DALLE ACLI A PAX CHRISTI. Associazionismo cattolico in difesa della legge 185 in corso di riforma
Si trovano nell’area fra Golfo Persico e Mar Rosso alcuni fra i migliori clienti delle industrie armiere italiane: il Qatar negli ultimi cinque anni ha acquistato armi made in Italy per oltre tre miliardi di euro, l’Arabia Saudita per 432 milioni.
Ma l’intero Medio Oriente è un grande mercato per i produttori italiani di armamenti, dalla Turchia (oltre un miliardo) a Israele (90 milioni).
Tutto ciò nonostante esista una legge, la 185 del 1990, che proibisce la vendita di armi a Paesi in guerra, governati da regimi dittatoriali o che non rispettino i diritti umani. A meno che – ecco il grimaldello che consente di aggirare la norma – non abbiano accordi di cooperazione militare con l’Italia.
In realtà è l’intero impianto della legge che rischia di essere demolito, dopo l’approvazione in Senato di alcune modifiche che rendono ancora più facile esportare armi e riducono la trasparenza finanziaria.
È per questo che ieri, in attesa del voto finale alla Camera, alcune associazioni cattoliche (Azione cattolica, Acli, Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento dei Focolari, Pax Christi e gli scout dell’Agesci) hanno rilanciato l’appello della Rete italiana pace e disarmo per «fermare lo svuotamento della legge 185».
«Siamo a un punto di svolta verso il via libera generalizzato all’esportazione di armi a chiunque», spiega Maurizio Simoncelli, di Archivio Disarmo. «In un mondo sempre più armato e militarizzato, abbiamo ancora più bisogno della 185», aggiunge Alex Zanotelli, comboniano dalle cui denunce negli anni ‘80 sul mensile Nigrizia del traffico di armi in Africa partì la mobilitazione che nel 1990 portò all’approvazione della legge che ora il governo vuole smontare.
L’appello della Rete punta l’attenzione sulle due principali modifiche peggiorative introdotte al Senato: il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa, unico debole organismo di controllo delle autorizzazione all’export che, anche in virtù del meccanismo del silenzio-assenso, rischia di liberalizzare totalmente il mercato, e la cancellazione integrale della parte della relazione annuale del governo al Parlamento che riporta i dettagli dell’interazione tra banche e industrie armiere.
«I rapporti di forza a Montecitorio sono negativi», ammette Paolo Ciani, già responsabile romano di Sant’Egidio, ora deputato di Demos, unico parlamentare presente. Occorre allora parlare alla società, per cui Zanotelli si rivolge espressamente alla Chiesa: «Gli enti ecclesiastici dovrebbero dare un segnale forte togliendo i propri soldi dalle banche che sostengono il commercio di armi, i vescovi e i parroci invitare i fedeli alla mobilitazione».
Del resto la Cei – che ancora non ha reciso tutti i rapporti con le banche armate – in passato è intervenuta puntualmente per contestare alcuni provvedimenti legislativi, dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita al testamento biologico: perché non potrebbe farlo anche in difesa della legge 185?
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La Corte suprema ha deciso all’unanimità, l’ex presidente non può essere squalificato «a tavolino» dalle elezioni tramite il 14esimo emendamento della Costituzione Usa, che vieta agli insorti contro il governo di ricoprire uffici pubblici. Ma i giudici non entrano nel merito del suo tentato golpe del 2020. Oggi il Super Tuesday: primarie in quindici stati
SUPERTRUMP. La decisione unanime della Corte suprema. Che non entra nel merito del tentato golpe
Washington, manifestanti anti-Trump davanti alla Corte suprema - Francis Chung/Ap
Donald Trump è legittimamente candidato alla presidenza degli Stati uniti. Lo ha decretato ieri la corte suprema con una sentenza che annulla la precedente decisione della cassazione del Colorado che alcune settimane fa, in quello stato, aveva rimosso Trump dalle schede delle primarie in quanto protagonista di una insurrezione ai danni della repubblica. Quella iniziale squalifica era stata decretata in base all’articolo 3 del quattordicesimo emendamento alla costituzione, adottato dopo la guerra civile e che, accanto a fondamentali norme sull’uguaglianza (e l’abolizione della schiavitù), introduceva l’interdizione perpetua alle cariche pubbliche per chi avesse sostenuto la secessione.
I MAGISTRATI del Colorado avevano considerato Trump colpevole di insurrezione in base ai suoi ripetuti tentativi di sovvertire i risultati delle elezioni vinte da Joe Biden nel 2020, dapprima attraverso numerosi ricorsi, poi in un’escalation di azioni sovversive, specificamente le pressioni su vari stati per squalificare grandi elettori a lui contrari o «far saltare fuori» i voti necessari a cambiare il risultato. Infine, Trump aveva lanciato i suoi sostenitori all’assalto del parlamento per impedire la ratifica e ribaltare il risultato in extremis. Per il massimo tribunale del Colorado (nonché le autorità in Maine ed Illinois) la profanazione del Congresso corrisponde all’azione insurrezionale contemplata dalla costituzione.
LA CORTE non si è pronunciata sul merito dell’articolo originalmente introdotto per impedire che ufficiali e politici confederati venissero eletti al Congresso, ma ha decretato che la determinazione di idoneità a cariche federali non può essere lasciata alle giurisdizioni di singoli stati.
La sentenza, resa all’unanimità, non è giunta come una sorpresa, visti i commenti dei togati che nella fase dibattimentale si erano mostrati assai scettici sull’ipotesi di una
Leggi tutto: Usa, no alla «squalifica». Il sovversivo può candidarsi - di Luca Celada
Commenta (0 Commenti)Obiettivo dell’iniziativa: stimolare un'azione diplomatica per un cessate il fuoco immediato, sotto l'egida dell'ONU
a missione “Carovana solidale” promossa da AOI, l’associazione che riunisce le Ong italiane in collaborazione con Amnesty International - Italia, Arci e Assopalestina, nell’ambito della campagna #EmergenzaGaza, porterà da domenica 3 marzo a mercoledì 6 marzo una delegazione di 50 persone in Egitto per poi raggiungere il valico di Rafah. Obiettivo dell’iniziativa: stimolare un'azione diplomatica per un cessate il fuoco immediato, sotto l'egida dell'ONU.
La delegazione - composta da operatori umanitari, 16 parlamentari, 13 giornalisti, accademici ed esperti di diritto internazionale - incontrerà a Il Cairo organizzazioni della società civile, difensori dei diritti umani, agenzie delle Nazioni Unite e rappresentanze diplomatiche italiane in loco. La Carovana si recherà poi ad Al Arish per seguire il percorso di container di aiuti umanitari ed infine raggiungerà il valico di Rafah per incontrare le organizzazioni che sul campo si stanno spendendo per cercare di inviare aiuti essenziali dentro la Striscia. Tra queste UNWRA, agenzia ONU per il soccorso dei rifugiati palestinesi, la Mezzaluna Rossa Egiziana e quella Palestinese, e l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA).
Nei giorni scorsi, il Sindaco Luca Della Godenza ha inviato una lettera al Commissario Straordinario alla ricostruzione sul territorio a seguito degli eventi alluvionali di maggio 2023, il Generale Francesco Figliuolo, con l’urgente richiesta di accelerare la consegna del piano di ricostruzione e di fornire il progetto di messa in sicurezza del fiume Senio.
Dopo gli interventi post-alluvione, che hanno visto il ripristino delle arginature, la pulizia dell’alveo e la costruzione di un nuovo rilevato arginale sopra Tebano, l’Amministrazione rivolge la propria preoccupazione alla definizione di un progetto di messa in sicurezza definitiva del Senio per poter la tranquillità della comunità a fronte di future precipitazioni.
Il Sindaco ha avanzato richieste specifiche riguardanti gli interventi di messa in sicurezza. Per quanto riguarda il fiume Senio, è stato chiesto che le arginature sulla sinistra idraulica del Senio vengano elevate ad arginature di rango, realizzate con le migliori tecniche di costruzione in grado di garantire la massima resistenza. Un’altra esigenza individuata è quella di definire, in collaborazione con i residenti, gli agricoltori e tutti i portatori d’interesse, le “aree allagabili” al fine di mitigare gli impatti negativi nuovi eventi alluvionali. Il Sindaco ha inoltre richiesto che venga affrontata la problematica del Ponte del Castello, attualmente sottodimensionato di fronte a eventi di piena come quello verificatosi lo scorso maggio, e il completamento delle casse di espansione a Cuffiano, per migliorare la capacità di smaltimento delle acque in caso di eventi eccezionali. Infine, l’Amministrazione richiede di definire insieme le modalità di manutenzione ordinaria e di gestione dei fiumi per garantire un controllo costante delle condizioni idrogeologiche.
“I lavori per una messa in sicurezza definitiva del nostro fiume devono iniziare al più presto” – aggiunge il Sindaco Luca Della Godenza – “A partire da questi specifici temi siamo pronti a discutere e ad accelerare la stesura del piano e quindi l’attuazione dello stesso perché vorremmo quanto prima poter vedere realizzate le opere che diano la giusta sicurezza e serenità ai nostri concittadini.”
IL CONGRESSO. Alla Nuvola dell'Eur i socialisti incoronano il candidato Schmit alla guida dell'Ue. E lui attacca Meloni: sto con Mattarella, i manganelli contro i ragazzi sono un fallimento. Messaggio a von der Leyen: «No al dialogo con l’estrema destra, il nostro sostegno non è scontato»
Elly Schlein con i leader del Pse al congresso di Roma - LaPresse
La scenografia total red (con solo una punta di verde), il dear comrades, cari compagni, all’inizio di ogni discorso, l’insistenza quasi ossessiva sulla necessità di «un lavoro sicuro e ben pagato», il giuramento ripetuto «mai più austerità».
IL CONGRESSO DEL PARTITO socialista europeo, ieri alla Nuvola dell’Eur, archivia (definitivamente?) tutta la paccottiglia «riformista», la flessibilità del lavoro e la terza via. Terrorizzati dall’estrema destra che pesca voti tra operai, disoccupati e contadini, i socialisti riscoprono parole antiche e affidano all’attuale commissario al Lavoro, il lussemburghese Nicolas Schmit, il ruolo di candidato alla guida della commissione Ue.
Un candidato di bandiera, visto che i giochi per palazzo Berlaymont si apriranno dopo il voto di giugno, ma pur sempre un’indicazione di rotta. Lui, padre della direttiva sul salario minimo, ricorda il padre metalmeccanico, «lotteremo per un lavoro di qualità, vogliamo dare vita a una nuova Europa che protegge e include i più deboli, è la lotta alle diseguaglianze che definisce l’identità socialista». E si rivolge a Schlein, di rosso vestita in prima fila: «Cara Elly, il vento sta cambiando». Lei gli fa il cuoricino con le mani.
SULLA STESSA LINEA il premier spagnolo Pedro Sanchez: «Non molto tempo fa, le persone dicevano che la socialdemocrazia non aveva futuro. Poi con pandemia, guerra e crisi economica ancora una volta sono state le idee socialdemocratiche che ci hanno salvato». Il suo riferimento è al programma Sure «che ha salvato 30 milioni di posti di lavoro» durante il Covid, e poi al Next Generation Eu, per i socialisti la bandiera di come l’Ue dovrebbe muoversi sempre, non solo durante il lockdown.
Anche il moderato Paolo Gentiloni chiede «salari più alti», debito comune «per finanziare i beni comuni» europei e aggiunge: «É importante ribilanciare l’onere delle imposte tra capitale e lavoro. L’Europa ha bisogno di ridurre le diseguaglianze»
IL CLIMA È QUESTO: TONY BLAIR dimenticato, Schmit viene dipinto dai compagni come un Che Guevara del Lussemburgo. In questa gara a chi dice cose più “di sinistra”, compresa la necessità di investimenti pubblici per alloggi a prezzi calmierati che viene citata da Sanchez e quella di costruire regole diverse e canali legali di ingresso per gli immigrati, Schlein appare perfettamente a suo agio: le sue posizioni, che in Italia spesso vengono descritte da editorialisti e partitini di centro come estremiste, appaiono per quello che sono: normali tesi della socialdemocrazia europea, per nulla radicali. O meglio: in linea con questa nouvelle vague che vuole coniugare giustizia sociale e climatica e diritti civili.
CONVENUTI SI PRODIGANO in complimenti per la «grande vittoria di Elly in Sardegna», dimentichi che ha vinto una candidata del M5S: «Hai dimostrato che la destra estrema non è imbattibile». E lei, che ha l’onore dell’ultimo intervento: «Non siamo soli nella lotta, ci battiamo per le stesse idee, siamo una era famiglia, change is possible e lo dimostreremo anche il 9 giugno». Il messaggio a von der Leyen è chiaro: «Il risultato delle europee non è ancora scritto». Tradotto: il sostegno dei socialisti al bis di Ursula «non va dato per scontato». «I popolari non tradiscano la loro storia con accordi con la destra estrema che non deve essere normalizzata». Altrimenti, ricorda Schlein, «finisce come in Italia dove le forze popolari sono schiacciate da Meloni».
Se Ursula vira a destra, rimarca il presidente del Pse, lo svedese Stefan Lofven, «non ci sarà mai la nostra collaborazione». Una linea un po’ oltranzista, visto che nessuno prevede la rottura delle larghe intese Pe-socialisti alla guida dell’Ue. Ma siamo già in campagna elettorale. «Dobbiamo completare il progetto nato a Ventotene e ora incagliato negli egoismi nazionali», insiste Schlein, «l’Europa che vogliamo si muove e per difendere i più deboli, per sconfiggere la paura del futuro». Vale anche per gli agricoltori che «non si aiutano negando il cambiamento climatico». Semmai, ricorda l’olandese Franz Timmermans (candidato socialista nel 2019 e commissario uscente per il clima) modificando il meccanismo che «assegna l’80% dei fondi agricoli al 20% delle aziende più forti».
SCHLEIN RICORDA CHE MARIO Draghi ha previsto 500 miliardi l’anno di investimenti comuni per poter accompagnare le transizioni ecologica e digitale. Servono soldi e «un piano industriale europeo». Oltre a una stretta sul dumping fiscale. «Le grandi aziende, i grandi inquinatori e i super ricchi devono pagare la loro giusta quota», recita il manifesto del Pse approvato per acclamazione. I big del Pse non lesinano una mano a Elly sul piano interno. Lofven di scaglia contro Meloni che «non ha condannato l’adunata fascista» di Acca Larentia, Schmit esce dal ruolo di commissario e grida: «Io sto con Mattarella, usare i manganelli contro i ragazzi che manifestano è un fallimento». Ovazione
Commenta (0 Commenti)Contro le bombe ma anche contro le manganellate tantissime persone, soprattutto studenti, tornano in piazza. A Pisa e a Firenze, ma anche a Roma, Milano, Torino e in molte altre città. Per il cessate il fuoco e in solidarietà con la Palestina. E la polizia sta a guardare
DIRITTO DI PROTESTA. In migliaia sono tornati a ribadire quello che la scorsa settimana la repressione ha provato a zittire: Palestina libera dalla mattanza
Manifestazione di Pisa foto di Aleandro Biagianti
«Free free Palestine». Il coro si alza potente, avvolge un corteo di migliaia di persone, rimbalza sugli splendidi palazzi del lungarno. Ci sono le ragazze e i ragazzi dei collettivi studenteschi davanti e un bel pezzo di Pisa dietro. È una «presa della città» che sa di riscatto, dopo le manganellate alzo zero dei celerini una settimana fa in via San Frediano. In testa al corteo un grande striscione «Pisa in piazza contro bombe e manganelli», tenuto da minorenni e appena maggiorenni. «Siamo qui per ribadire i temi che portavamo in piazza quel giorno – spiega Margherita – stop al genocidio, cessare il fuoco, Palestina libera dalla guerra e da una vera e propria mattanza portata avanti dal governo israeliano e dai tanti che gli danno supporto, fra cui anche l’Italia. Ora ci aggiungiamo basta con la repressione e la violenza contro chi manifesta pacificamente nelle piazze».
È IL NEONATO COORDINAMENTO cittadino degli Studenti medi a tenere la testa di una manifestazione di più di 6mila persone di ogni età, con una robusta rappresentanza di prof e docenti universitari. «Era necessario fare rete, anche per fronteggiare tutti insieme le strumentalizzazioni», raccontano alcuni dei ragazzi che il giorno delle manganellate (il 23 febbraio) sono finiti al
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