non firmiamo e non lo faremo perché promuove il gender»

 Manifestazione contro l'omotransfobia - LaPresse

«Dal 17 maggio 2023 a oggi gli organi di informazione hanno riportato 149 casi di violenze o discriminazioni generate dall’odio verso le persone Lgbtqi+». In occasione della Giornata Internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, l’Arcigay fa il punto sui crimini d’odio. Mentre, secondo un sondaggio condotto dall’Agenzia per i Diritti Fondamentali dell’Ue, in Italia il 18% della popolazione Lgbtqia+ dichiara di aver subito tentativi di «conversione» o «guarigione» dall’omosessualità. In un caso su 5 questo tipo di violenza avverrebbe in famiglia.

EPPURE, L’ITALIA È UNO dei 9 Stati sui 27 dell’Ue (insieme a Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Rep. Ceca e Slovacchia) a non aver firmato la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbtiq+ presentata dalla presidenza di turno belga. I diciotto Stati che invece hanno firmato la dichiarazione proposta come testo conclusivo di una conferenza di alto livello organizzata a Bruxelles in occasione dell’Idahot, la Giornata internazionale contro l’omotransfobia, si impegnano ad attuare le strategie nazionali Lgbitq e a sostenere la nomina di un nuovo Commissario per l’Uguaglianza quando sarà formata la prossima Commissione. La quale viene invitata a perseguire e attuare una nuova strategia per migliorare i diritti delle persone Lgbtiq+ durante la prossima legislatura, stanziando risorse sufficienti e collaborando con la società civile.

MALGRADO LA DECISIONE sia stata presa qualche giorno fa, la notizia emersa ieri ha sollevato la rivolta di tutte le opposizioni contro il «modello culturale orbaniano» del governo Meloni. E pensare che proprio il presidente Mattarella aveva sottolineato ieri mattina che il Paese «non è immune da episodi di omotransfobia» e che sono evidenti «lacerazioni alla convivenza democratica». «Non è possibile accettare di rassegnarsi alla brutalità», aveva ammonito il capo dello Stato invitando le istituzioni a impegnarsi «per una società inclusiva e rispettosa delle identità». L’esortazione di Mattarella ha sortito la reazione – protocollare e subdola – della premier Meloni: «Discriminazioni e violenze inaccettabili, che ledono la dignità delle persone e sulle quali i riflettori non devono mai spegnersi. Anche su questo fronte, il Governo è, e sarà, sempre in prima linea», ha detto senza il minimo accenno di autoironia.

Prontamente smentita, tra l’altro, dalla ministra della Famiglia e delle Pari opportunità, Eugenia Roccella, che ha rivendicato la mancata firma sulla dichiarazione Ue accusando la sinistra di usare «la sacrosanta lotta contro le discriminazioni legate all’orientamento sessuale come foglia di fico per nascondere il suo vero obiettivo, e cioè il gender». «Noi – ha aggiunto – siamo molto chiari: il nostro governo ha firmato la dichiarazione europea contro omofobia, bifobia e transfobia. Non abbiamo invece firmato e non firmeremo nulla che riguardi la negazione dell’identità maschile e femminile, che tante ingiustizie ha già prodotto nel mondo in particolare ai danni delle donne».

IN SOSTANZA, come riassume Gaynet, «dopo un comunicato di facciata per la giornata contro l’omolesbotransfobia, il governo italiano e la ministra Roccella si scagliano contro la dichiarazione proposta dalla presidenza belga del consiglio Ue». E la sinistra c’entra poco, stavolta, se perfino la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è così espressa su X: «Riaffermiamo il nostro impegno per un’Europa in cui tutti siano liberi di amare e vivere senza paura. Dove puoi semplicemente essere te stesso. Oggi e ogni giorno sono orgogliosa di sostenere la comunità Lgbtiq+»

 

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LEGGE ELETTORALE. Ammesso il ricorso dell’ex radicale Staderini. I dubbi sulla mancanza del voto disgiunto. Nel mirino anche le modifiche alla vigilia del voto. Il sottosegretario Mantovano prepara la difesa del governo: dimostreremo che è infondato

Cedu, STrasburgo La corte europea dei diritti dell'uomo - Ansa

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha ammesso un ricorso presentato a inizio 2023 dall’ex segretario radicale Mario Staderini e da altri cittadini contro la legge elettorale Rosatellum. Ora il governo avrà tempo fino a fine luglio per presentare una memoria difensiva.

Se il procedimento dovesse arrivare fino a sentenza, la Cedu potrebbe condannare l’Italia a modificare la legge elettorale in alcuni punti, a partire dall’attuale impossibilità di differenziare il voto tra il candidato nel collegio uninominale e le liste proporzionali. Il Rosatellum infatti prevede una sola scheda: il voto alla sola lista si trasferisce direttamente al candidato del collegio, e quello al solo candidato viene ripartito in modo proporzionale tra le liste collegate.

TRA I PUNTI CHE la Cedu ha preso in esame anche l’«instabilità» delle norme elettorali, spesso modificate alla vigilia delle elezioni. «Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali (Porcellum, ndr) o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco». Di qui la richiesta alla Corte di verificare la «compatibilità» del Rosatellum «con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani».

Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge del 2020 sulla redistribuzione elettorale e con quella del 2022 che ha esentato alcuni partiti dall’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste. La decisione della Cedu risale a febbraio ma la notizia si è diffusa ieri. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: «La Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato». Dal governo fanno sapere che il ricorso « non è stato accolto, ma soltanto dichiarato ammissibile».

LA CEDU HA FORMULATO tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022: la Corte vuole sapere se «i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni». In seconda battuta chiede se il Rosatellum, impedendo il voto disgiunto, «ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo». I giudici europei chiedono lumi anche sulla possibilità dei cittadini di introdurre un ricorso «effettivo» davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani.

Quest’ultima fattispecie viene chiarita dal segretario di +Europa Riccardo Magi: «Dopo le elezioni del 2022 abbiamo presentato dei ricorsi su questi temi, in particolare il voto disgiunto, alla giunta per le elezioni del Senato, che ci ha risposto di non avere competenza. Ma è chiaro che non può essere un organo politico a decidere sulla legittimità della legge elettorale: come riconosce la Cedu manca un organo terzo a cui i cittadini possano rivolgersi».

SECONDO ANTONIO BULTRINI, professore di diritto internazionale all’Università di Firenze che rappresenterà i ricorrenti nel processo, «il ricorso è stato comunicato al governo ad un anno dalla sua introduzione, il che sembra indicare un esame prioritario da parte della Corte in base alla sua “Priority Policy”». Il verde Bonelli sostiene che le obiezioni della Cedu mettano «in seria discussione la riforma sul premierato». Per due ragioni: il rischio di nuovi «cambiamenti sostanziali» della legge elettorale» a ridosso delle politiche 2027; e il collegamento previsto dalla riforma tra il voto al premier e quello per i parlamentari. Dopo la memoria del governo, Staderini e gli altri potranno presentare una contromemoria. Poi ci sarà spazio per eventuali udienze

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Una sintesi delle principali proposte dei maggiori partiti italiani in vista della chiamata alle urne dell'8-9 giugno su energia, riciclo, mobilità sostenibile e politiche climatiche.

Le elezioni europee del 6-9 giugno potrebbero stravolgere i piani energetici e climatici impostati dalla maggioranza uscente, con diversi dossier ancora sul tavolo che rischiano di saltare se le previsioni di un’ondata di destra dovessero essere confermate.

In un recente sondaggio di Eurobarometro, condotto per conto della Commissione europea, i cittadini hanno indicato l’azione contro il cambiamento climatico come una delle quattro principali priorità che vogliono che il Parlamento europeo affronti nell’immediato futuro.

L’attuale legislatura, pur muovendosi in un frangente di particolare instabilità dettata dalle crisi geopolitiche (con conseguenze anche sulle politiche energetiche e climatiche) ha fatto una vera e propria corsa contro il tempo per chiudere il maggior numero possibile di dossier relativi al Green Deal prima che il Parlamento europeo venga rinnovato.

Dopo la COP28 di Dubai sono state concluse le discussioni su diversi temi cruciali: prodotti da costruzione, due diligence aziendale, direttiva sulle prestazioni degli edifici (“Case Green”), riforma del mercato elettrico, norme Euro 7 sui gas di scarico per le automobili e sui rifiuti da imballaggio e sulle emissioni di camion e autobus.

Restano in sospeso altri dossier, come la revisione dell’etichetta energetica degli impianti di riscaldamento nell’ambito del cosiddetto Ecodesign, che deve essere effettuata entro il 2025/2026.

Per capire come i partiti italiani si posizionano verso questi e altri provvedimenti, proponiamo un’analisi dei programmi (linkati tutti per intero in basso), in vista della chiamata alle urne che in Italia sarà l’8 e 9 giugno.

Cominciamo dalla maggioranza di governo.

Fratelli d’Italia

Il pensiero della premier Giorgia Meloni, che firma in calce il programma di Fratelli d’Italia, è particolarmente rilevante perché rappresenterà la posizione italiana ai principali tavoli istituzionali, oltre che quella del partito dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr), del quale Meloni è presidente.

Secondo FdI “l’ecologia è uno dei pilastri del pensiero conservatore”, ma il raggiungimento degli obiettivi climatici “deve essere economicamente e socialmente sostenibile, senza approcci ideologici, obiettivi irraggiungibili e oneri sproporzionati per cittadini e imprese”.

Il Green Deal varato dalla legislatura attuale sarebbe pieno di “eco-follie” e ci starebbe portando verso una “decrescita infelice”.  Tra le proposte per modificarlo primeggia l’applicazione dei principi di sussidiarietà affinché le strategie per il raggiungimento degli obiettivi climatici siano decise dai singoli Stati membri.

Tra i punti specifici toccati dal partito di maggioranza c’è la richiesta di escludere dal computo di deficit e debito le spese per investimento collegate alla transizione verde e digitale. La direttiva Case Green andrebbe “modificata radicalmente per tutelare i proprietari di immobili ed efficientare il patrimonio edilizio in modo graduale e sostenibile, prevedendo adeguati incentivi”.

Sulla mobilità una contraddizione: si chiede contemporaneamente di “sostenere la decarbonizzazione delle diverse modalità di trasporto e investire sulla mobilità urbana sostenibile” ma anche di “cancellare il blocco alla produzione di auto a motore endotermico dal 2035”. In che modo? Investendo su tutti i carburanti alternativi e non soltanto sull’elettrico.

Nello spingere per diversificare le fonti di approvvigionamento energetico e differenziare le fonti di energia, “con particolare attenzione alle rinnovabili e all’idrogeno”, il partito menziona anche il nucleare da fusione.

Lega

Meno puntuale e più “per concetti” il programma della Lega, che mette nel mirino il Green Deal europeo, visto come una sorta di autogol di fronte a Cina e Stati Uniti. Questi ultimi, infatti, si starebbero avvantaggiando dei vari “obblighi e penalizzazioni” che l’Ue si sarebbe auto-inflitta, motivo per cui – secondo il Carroccio – il primo provvedimento della prossima legislatura dovrebbe essere “un provvedimento omnibus che riveda da cima a fondo il Green Deal con un approccio intersettoriale”.

La transizione verde per la Lega ha comportato un “repentino ed eccessivo innalzamento del fabbisogno di materie prime critiche”, con conseguente rialzo dei costi. Al quale la risposta dovrebbe essere un impegno a favorire l’estrazione, la lavorazione e il riciclaggio all’interno dei confini Ue. Ambito in cui Bruxelles si è già mossa, ad esempio con il Critical Raw Material Act.

Anche la Lega chiede di investire sul nucleare, nella ricerca sui piccoli reattori modulari (della quale efficacia ci siamo già occupati) e sull’energia da fusione “per un mix energetico diversificato”. Tra le rinnovabili si chiede di concentrare maggiori risorse su quelle programmabili, come l’idroelettrico, il geotermico o le biomasse.

Se il Green Deal europeo va modificato, la direttiva Case Green per il Carroccio va invece totalmente cancellata. “Non possiamo sacrificare il nostro patrimonio immobiliare – si legge – sull’altare dell’efficienza energetica”.

Infine, sulla mobilità si chiede l’abolizione dello stop alle auto a motore endotermico entro il 2035 inserendo “piena legittimazione” ai biocarburanti. Una soluzione tutt’altro che a emissioni zero, perché coltivare richiede arature, fertilizzanti, pesticidi e lavorazioni industriali, spesso alimentate con energia fossile, ne riducono il beneficio.

Forza Italia

Gli Azzurri sono gli unici, nella galassia di destra, che menzionano esplicitamente il gas nei piani energetici. Oltre ad uniformarsi a Lega e FdI per quanto riguarda nucleare, biofuel e direttiva Case Green, Forza Italia propone di “sfruttare la centralità nel Mediterraneo e le infrastrutture strategiche (come il TAP e i rigassificatori) per svolgere un ruolo chiave nel facilitare il trasporto, lo stoccaggio, l‘interscambio e la distribuzione del gas naturale in tutta Europa”.

Questo per raggiungere un’indipendenza energetica da fonti fossili provenienti da Paesi terzi, così da rendere l‘Europa meno vulnerabile. Ma alla fine il metano da dove arriverebbe? Contemporaneamente però viene menzionata in un passaggio l’importanza di “promuovere le energie rinnovabili, l‘efficienza energetica e sfruttare i fondi del REPowerEU”.

Partito Democratico

Tra gli aggettivi che il Pd utilizza per descrivere “l’Europa che vogliamo” c’è “sostenibile”, che dà il titolo al capitolo del programma legato a politiche energetiche e ambientali. I dem chiedono che i nuovi investimenti verdi coordinati a livello comunitario prevedano restrizioni o agevolazioni al credito per le industrie in base all’impegno in processi di trasformazione green, in piena applicazione del principio “chi inquina, paga”.

Andrebbe inoltre potenziato il Fondo per la Transizione Giusta e il Fondo Sociale Europeo, per finanziare processi di formazione in lavori green e aumentare l’occupazione di qualità. Il Pd propone poi di creare le giuste sinergie con il Fondo di Investimento, il piano InvestEU e RepowerEU per catalizzare investimenti privati nei processi industriali chiave per l’economia circolare e la decarbonizzazione come gli impianti di recupero di materia di scarto e re-immissione sul mercato di materie prime secondarie, compresa la componentistica per i veicoli elettrici, la filiera per la produzione e l’utilizzo di idrogeno verde.

“Non possiamo rinunciare all’ambizione e al dovere di affrontare il cambiamento climatico – si legge – anche in virtù della nostra responsabilità storica in tal senso, per preservare la salute dell’ecosistema e non far pagare il prezzo di un modello di sviluppo insostenibile alle generazioni future”. Dai dem anche la proposta di rafforzare la direttiva europea sul monitoraggio del consumo di suolo e adottare una legge che contrasti il consumo di suolo in Italia.

Movimento 5 Stelle

In linea con la propria vocazione ecologica fondativa, il Movimento 5 Stelle è il partito che entra più nel dettaglio sui temi energetici e climatici, portando numerose proposte e analizzando più approfonditamente gli scenari attuali e futuri.

Per centrare gli obiettivi climatici il partito propone un maggiore e rinnovato impegno nella costruzione dell’Unione dell’Energia, con particolare riferimento al ruolo della ACER, l’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, che dovrà aiutare maggiormente a garantire il corretto funzionamento del mercato unico europeo del gas e dell’energia elettrica, con l’elaborazione delle norme sulla rete europea in grado di interconnettere efficacemente gli Stati membri e regolare le condizioni di accesso e di sicurezza operativa delle infrastrutture transfrontaliere.

Ancora, il M5s chiede la rimozione di nucleare e gas nel processo di revisione della tassonomia verde europea, e il contrasto alla Carbon capture and Storage, che “rischia di distrarre gli investimenti pubblici dalle infrastrutture green già disponibili, comprovate e mature”.

Si chiede inoltre l’estensione del mandato della Banca Europea degli Investimenti per la costituzione di una vera e propria Banca Europea per lo Sviluppo e la Transizione ecologica che sostenga lo sviluppo di filiere strategiche per la transizione, come quelle delle batterie di accumulo elettrico, delle pompe di calore (per le quali si richiede anche l’attuazione del piano rimandato dalla Commissione), dei pannelli solari, del riciclo di materiali quali i Raee per la produzione di pannelli solari e pale eoliche, dell’idrogeno verde e dei semiconduttori.

Un altro spunto riguarda la creazione di una piattaforma europea di acquisto gas a medio-lungo termine (dai due ai cinque anni), con una indicizzazione non trimestrale ma annuale dei prezzi e con una rivisitazione sostanziale del meccanismo di formulazione dei prezzi sul mercato elettrico.

Alleanza Verdi-Sinistra

Il partito che porta la questione ambientale nel proprio nome è molto diretto nelle proposte, alle quali dedica ampio spazio e un elenco di iniziative ben scandito. Le principali riguardano l’istituzione di un Fondo europeo per gli investimenti ambientali e sociali di almeno 2.000 miliardi di euro (per finanziare investimenti green, trasporto pubblico ed efficientamento energetico delle case) e la costruzione di un pacchetto legislativo “Fit for 1.5°C” che punti a ridurre le emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030 per poter raggiungere la neutralità climatica già entro il 2040.

Ancora, Avs spinge l’esclusione di nucleare e Ccs dalle tecnologie strategiche e dai progetti prioritari del Regolamento Net Zero Industry Act. Sulle fossili si chiede un piano dettagliato per cessare l’uso di carbone entro il 2030 e di petrolio e gas tra il 2035 e il 2040 e la negoziazione di un trattato internazionale sulla non proliferazione delle fonti sporche e contro il lobbismo delle compagnie petrolifere, del carbone e del gas nelle istituzioni pubbliche. Sul riciclo la proposta è di approvare una Direttiva sulla gestione sostenibile delle risorse allo scopo di ridurre del 66% la quantità di materie prime consumate annualmente rispetto al 2022.

Stati Uniti d’Europa

La lotta al cambiamento climatico, per la lista Stati Uniti d’Europa (che incorpora Italia Viva, +Europa, Psi e radicali), deve “ispirarsi a un principio di ragionevolezza e gradualità, tutelando allo stesso tempo l’industria e i posti di lavoro”.

Nel programma non ci sono indicazioni specifiche, quanto più inviti generici alle istituzioni Ue affinché la produzione legislativa tenga conto delle differenze morfologiche, ambientali, territoriali dei Paesi che compongono l’Ue. “Industria e politiche dell’ambiente devono procedere di pari passo – si legge – perché non è immaginabile che in un mondo che va conoscendo accelerati processi di sviluppo industriale da parte di Paesi come India e Cina, l’Ue rinunci alla sua vocazione di innovazione strategica”.

Anzi, proprio un questa ottica l’Ue “può assumere un importante ruolo di attore sovra-nazionale capace di contemperare sviluppo e rispetto dell’ambiente, proponendo modelli che rappresentino un esempio anche per Paesi extra-europei”. La sintesi è: “l’Europa ha bisogno di produrre di più, e in modo più efficiente”.

Azione

Come fatto dal Movimento 5 Stelle, anche Azione analizza punto per punto le principali questioni energetiche e climatiche, proponendo per ciascuna di loro le criticità e le proprie proposte di miglioramento. Di fondo, la critica mossa è che le misure previste dal pacchetto Fit for 55 siano “caratterizzate da un forte impianto ideologico visto che ignorano il concetto di neutralità tecnologica, ovvero la libertà di scegliere la tecnologia più adeguata al raggiungimento all’obiettivo prefissato”.

Vien da sé quindi che su due argomenti come Ccs e nucleare Azione (schierata su posozioni pro-atomo) sia più “permissiva”. Sulla prima l’Ue è descritta anzi come “drammaticamente in ritardo”. Il programma propone di riformare la tabella di marcia di implementazione del Green Deal e di rimuovere gli obblighi di installazione di capacità rinnovabile, rinviando allo stesso tempo gli obiettivi del 2030 almeno al 2035 e rifiutando ulteriori innalzamenti dei target di decarbonizzazione. Similmente, sulla Direttiva Case Green, si chiede la cancellazione di obiettivi minimi di prestazioni.

 

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A un anno dall'alluvione a Faenza il rito della Cerimonia ...

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Cerimonia del fango a Faenza per ricordare l’alluvione. Nel tardo pomeriggio, sette cortei sono partiti dalle zone della città più colpite dall’alluvione e hanno raggiunto Piazza del Popolo, dove è stato celebrato un rito collettivo con l’intento di rinnovare il legame di comunità andatosi a creare nei giorni dell’emergenza: associazioni, scuole, enti, gruppi di residenti che hanno subito danni dall’alluvione hanno voluto ricordare con un gesto, un’azione teatrale, una performance quello che è successo fra il 2 e il 3 e fra il 16 e il 17 maggio 2023.
La cerimonia del fango è un progetto della compagnia teatrale Menoventi.

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